•Primo capitolo•

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Matt
➵ 6 luglio.
Tutto avrei pensato, ma mai che di lì a poche ore la mia vita si sarebbe completamente ribaltata, ancor di più a causa sua.

Sono tranquillo nel mondo dei sogni, quando ad un certo punto, sento il fastidioso suono acuto della sveglia. Un giorno di questi devo decidermi a buttarla dato che quando l'ho comprata nell'etichetta non c'era scritto che faceva un rumore così infernale.
Mi allungo a spegnerla con una mano. Mi metto sdraiato di schiena e apro gli occhi con lo sguardo rivolto verso il soffitto bianco.
Finalmente si va in vacanza.
Mi levo le coperte leggere di dosso e lasciandole ammucchiate ai piedi del letto, mi alzo.  Stanotte ha fatto molto caldo così mi sono tolto la maglia e i pantaloncini con cui sono andato a dormire e sono rimasto solo con dei boxer neri.
Mi stiracchio, sentendo un lieve bussare alla porta.
«Avanti» dico con voce un po' roca per il sonno.
Ci vorrebbe proprio un bel bicchiere di aranciata e un cupcake ai mirtilli.  È la mia colazione preferita da quando ero piccolo e di solito me la porta in camera Connie.
Ma con mia sorpresa ad entrare non è Connie ma mia madre con un vassoio d'acciaio in mano e una faccia contrariata stampata in viso appena mi vede.
«Matthew Scott come ti viene in mente di presentarti così?» chiede aggrottando la fronte.
Abbasso lo sguardo sul mio corpo che per come lo sta guardando lei sembra essere completamente nudo, ma dopotutto le parti importanti sono coperte.
«Se avesse bussato Connie cosa avresti fatto?».  Connie è la nostra domestica, di solito mi porta lei la colazione alla mattina e in mia difesa mi presento sempre in maniera consona.
Oggi semplicemente non ci ho pensato.
Probabilmente mi ha visto più volte lei senza pannolino da piccolo che mia madre. 
Cerco di trattenere le risate davanti alla sua faccia mortalmente seria.
Provo ad essere pacato perché so che lei non sta scherzando per niente.
«Mi sarei scusato come un ragazzo educato» affermo scompigliandomi i capelli scuri.
Prendo un mirtillo dal vassoio che ha in mano e lo mangio.
Ci sono anche dei cupcake alla crema oltre alla frutta fresca e all'immancabile succo d'arancia.  «A proposito perché non mi ha portato lei la colazione?» chiedo.
Lei appoggia il vassoio sulla mia scrivania vicino alla finestra, come se lo avesse tenuto già troppo tempo in mano.
Si guarda le unghie fresche di manicure.
Penso che mia madre vada più spesso a farsi la manicure che a fare la spesa, ma dopotutto non ci sarebbe Connie se mia madre sapesse gestire da sola casa nostra.
Si avvicina a me per poi sedersi sul mio letto sfatto e storcendo il naso si alliscia la gonna grigia.
«Semplicemente volevo portarti io la colazione» dice cercando di fare un sorriso sincero.
La guardo un attimo.
Squadro il suo completo elegante formato da una gonna e una giacca color grigio topo, con sotto una camicia bianca e dei sandali abbinati.
Mentre i capelli biondi sono acconciati in un perfetto chignon.  
Non sono proprio degli abiti e un'acconciatura adatti per una colazione.
Inarco un sopracciglio e incrociando le braccia sul petto mi appoggio alla finestra dietro di me. 
«Perché?» chiedo guardandola. 
Lei sorride, spazientita.
«Non posso passare un po' di tempo con mio figlio prima che parta?» domanda, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli.
Si alza venendomi incontro con le braccia aperte. 
È poco più bassa di me ma riesce comunque a stringermi come una piovra.
«Per quanto tempo starai via? Una settimana o due?» dice come se nulla fosse.
Mi stacco dalle sue braccia con un sospiro.
«Lo sai benissimo che rimango lì un mese, mamma» dico alzando gli occhi al cielo.
Mia madre con il suo lavoro da wedding planner rimane molto fuori casa e anche quando è a casa praticamente manco ci parliamo.
Si accorgerà a mala pena della mia assenza in questi giorni.
Mi avvicino all'armadio vicino alla porta e lo apro.
Prendo i vestiti che mi ero preparato per oggi, rigorosamente stirati da Connie e vado verso il mio bagno privato.
Ho scelto una canottiera bianca con sotto dei pantaloncini al ginocchio di jeans.
Mi cambio velocemente, lavandomi la faccia subito dopo.
Non voglio perdere troppo tempo. 
Ci vogliono circa sei ore per arrivare alla casa al mare di mio padre a Long Beach. 
Prima di morire tre anni fa, mi ha detto che gli avrebbe fatto piacere se fossi andato ogni tanto a rispolverarla e mi ha augurato di vivere gli stessi bei momenti che ha vissuto lui.
Da allora ogni estate vado lì con i miei amici.
Esco dal bagno e trovo mia mamma ancora qui.
Seduta sul letto che guarda ovunque, pensando probabilmente a come sostituire qualche mobile senza che io me ne accorga.
L'arredamento della mia stanza non le è mai piaciuto. 
Ha provato più volte ad arredarla lei ma io non gliel'ho mai permesso. 
Le pareti sono tutte bianche tranne una che è blu scuro che è quella su cui si appoggia la testiera del letto e dove c'è la finestra, mentre i mobili sono tutti in legno di noce.
Ho appeso alla parete diversi quadri di concorsi di informatica che ho superato a pieni voti e sopra al cassettone, vicino all'armadio, ho allineato qualche vecchio trofeo di football.
«Perché sei ancora qui mamma?» chiedo chiudendo la mia valigia grigio metallizzata.
Lei si alza venendomi incontro questa volta con una faccia seria e allo stesso tempo implorante. 
Che cosa mi vorrai dire?
Lei mi mette le mani sulle spalle, guardandomi negli occhi.
«Tesoro ti dovrei chiedere un favore» dice.
Annuisco, spronandola ad andare avanti.
«Sai che ieri Connie non è venuta da noi perché alla sera è andata a festeggiare la pensione di suo marito in quel ristorante di pesce che le ho consigliato?» domanda.
Io annuisco di nuovo. 
Abbiamo dovuto ordinare il sushi dato che mia madre non sa proprio cucinare del cibo commestibile, era mio padre il cuoco in famiglia.
«Ecco, lei e suo marito Christopher si sono sentiti male e oggi purtroppo dovevano partire per la loro vacanza ad Ibiza ma per ovvi motivi non sono partiti» dice.
«Mi dispiace, ma io cosa centro?» chiedo.
Lei fa un sorrisetto che non promette davvero nulla di buono.
«Insieme a loro dovevano andare anche i loro figli, Noah e Mayli».  A sentire il suo nome dentro di me si smuove qualcosa, anche se non lo so definire bene.  Probabilmente è semplice fastidio.  
«Quindi?» chiedo un po' malamente dato che mi sta facendo innervosire e perdere tempo.
«Mi sento davvero molto in colpa per aver consigliato a Connie quello stupido ristorante..» dice spostando lo sguardo.
«Lo sapevo che c'era qualcosa che non andava quando ti fanno aspettare tanto» dice tra sè e sè assottigliando gli occhi e scuotendo la testa mentre io alzo gli occhi al cielo.
«Arriviamo al punto, mamma, per favore» dico leggermente irritato.
«I suoi figli non vanno in vacanza da anni, era la loro occasione per svagarsi, vedere il mondo..» dice, ma la fermo alzando nuovamente gli occhi al cielo e facendo un gemito disperato.
Mia madre è la regina dei drammi a volte. 
Stringendomi più saldamente le mani sulle spalle, con un respiro profondo va dritta al punto.
«Ti va di portare Mayli con te?» chiede alla fine sorridendomi.
Che cosa?
Le faccio un grande sorriso falso togliendomi le sue mani dalle spalle in un unico gesto frettoloso.
«Manco morto».

Non eri nei miei pianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora