Capitolo 38✔

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Esito qualche secondo prima di bussare alla porta, non sa perché sono qui, gli ho solo detto che avevo bisogno di vederlo e mi ha dato il suo indirizzo di casa.

In questo momento vorrei correre via a gambe levate, ché il coraggio mi sta venendo a mancare e le gambe minacciano di cedere.

Sento dei passi avvicinarsi alla porta e trattengo il fiato, in questo momento non vorrei essere qui per nessuna ragione; so che quello che sto per fare sarà difficile, ma lo sto facendo per me e per la prima volta metto me stessa in prima piano, senza curarmi delle conseguenze che le mie azioni potrebbero procurare alle persone.

Ora siamo solo io e la figura davanti a me che tiene la porta aperta, mi sorride e vorrei strapparglielo quel sorriso dalla faccia, perché tanto sto per farlo comunque.

Nonostante la mia altezza, la sua sovrasta comunque la mia e quando si abbassa, penso stia per salutarmi con un semplice bacio sulla guancia ma non lo fa, non gira il viso e fa scontrare le nostre labbra in un tocco che avrei più preferito evitare che altro.

«Ciao, entra pure.»

«Ciao.»

Mi mostro volutamente turbata dalla sua azione, per non dargli modo di pensare che mi abbia fatto piacere; perché no, non avrebbe dovuto farlo e questo non giova di certo a quello che sto per dirgli.

Gli interni sono moderni e freddi e mi fa accomodare sul divano bianco di pelle; ora ha il volto teso e il sorriso che aveva messo su prima è scomparso, ma è meglio così, meglio che non si illuda.

Questa notte ho avuto molto a cui pensare tra Headley, Adam e Owen e ho deciso che è arrivato il momento di mettere un po' di ordine nella mia vita; ho deciso che risolverò una questione alla volta e poi mi prenderò una pausa da tutto questo per un bel po'.

Per questo sono qui, a casa di Owen e sto per spezzargli il cuore, mio malgrado.

«Dobbiamo parlare.» gli dico con voce grave.

«E questo lo avevo capito.» si fa scappare una risata nervosa che però non mi contagia e resta così, sospesa in aria come le parole che sto per dirgli.

Non mi sono preparata un vero e proprio discorso, so cosa voglio fare e cercherò di trovare le parole più adatte per farglielo capire.

«Di cosa?» cerca di aiutarmi e lo apprezzo, perché io le parole proprio non le riesco a tirare fuori; non posso semplicemente dirgli 'Non mi interessi più, sparisci dalla mia vita ciao', sono però consapevole del fatto che in queste situazioni, seppur scegliendo le parole più adatte, si soffra ugualmente.

«Di noi due, più che altro di me e te.» Non c'è più quel noi che forse prima c'è stato, perciò è inutile lasciarglielo credere.

«Beh, dimmi pure. Ti ascolto.» si vede chiaramente che vorrebbe essere ovunque tranne che qui con me, ad ascoltarmi dire una parola ogni trenta minuti, perché ci rimugino altrettanti trenta su.

Sto per dirlo e l'ansia mi dilania le viscere, si nutre del mio buon senso e le labbra mi si piegano a formare le parole che nascondono tanta verità, verità che sta per essere svelata.

«Non provo più niente per te.»

Non dice nulla, non si muove, non fa smorfie col viso, credo non stia nemmeno respirando; cala uno di quei silenzi che si formano in seguito ad una brutta notizia, quando nessuno sa cosa dire e nessuno tenta nemmeno di sdrammatizzare, solo silenzio, fastidioso e tagliente silenzio.
Ma io non ho intenzione di aggiungere altro a meno che non sia lui a chiedermelo, che ora ha la testa fra le mani e si sta tirando i capelli.

» False Brother «Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora