two

393 30 14
                                    

Scritto in un momento di tristezza totale, come capirete, penso. L'idea è nata ieri sera, dopo due foto pubblicate da Alex in ottima compagnia, e niente, oggi pomeriggio mi annoiavo e ho buttato giù qualcosa. Spero vi piaccia. Mi fa strano dirlo, ma se volete darmi consigli, dirmi qualcosa, non aspetto altro.
Baell, e buona lettura.

24 novembre.

«Alessio! Alessio, apri questa cazzo di porta.», sbraitava, urlava, picchiava forte contro il legno, fino a spaccarsi le nocche.

Il respiro irregolare, i capelli a oscurargli la vista e il familiare battere del suo cuore, quell'aggeggio strano, che non seguiva la ragione, ma che costringeva Genn a seguire lui.

Era questo il motivo per cui si era svegliato nel cuore della notte, aveva raccattato una felpa e un jeans ed era corso a casa di Alex.

Quel cuore che gli batteva forte, quando era vicino a quel ragazzo, quel cuore che non riusciva a controllare, che gli doleva.

E continuava, incontrastato, a bussare, per farsi aprire.

L'aveva vista, certo che l'aveva vista. L'auto di Eleonora parcheggiata fuori la casa di Alex, e quelle foto su snapchat, che stavano a significare? E i baci, le notti passate a guardarsi, a fondersi, a consumarsi? Che stavano a significare, se Alex osava buttare tutto all'aria?

«Alessio Iodice, Apri. Questa. Cazzo. Di. Porta. Ora!», sbraitò ancora, con il fiato mozzo.

E Alessio aprì.

Alessio, in tutta la sua bellezza, con i capelli disordinati, gli occhi piccoli e incrostati di sonno, e con la voce roca, «Gennà, che cazzo vuoi?», chiese, sconcertato.

«Voglio dirti, che è finita qua. Tutto, hai rovinato tutto. Addio, Alex.», sussurrò, mentre gocce fredde scendevano dal quella coltre nera sopra le loro teste, quasi a prendersi gioco delle lacrime che bagnavano il volto di Genn.

Si voltò, senza neanche aspettare una risposta.

«Genn.», si ritrovò al muro. Bloccato tra il cancelletto di quella casa, che aveva promesso di non rivedere più, e Alex.

«Alex, smettila, okay?», soffiò, ancora una volta senza fiato.

Il cuore sembrava esplodergli, sembrava volergli spaccare la cassa toracica, e uscire.

«Alex, chi era?», una voce femminile ruppe il silenzio.

Genn rise, senza alcuna voglia. Rise forte, coprendo il rumore delle goccioline che gli stavano bagnando l'enorme felpa. Rise, sovrastando il tremore che quella vicinanza gli causava.

«Lei si è presa tutto, e tu gliel'hai lasciato fare. Bravo Alex, davvero, i miei complimenti.», applaudì, per poi voltarsi.

Questa volta, non ci furono le mani di Alex ad attirarlo indietro, non ci furono labbra contro labbra, non ci furono ti amo sussurrati per paura di esser scoperti, no. Ci fu Gennaro, che distrutto com'era, si diresse ad un pub per annegare i suoi dispiaceri nell'alcol.

***

Quella mattina, o per meglio dire, quel pomeriggio, Genn aprì gli occhi, con molta calma. La luce entrava dalle finestre, cosa strana, perché lui le sbarrava tutte.

Odiava la luce, odiava tutti.

Lui era fatto così, odiava la felicità delle persone che gli aleggiava intorno e mai una volta che si posasse su di lui. Odiava i sorrisi degli altri, così falsi, così marci. E odiava se stesso, perché gli assomigliava.

Ma non odiava il sorriso che si formava sulle labbra di una persona, e non odiava quelle labbra, e nemmeno quella persona. Avrebbe voluto, ma ce l'aveva dentro, Alex. E quando una persona te la porti dentro, ti resta aggrappata ovunque, non c'è modo di lavarla via.

Scosse la testa, come per rimandare quei pensieri che avrebbero continuato sempre a tormentargli l'esistenza.

Aprì gli occhi, di nuovo, dato che non era riuscito a vedere nulla, in precedenza. E no, quella, porca miseria, non era camera sua.

Sollevò di poco il capo, ma era impedito da un peso sul petto.

Una testa mora spuntava da sotto le coperte, immersa in un sonno profondo.

Genn si stese, di nuovo, e sorrise impercettibilmente, aspettando che Alex si svegliasse.

Lo fece dopo dieci minuti, spesi da Genn per pensare alla notte scorsa.

Cos'era successo?

Alex sollevò la testa, venendo fuori dalle coperte, e incontrò gli occhi di Genn.

E quest'ultimo temette che la pece di Alex, potesse contaminare i suoi oceani.

Il moro aprì la bocca per dir qualcosa, ma Genn lo fermò.

«Ti prego, taci.», sussurrò, con voce roca.

Alex annuì, e prendendo coraggio, allungò una mano per sfiorare il viso del ragazzo davanti a sé, il quale non si mosse di un millimetro, non avendo coraggio.

Gli sfiorò il naso, scendendo alla bocca, della quale tracciò il contorno, più e più volte, scese al mento, lo attirò a sé, e lo baciò.

Genn sospirò, sulle sue labbra, ma non si staccò.

Il moro passò il pollice sulle labbra gonfie del biondo, un'ulteriore volta.

«Scusami.», disse d'un tratto Genn.

Alex scosse il capo, non osando parlare.

«Si, scusami. Noi», rise, «Non esiste manco un noi, io e te non siamo niente.», continuò.

«Lo sai che non è così.», finalmente, la voce pulita di Alex, riempì la stanza, sussurrando le uniche parole che Genn voleva sentirsi dire.

Portò una mano del biondo sul suo petto, «Lo senti quanto batte forte? Questo non può non significare niente, Genn, questo vuol dire qualcosa. Qualsiasi cazzo di cosa voglia dire, mi fa impazzire, perché riguarda te.»

A part of me.  »Gennex« Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora