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Allora, si, è l'una e dovrei dormire, ma non faccio mai quello che dovrei. Quindi, sono qui, ancora. Ho deciso, dopo taaanto tempo, di pubblicare degli sprazzi di vita quotidiana delle due fatine. Così, dato che ho idee come funghi.
Niente, grazie ancora per tutto, e buona lettura!
In ogni caso, baell.

22 aprile.

Alex camminava velocemente, perché Genn gli aveva ordinato di fare presto.

Arrivò dopo venti minuti, e bussò.

«Potevi arrivare più tardi, Iodice.», disse Genn, aprendogli la porta, e spostandosi per farlo entrare.

Alex entrò, «L'idea mi ha sfiorato, sai, per farti arrabbiare.», disse poi.

Genn sbuffò, e si diresse al divano, dentro cui sprofondò.

Alex, invece, come se fosse a casa sua, andò in cucina.

«Vuoi il caffè?», chiese, alzando un po' il tono di voce.

«Si.», rispose Genn.

«Anzi no, sei già un pericolo di tuo, meglio evitare.», continuò Alex, come se Genn non avesse parlato.

«Ho detto di sì.», ripeté il biondo.

«Calma limò.», rise, mettendo la macchinetta sul fuoco. «Comunque, parlando di cose serie, hai scritto la tua parte?»

«Sta sul tavolo.»

Alex si avvicinò al tavolo, e prese i fogli tra le mani.

Camminando verso il divano, dove era steso Genn, «Quale di questi è?», chiese.

Il biondo scattò, strappandogli i fogli dalle mani.

«Dovevi prendere solo il primo, coglione.», sputò, porgendoglielo.

«E quando volevi dirmelo?», chiese Alex.

Ma non ebbe risposta, così prese il foglio e cercò di decifrare la calligrafia disordinata di Genn.

The night is covered by lights and fire
the sky is frozen and my eyes
are far away from your mind
my soul now is cold like the ice
you told me this is my last time
(this is) my memory of us

I bet it's too late, so where am I?
the soul is vanished, could someone just tell me why?
I've thought about it,
I keep my eyes close
there's just another rock on my mind

But when will pass, this fuckin night?

Let me keep breathin your life
I feel your smell by my side
I'm alive?
my skin is gettin white
can I talk about myself tonight
look at me, you're paralized

(I see the pain)
darkness in your mind

***

«Ma qua? Che c'è scritto?», chiese Alex, quando un fogliettino ripiegato più volte, cadde dal plico di fogli tra le mani di Genn.

«Ehm, niente.», rispose, forse troppo presto il biondo.

Alex prese il foglio e lo aprì con maggiore attenzione, e si, sembrava davvero una lettera per lui, che terminava con un 'Ti amo, Alex'.

Si, loro non avevano un rapporto normale. Non erano semplici migliori amici, c'era qualcosa di più, ma non ne avevano mai parlato.

Diciamo che avevano lasciato fare ai corpi.

«Ti amo anch'io, Genn.», disse Alex.

Il ventunenne in questione, arrossì lievemente, ma sulla sua carnagione chiara era difficile da mascherare.

«Un pomodoro.», commentò Alex, guardandolo.

«Tu sei sempre un ananas, noioso.»

Alex si chinò a  baciarlo, delicatamente.

«Mi correggo, un ananas noioso che bacia bene.»

***

Gennaro è così tante cose.

Lo osservavo, dopo aver fatto l'amore.

Era seduto sul davanzale, e fumava.

Il viso illuminato per metà dalla luna, il pomo d'Adamo così in vista, le labbra screpolate che rilasciavano il fumo, le dita ossute che seguivano quei movimenti ormai meccanici.

Pensai che si, Gennaro era tante cose.

Gennaro era quella tristezza, che si portava addosso se fosse un profumo.

Gennaro era i suoi occhi, che personalmente mi ricordavano l'oceano in tempesta. Sempre. Anche quando era calmo, cosa rara, avevano quella sfumatura di blu, non erano mai del tutto tranquilli, onde sempre in movimento.

Gennaro era i suoi capelli biondo cenere, come quella che cadeva dalle innumerevoli sigarette strette tra le sue dita ossute.

Gennaro era le sue labbra piene, martoriate dai denti, era anche la voce che ne veniva fuori, quella voce che non ti aspetteresti mai da un corpicino così piccolo.

Gennaro era le sue vene sporgenti, come il suo pomo d'Adamo che andava su e giù.

Gennaro era le sue braccia forti.

Gennaro era il suo modo di ridere, la sua risata rara.

Gennaro era i suoi movimenti, le sue unghie mangiucchiate.

Gennaro era il lato oscuro della luna.

Gennaro aveva così tante sfumature, e il mio problema era che ne ero innamorato, di tutte.

L'avevo visto in tutti i modi e l'avevo amato in ognuno di esso.

«Genn.», sussurrai.

«Mh?», mi chiese, voltandosi.

«Stringimi forte, ti prego.», implorai.

Così fece.

Scese dal davanzale, con la sua andatura lenta, e venne verso di me.

Si stese sotto le coperte e mi strinse a sé, attirandomi contro il suo petto, ci poggiai la testa, e lui mi posò un bacio sulla testa.

Non mi interessava mostrarmi forte davanti a lui, mi aveva visto in tanti momenti difficili ed era rimasto sempre.

Non avevo motivo di fingere, con Genn potevo essere il vero Alex.

Genn era una parte di me.

A part of me.  »Gennex« Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora