Capitolo 11

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Apro l'armadietto, niente; il frigo, niente; la dispensa, ma niente ancora.
Nemmeno una briciola è presente in casa mia. D'altronde, c'è da dire che, quel pomeriggio, non è andato proprio normalmente e quindi adesso ci ritroviamo senza spesa e senza bibite.
Con un asciugamano attorno alla vita e il telefono in mano, mi siedo sul divano.
Intento a scegliere una fra le tante pizze che la pizzeria della strada accanto prepara, Julie esce dal bagno, anche lei con un solo asciugamano attorno al suo corpo, semplicemente legato ad altezze diverse. E' abbastanza corto per lei, infatti cammina con una mano sopra il seno per tenerlo fermo e l'altra alla fine per tirarlo il più possibile.
I capelli bagnati sono diventati di un colore molto più scuro di quello suo naturale, gli si sono appiattiti, tanto che la sua testa sembra tre volte più grande del normale, e adesso gli ricadono sulle spalle nude.
Mi passa davanti in modo buffo, con quella camminata zoppa mentre cerca di coprirsi il più possibile, e si dirige verso la sua camera, dalla quale ne esce vestita poco dopo.
Si siede accanto a me e ordiniamo insieme la pizza.

"Devo per forza asciugarmi i capelli?" mi chiede con fare annoiato, manco fossi sua madre.
"Credo che se non vuoi avere mal di testa, devi" rispondo; certe volte somiglio proprio a una madre, invece.
Grugnisce, probabilmente infastidita dalla mia risposta, ma mi sarei sentito in colpa se stesse male solo perché gli ho suggerito di non asciugarsi i capelli.
O forse no.
"Me li asciughi tu?" Chiede ironica con il labbruccio e gli occhi dolci.
"Cosa? Non ho mai asciugato capelli in vita mia" dico scioccato. Non può avermi chiesto una cosa simile.
Vedo i suoi occhi guardarmi con scetticismo e il suo sopracciglio sinistro alzato indica proprio quello.
"Spiegami allora come facevi quando avevi la frangia chilometrica. Di certo non si asciugava con un semplice colpo di asciugamano"
Colpito e affondato.
"È diverso... tu sei donna e hai capelli molto più lunghi" tento di convincerla, provando ad evitare la calda tortura del phon.
Di nuovo quel sopracciglio alzato.
Non c'è proprio verso di contraddirla.
Alla fine cedo e mi alzo dalla mia comoda postazione per andare a mettere qualcosa di decente addosso e prendere il phon.
Tornando in salotto, la trovo seduta per terra davanti al divano, aspettando probabilmente me.
Ed è strano pensare che proprio la ragazza che poco tempo fa non mi sopportava, adesso è seduta in casa mia, appena uscita dalla doccia e coi capelli bagnati, aspettando proprio me in modo che glieli asciughi. Fa davvero un effetto bizzarro.

Mi siedo sul divano proprio dietro di lei e attacco il phon alla presa.
Incomincio delicatamente a prendere i suoi capelli bagnati e a pettinarli con la spazzola che aveva in mano, sciogliendo tutti i nodi e facendo cadere molte gocce d'acqua per terra.
Accendo il phon e lei abbassa la testa, permettendomi di asciugare le punte di quella massa di capelli morbida e bagnata.
Un po' d'acqua finisce sulla mia maglietta, ma è una sensazione molto piacevole, data la loro freschezza in netto contrasto con la mia pelle, bollente e sudata a causa dell'aria calda.
Dopo qualche minuto, i capelli sono perfettamente asciutti e, soddisfatto, spengo il phon e mi alzo per andarlo a posare nell'armadietto del bagno.
Torno in salotto e trovo Julie intenta a guardare lo schermo del suo cellulare, assorta probabilmente nei suoi pensieri poco tranquilli. Perché di tranquillo non c'è niente in lei.
Alza appena la testa, giusto quell'attimo per sorriderle, e mi siedo accanto a lei.
C'è silenzio, ma è uno di quei silenzi tranquilli e rilassanti, non imbarazzanti.
Intento ad attaccare conversazione, mi arriva un messaggio da parte della sorella di Calum, Mali.

"Sono qui da mio fratello... Vieni?"

Sorrido impercettibilmente, per poi risponderle affermativamente e avvisarla che non sarei venuto da solo, non voglio lasciare Julie a casa, preferirei che venisse.
Sento ad un tratto un respiro sul mio collo e appena mi accorgo che è Julie, intenta a spiarmi, salto in aria.
Decido di non voltarmi, o me la ritroverei a meno di dieci centimetri dal mio viso, ma le dico semplicemente: "Dobbiamo ritornare in ospedale... Mali è arrivata e vuole vedermi"
Mi guarda confusa allontanandosi un po' e cerca di parlare, ma la fermo, sapendo ciò che sta per dire.
"Non accetto no. Tu vieni perchè so che non vuoi rimanere sola e che muori dalla voglia di conoscere la sorella di quel farabutto."

Maybe Together|| M.G.CliffordWo Geschichten leben. Entdecke jetzt