Capitolo 6

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Michael's POV

Aspetto sul marciapiede, contento di riavere tra le mani il mio amato gioiellino; non saprei cosa fare senza.
Ad un certo punto, vedo accostarsi una macchina nera, una delle solite coi vetri oscurati e così brillante da diventare bianca alla luce del sole.
Non ci faccio caso più di tanto, fin quando non si ferma qualche metro più in là e riconosco quella maledetta targa; non posso credere che sia tornato. Doveva essere ben più che lontano in questo momento, tipo Africa o Spagna; e invece no, torna sempre qui.
Cazzo. Julie non deve sapere niente, al momento. Spero solo che non lo scopra, proprio adesso che le cose stanno andando meglio. Se riesco a farla rimanere all'oscuro di tutto, forse c'è una possibilità che non rovini il rapporto tra me e i miei genitori; chissà cosa potrebbe dire loro quando conosce il tutto.
La vedo uscire e chiudere a chiave la porta, a doppia mandata.
Decido di non farla preoccupare e mi comporto normalmente; le apro la portiera e, anche se mi guarda in modo strano, si accomoda velocemente.
Faccio il giro dell'auto e mi siedo al posto di guida, mettendo in moto e incominciando a guidare.
Non riesco a capire nemmeno cosa stia facendo, i miei piedi e le mie mani lavorano da soli mentre la mia mente è ben occupata a fissare l'auto e a cercare di capire perché stesse ancora dietro di noi.

"Michael, che stai facendo? Il supermercato era per di là! Dovevi girare prima"
"Juju" esclamo dopo aver capito che la spesa non era la nostra priorità al momento.
Lei mi guarda intontita, non ha mai sopportato quel soprannome e non so perché lo abbia usato proprio adesso. Il fatto è che non posso continuare a fare finta di niente, devo dirle perché anche stasera saremo costretti a ordinare una pizza.
"C'è un piccolo cambio di programma"
Vedo la sua espressione leggermente confusa e i suoi occhi che ricadono come per istinto sullo specchietto destro della macchina. Diventa un po' meno confusa, ma mi chiede comunque: "C'entra quella macchina lì?"
La guardo lateralmente, cercando di tenere sempre un occhio sulla strada, e non rispondo, sperando che lei capisca senza che debba dire niente.
"Michael, s-sai cosa stai facendo, vero?" dice dopo aver compreso appieno.
"No" le dico la verità, tanto peggio di così non può finire. O almeno lo spero.
"Ma stai tranquilla, andrà tutto bene"
La tranquillizzo; ho bisogno che almeno uno di noi due resti calmo, ci basto già io.
La sento deglutire e non parla più per la maggior parte del tempo.
~~~
"Mi vuoi spiegare dove cazzo stiamo andando? È da un'ora che stiamo girando senza meta per l'autostrada" dice degnandosi di parlare.
Da che all'inizio era impaurita, ora è letteralmente incazzata. Solo che non capisco se ce l'ha con me per non dirle niente o con quelli perché ci stanno facendo perdere tempo.
Sospiro; non immaginavo proprio che un 'andare a fare la spesa' si trasformasse in un 'scappa dalla BMW nera'.
Decido di non rispondere, anche perché non ho nemmeno io la più pallida idea di dove stiamo andando; guardo lo specchietto retrovisore per controllare e vedo che Puccini, sempre che sia lui, è ancora dietro noi.
" Vedi che fa" le chiedo.
Non posso distrarmi più di tanto, sono pur sempre alla guida.
"Prima voglio spiegazioni" chiede, come sempre testarda; non demorde mai la ragazza.
Se non si volta ora non saprei più cosa fare; io sono già nel panico, sapendo che non avrei dovuto incontrare quell'uomo così presto e soprattutto non doveva capitare con lei, e guidare tenendo gli occhi quasi fissi sullo specchietto è abbastanza dura.
E forse per questo mi viene istintivo gridare verso di lei, ma me ne pento subito perchè noto la sua faccia sconvolta.
"Scusa, non volevo. Però ti prego, ti prego controllalo" la supplico. Ho proprio bisogno di lei ora.
Annuisce impercettibilmente e gira lo specchietto verso di lei, facendo ciò che gli ho chiesto.
Credo che se non fosse stato per questa situazione, mi avrebbe già tirato uno schiaffo per averle urlato. E faceva anche bene.

"Michael, Michael!" esclama, tirandomi schiaffi sul braccio
"Cosa?" chiedo allarmato.
"Ha svoltato a destra" dice, guardandomi entusiasta negli occhi.
"Bene"
Tiriamo un sospiro di sollievo, insieme, ma anzichè accostare subito continuo dritto per un altro po', non si sa mai.
Dopo aver appunto accostato, incrocio le braccia sul volante e ci poggio la testa sopra.
Sono così confuso, e stanco. Ho guidato per più di due ore sotto uno stress infinito, come se mi stessero puntando una pistola contro, e adesso sento le palpebre bruciarmi. Chiudo quindi gli occhi cercando di rilassarmi almeno un poco.
Sento ad un tratto una mano sulla mia schiena scorrere su e giù; poi la sento parlare.
"Ehi, ascolta... So che non è un buon momento però vorrei avere delle spiegazioni a ciò che è..." parla con una voce così piccola e spaventata che mi viene da piangere. E' tutta colpa mia se adesso lei è spaventata, avevo potuto benissimo guidare fino al supermercato, è pur sempre un posto pubblico e non poteva succedere niente di male. E invece no, egoisticamente mi sono messo a fare l'eroe della situazione, fuggendo da loro e impanicando entrambi. Grazie a me quindi, ci troviamo a due ore di strada da casa, senza niente da bere o da mangiare, con il sole che sta tramontando e la stanchezza che comincia a venire.
"So che devo dartele" la interrompo abbastanza bruscamente, ma non era mia intenzione. Voglio solo farle capire che gliele darò, anche ora, se è necessario per togliere questo peso dalle mie spalle e per tranquillizzarla. Tanto più di così non potrà odiarmi.

Maybe Together|| M.G.CliffordKde žijí příběhy. Začni objevovat