Capitolo 2

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Attraversai il portale ad occhi chiusi, per paura di ricevere qualche capogiro non appena fossimo uscite. Al termine della "giostra" schiusi le palpebre ed una forte luce mi colpì le iridi, costringendomi a portarmi una mano sulla fronte per farmi ombra. 

<Siamo nel posto giusto?> domandai a mia madre, spiandola da sotto la mano.

<Si, il posto è questo. Siamo in un universo parallelo al nostro, simile al Paradiso, ma completamente diverso da quest'ultimo.> rispose lei con le mani sui fianchi.

<Fantastico...> abbassai la mano e guardai intorno a noi, tutto quel verde e quel celeste mi facevano quasi male. Mi sentivo la pecora nera, ma questa volta non sarei stata l'unica. Recuperai i miei bagagli e salutai il guardiano del portale, il quale fece un piccolo inchino e si dileguò. Feci un bel respiro e a passo incerto, mi trascinai verso l'edificio che si intravedeva in lontananza. 

Maestoso e illuminato, l'edificio scolastico possedeva uno stile sorprendente, con quegli archi scolpiti in maniera impeccabile e le alte vetrate colorate che facevano da padrone. Tutto intorno, un'immensa area verde, costellata da giardini ben tenuti ed alberi in fiore. Sembrava quasi come il tempo lì scorresse in maniera diversa, anche se a ben pensarci, forse ero io a provenire da un luogo diverso da tutti gli altri... Avanzai di qualche passo e mi arrestai di fronte ad un cancello che poco prima giurai di non aver proprio visto. Una guardia ci squadrò ben bene, probabilmente pensava anche lui che ero fuori luogo in tutta questa luce, ma quando fece un cenno del capo capii che in realtà il mio arrivo era atteso. All'apertura dei cancelli, non potei varcare immediatamente la soglia. Pensai a mia madre, al fatto che sarebbe rimasta sola senza di me. Al fatto che dalla morte di mio padre eravamo sempre state solo io e lei, nel nostro piccolo mondo. Trattenni un silenzioso sussulto e mi voltai a guardarla, sorprendendola con un fazzolettino ad asciugarsi le lacrime. Le corsi incontro per dedicarle quello che speravo non fosse il nostro ultimo abbraccio.

<Pare proprio che debba andare. Fai la brava a casa ok? E se senti la mia mancanza, bhe, sai dove trovarmi> sussurrai fra i suoi lunghi capelli.
<Eh, non sarà semplice senza di te. Mi raccomando Camille, sii brava.> rispose accennando un briciolo di autorità.
<Tranquilla mamma , non hai allevato un animale!>
<Ah no? Devo ricordarti quando hai preso a pugni un Ghoul?>
<Si ostinava a dire che ero figlia di un cani e porci.>
<Mh e il veleno al piccolo Cerbero?>
<Piccolo?! Mamma era alto come un Palazzo e poi il veleno... Non ricordo chiaramente. Comunque ho capito mamma, non ti devi più preoccupare.>

Mi strinse forte a sé per un tempo che mi parve infinito, ma il suono di una campanella mi fece staccare da quell'abbraccio. La vidi allontanarsi nella luce e un lacrima trattenuta fin troppo scivolò sulla mia guancia. Strofinai il naso umido e ripresi il mio cammino. Oltrepassai l'alto recinto e la guardia chiuse il cancello con un grande catenaccio. Ero in trappola.

Percorsi il vialetto di mattonelle rossicce, senza mai distogliere lo sguardo dall'edificio che ad ogni passo si faceva sempre più grande davanti a me. L'entrata era come tutto il resto: luminosa. La prima cosa che attrasse la mia attenzione erano i numerosi armadietti rosso acceso che formavano il corridoio principale. Mi guardai intorno e trovai delle porte sulle quali erano incisi dei numeri seguiti da delle lettere. Le aule presumibilmente. Alla fine del corridoio, delle scale portavano al piano superiore, dove mi attendeva un altro corridoio simile a quello precedente. Salì un'altra rampa e giunsi all'ultimo piano dell'edificio. Al termine dell'androne si trovava una grande e massiccia porta in legno scuro, sulla quale riuscivo chiaramente a leggere un nome: Direttore Renkon. Ai lati di questa porta ce ne erano altre e su ognuna di queste vi era un nome ed una materia. Le lessi attentamente e rimasi colpita da un'ingresso in particolare, sul quale leggevo: Prof. Xanie ~Controllo~

Mi avvicinai alla porta del Preside e bussai. Una voce mi incitò ad entrare e così feci, ritrovandomi in una stanza cupa occupata in gran parte da librerie. al centro si trovava un tavolo robusto color massello, che troneggiava davanti la possente vetrata che dava precisamente sui cancelli che avevo varcato poco fa. Si davvero, mi stavano aspettando. Dietro la scrivania, un'alta poltrona veniva occupata da una possente figura.
<Buongiorno, signorina...?> chiese l'uomo, voltandosi e dirigendo lo sguardo verso la mia direzione. Poteva avere 30 o 40 anni, ma sembrava dimostrarne di meno: il capello scuro acconciato alla perfezione, occhi neri pece nascosti dietro a degli occhiali dalla montatura sottile ed argentata, mento ben definito e marcato. Corporatura robusta e spalle abbastanza larghe. Insomma, un gran bel pezzo di uomo o creatura.
<Salve, mi chiamo Camilla. Stone. Sono qui per-> 
<Ah si si, la signorina Nephilim. Prego, cosa posso fare per lei?> Storsi il naso quando pronunciò quel nome, ma mantenni la calma e continuai il mio discorso.

< Bhe, sono appena arrivata e mi domandavo se lei potesse indicarmi la via per, che ne so, magari un dormitorio?>

<Il dormitorio si trova accanto alla palazzina scolastica, ovvero questa. Deve superare la palestra e subito accanto troverà ciò che sta cercando. Se ha finito, le auguro buona giornata.>

<Si si, arrivederci.> uscì sbattendo la porta e corsi giù dalle scale, raggiungendo l'ingresso a grande velocità. Nel cortile individuai la palestra, riconoscibile dal tetto a "cupola" e per le urla disumane che provenivano dal suo interno. Di fianco si trovava il dormitorio, alto quasi cinque piano e largo come un campo da tennis o almeno pareva così ai miei occhi. Sorpassai le porte e venni accolta da una signora bassa e cicciottella, con il viso simpatico contornato da dei corti capelli biondi.

<Buongiorno signora, il preside mi ha detto di venire qui a depositare i miei bagagli. Quindi chiedo a lei?> domandai un pò impacciata.

<Si si mia cara. Prima di lasciarti andare, devo sapere "cosa" sei esattamente così posso assegnarti nella giusta stanza.>

A quelle parole mi si geló il sangue. 

Scuola Per &quot;Diversi&quot;  [REVISIONE]Where stories live. Discover now