Ma quale? Magari quello in cui ha conosciuto Nale, che è poi diventato il suo stalker?

Cavolo, è vero!

Okay, allora c'è un altro pub un po' fuori mano, ma almeno staremo in un luogo pubblico e, nel caso sia nelle sue intenzioni, non può urlare e sfuriare più di tanto.

Volto di scatto la testa verso la sua abitazione, quasi come se sia stato richiamato dalla sua presenza.
Ha i capelli alzati sulla testa in una crocchia disordinata, a lasciar vedere completamente il viso delicato, degli occhiali da sole sul capo, una giacca di vari colori e un jeans chiaro che le calza a pennello.

La vedo incespicare leggermente e rido piano del suo essere sbadata e impacciata nei movimenti.
Salgo in macchina e il suo profumo si diffonde per tutto l'abitacolo, si volta e mi sorride raggiante.

«Ciao.» si sporge addirittura a salutarmi, posandomi delicatamente un bacio sulla guancia.

Dov'è finita la scontrosa e sbrigativa ragazza che ho accompagnato qualche ora fa a casa?

La sorpresa deve raggiungere il mio volto, poiché mi fissa per qualche secondo e poi ridacchia, allargando ancora di più le labbra.

Sento il bisogno irruento di posizionarle le mani ai lati del viso, avvicinare i nostri volti e far scontrare le nostre labbra, farsi spazio dentro le mie viscere e giù in basso nei pantaloni e devo stringere gli occhi e passarmi una mano sul volto, concentrandomi sulla guida.

Non è il momento.

«Dove andiamo?» mi chiede, dopo qualche minuto di silenzio.

«Un bar un po' fuori mano, potremmo andare a casa mia ma sappiamo entrambi che ci distrarremmo e so che vuoi delle spiegazioni.» scelgo di essere diretto e sincero, come so che mi supplica con gli occhi di essere sempre e l'unica risposta che ho è un suo sussulto e niente più.

È stranamente silenziosa -normalmente starebbe già a blaterare e a sbuffare per come stia andando veloce, che dovrei mettere la cintura e che certamente suo nonno defunto saprebbe maneggiare questo catorcio meglio di me, io alzerei gli occhi al cielo e lei si infurierebbe ancora di più, ma ora preferirei tutte queste parole inutili, piuttosto che sapere che questo silenzio significa nient'altro che sta rimuginando su qualcosa.

Voglio urlarle di rendermi partecipe almeno una volta dei suoi pensieri, ma so che non me ne parlerà prima del tempo - o non me ne parlerà e basta.

Tanto immerso nei miei, di pensieri, da non rendermi conto che siamo arrivati e che Everthy sta lentamente aprendo la porta del bar, facendo tintinnare la campanella in alto e attirando lo sguardo di alcuni dei clienti all'interno, guardandosi intorno quasi a voler imprimere nella sua mente i particolari del luogo, arredato con gusto.

Le prendo delicatamente la mano -sentendola sussultare al contatto, forse perché non se lo aspettava e la spingo leggermente verso un tavolo appartato, addossato al muro e dotato di separè in legno scuro.

Si siede di fronte a me e mi accorgo che si sta torturando le dita, il sorriso spensierato con cui mi ha salutato è ormai solo un ricordo, rimpiazzato da un'espressione tesa e ansiosa.

«Rilassati Everthy, vuoi qualcosa da bere?»

Non mi sembra il caso di mangiare nulla, sono circa le sei del pomeriggio e probabilmente tra poco dovrà tornare a casa per cenare.

«Un cappuccino, grazie.» mi guarda, mentre lo dice, rilassando le spalle.

Ho sempre pensato che sia una tipa strana, ma mai tanto da ordinare un cappuccino alle sei del pomeriggio. Scuoto la testa leggermente divertito e le do le spalle, avviandomi verso la fila al bancone.

» False Brother «Where stories live. Discover now