Capitolo 7: Catene

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Quando Freya raggiunge Vàlaskjàlf, Vanadis veste l'illusione di una sacca da viaggio. La spada è meno pesante che nei suoi ricordi di bambina e lei non ha difficoltà nel maneggiarla.
Lascia il cavallo alle cure dello stalliere e raggiunge le sue stanze senza prestare troppa attenzione ai tentativi di Fandral di attirare alcune ancelle di Frigga.
Freya lascia cadere il mantello sul pavimento e lancia sul letto la sacca che prende immediatamente le fattezze originali di Vanadis.
L'applauso che si diffonde come un allarme per tutta la stanza la mette in allerta e la mano scatta ad afferrare il pugnale, lanciandolo alle sue spalle senza voltarsi indietro.
"Questo non era divertente."
"No, non lo era" conviene Freya, lanciando a Loki un'occhiata infastidita. "Cosa ci fai qui?"
Il pugnale lo ha ferito di striscio a una guancia, ma il taglio sta già guarendo e Freya ringrazia la buona sorte per non averle permesso di uccidere il figlio di Odino. Sarebbe stato decisamente troppo problematico nascondere la morte del dio degli inganni.
"Non temi che Heimdall ci possa ascoltare o vedere?"
"Lo sguardo del Guardiano non può soffermarsi a lungo in questa stanza e se lo facesse non vi troverebbe nulla di sospetto."
"Notevole." Loki la raggiunge, superandola, e le sue mani corrono a sfiorare la lama di Vanadis.
Freya sente il bisogno di afferrare l'arma e puntargliela alla gola, ferendolo proprio come lui ha tentato di fare le prime volte che lei è andata a fargli visita nella sua cella. "La spada di tuo padre" commenta Loki, dopo averla osservata con cura. "Odino credeva fosse andata perduta."
"Lo era fino a oggi. Il dio Tyr la teneva tra le sue collezioni di guerra."
Freya non sa perché gli sta raccontando quelle cose. Loki sa già fin troppo sulla sua doppia identità e rivelargli altro sarebbe pericoloso per entrambi. "Ma ora occorre a me ed è mia" calca l'ultima parola e il dio degli inganni sembra afferrare il concetto, anche se non appare interessato all'arma.
"Non ho bisogno di una vecchia spada" ribatte infatti Loki, guardandola come se una simile affermazione non dovrebbe nemmeno aver voce di esistere.
"E cosa vorresti? Che ti liberassi dai bracciali dei nani?" obietta Freya, sarcastica.
Lo sguardo di Loki si adombra, ma il dio degli inganni non risponde alle sue osservazioni. "Chi ti ha insegnato l'uso del Seiðr?"
"Mia madre" dice schietta, guardando con fastidio le macchie di terriccio che le hanno sporcato la gonna.
"Dal tono che hai usato deduco che non eravate in buoni rapporti."
Freya si toglie il nastro tra i capelli, disfando con una mano la treccia che li univa. "Era un rapporto... particolare" si concede di dire.
"Sei sempre così sfuggevole?" domanda Loki, incrociando le braccia sul petto.
"Potrei dire lo stesso di te."
Il dio degli inganni sorride, come se trovasse divertente la situazione. Freya posa un fermaglio sul mobile e lancia uno sguardo a Vanadis. "Cosa ti ha mostrato il Tesseract?"






Loki sbatte più volte le palpebre, certo di non aver ben compreso quale sia stata la richiesta di Freya. Lei però lo fissa seria e attenta, in attesa di una risposta. È la prima che gli pone un simile quesito, nemmeno Thor o Odino hanno voluto sapere qualcosa.
"Menzogne... Verità e menzogne, tante quante sono le stelle." Loki chiude gli occhi, ma non ha bisogno di concentrarsi per ricordare tutto ciò che ha imparato dal momento del suo esilio. "Mi ha mostrato mondi sconosciuti, esseri così spaventosi che perfino loro temono se stessi. Creature..." Loki deglutisce e lo spettro di Thanos si affaccia nella sua mente. "...esseri viventi che nessuno vorrebbe incontrare."




Loki cade. Cade e non riesce a fermarsi. Urla, ma le sue parole si perdono nell'infinità dell'universo.
C'è oscurità attorno a lui, un nero così assoluto che perfino lui teme cosa potrebbe esserci quando quel nero finirà. Perché tutto ha una fine e Loki ha il terrore di ciò che potrà trovare quando smetterà di cadere.
Loki affoga in un mare di stelle; è sepolto da sistemi solari di cui Odino non gli ha mai raccontato nulla e ha paura.
Quel viaggio tra il nulla e la morte è qualcosa che non aveva previsto. Le Norne avrebbero dovuto recidere il filo della sua vita, ma così non è stato e lui si sente impotente.
Nel suo vagare sa di aver invocato il nome di suo padre -Odino non Laufey- e quello di Thor, ma tutto ciò che ha ricevuto in cambio è stato il silenzio.
Quando il suo viaggio finisce, Loki è solo lo spettro di ciò che era un tempo il dio degli inganni. Debole e stanco spera che quell'asteroide sperduto tra l'immensità dei Nove Regni si trasformi nella sua tomba.
"Che fine patetica." Loki non ha la forza di spostare lo sguardo sulla creatura che ha parlato, ma qualcosa nel suo tono di voce lo fa rabbrividire.
"Un re esiliato e sconfitto. Un re tradito, umiliato... Un patricida." lo sconosciuto sembra divertito e nell'incoscienza Loki si domanda come quell'essere possa conoscere la sua storia.
"Ti brucia la sconfitta, sì? Vorresti avere vendetta?" La creatura si china su di lui e la mano con cui lo afferra sembra rilasciare lava incandescente.
Loki grida, ma le sue urla non fanno alcun effetto sullo sconosciuto dalla pelle rossa e gli occhi viola. "Oh, magari preferiresti che ti concedessi la morte? Piccolo e fragile Gigante di Ghiaccio..."

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