41.

2.6K 105 2
                                    


L'udienza


Nei giorni seguenti rimasi sempre a casa, non volevo incontrare i giornalisti che si appostavano proprio davanti casa mia per aspettare di avere uno scoop su di me. Mi aspettavo che dopo il mio ritorno a casa i miei genitori sarebbero stati particolarmente felici, invece erano solo preoccupati, forse per la mia salute. Mi vedevano sempre rinchiusa in casa a mangiare poco o niente, io ero abituata così nella società. Avevo chiesto anche a Criss di non venirmi a trovare; non guardavo la TV, non rispondevo al telefono, non stavo su internet, l'unica cosa che facevo era prendere i coltelli della cucina, senza che i miei genitori lo sapessero, e allenarmi a lanciarli. Mi mancava sempre di più Justin, ma non volevo dimenticarlo, il mio unico desiderio era che mi perdonasse, almeno un attimo prima della sua morte.Ma non mi sarei perdonata neanche io al suo posto.

Le mie giornate quindi trascorsero abbastanza in modo monotono fino al giorno in cui avrei dovuto testimoniare contro di lui. Mia madre mi aveva costretta ad indossare un vestito elegante, io dovetti accettare, ma presi quello che avevo usato per il funerale di nonno, ero nero e adatto all'occasione.
Una cosa che non mi era importata assolutamente nella società era il fatto che non c'erano specchi, neanche in bagno. Forse per il semplice motivo che a nessuno lì importava l'aspetto fisico. Quando per la prima volta dopo due anni e mezzo avevo visto il mio riflesso non riuscivo a riconoscermi. Non avevo idea di come Justin facesse a stare con me, ero uno strazio con tutte quelle cicatrici addosso. Ecco perché vedermi con quel vestito mi faceva sentire a disagio, mostrava tutte le gambe e le braccia piene di segni e troppo fine. Optai per indossare anche un giaccia, almeno mi avrebbe coperto di più.

-Tesoro, siamo arrivati.

La macchina si fermò proprio davanti al tribunale, mio padre scese dalla macchina e mi aprì lo sportello, io uscii e come potevo immaginare ad attendermi c'erano tantissimi giornalisti. Iniziarono a bombandarmi di domande.

-Come è stato vivere lì?

-È vero che avevate una storia?

-Come si chiama il capo?

Mi misi le mani in volto cercando di non uscire nelle foto e camminai a testa bassa, per tutto il tragitto, scortata da alcuni agenti della polizia. Entrammo nel tribunale e raggiungemmo la sala dell'udienza, mi tremavano le gambe, ma avevo deciso. Mi avevano detto che se volevo salvarmi dovevo schierarmi contro Justin, ma non mi volevo salvare, io avrei aiutato lui fino alla fine.

Una volta entrata, mi fecero sedere in un posto speciale, lontano dalla mia famiglia. Mi guardai attorno, era pieno di gente e giornalisti, pronti a prendere appunti, c'era anche qualche telecamera qua e là. Davanti a me era presente una gabbia, all'interno c'era una sola sedia, quello era il posto dove si sarebbe dovuto sedere Justin.

-Parla solo quando te lo chiedono e rispondi solo alle domande, va bene?

Un uomo mi sussurrò all'orecchio facendomi sussultare, annuii. Mi sentivo il cuore in gola. In quel momento entrò il giudice, tutti si alzarono, tranne me, non avevo mai assistito a un'udienza e capii troppo tardi che bisognava stare in piedi, infatti mi alzai quando tutti gli altri si sedettero, imbarazzata, mi abbassai subito, mentre sentivo qualcuno in sala ridere. Ma che volevano? Strinsi i pugni.

-Entri l'imputato.

Disse il giudice. Vidi entrare Justin, a testa alta, come sempre. Il mio cuore iniziò a battere fortemente, mi veniva quasi da piangere. Mi alzai in piedi, ma mi accorsi che non bisognava farlo, infatti ero l'unica alzata. Il giudice mi lanciò un'occhiata e io, in silenzio, mi risedetti. Sentii qualcuno ridere di nuovo, mi girai da dove proveniva la risata.

These Four WallsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora