39.

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La promessa

Ero seduta sulla sedia dello studio di Justin. Non mi sentivo assolutamente meglio dopo quello che avevo fatto. Se prima provavo quelle brutte sensazioni adesso le sentivo triplicate ed erano terribili. Aspettavo Justin con ansia, volevo semplicemente affondare nelle sue braccia e mai più riemergere, volevo raccontargli tutto, ma sapevo che non mi avrebbe capito. Quello che avevo fatto era terribile, mi sarei uccisa pur di tornare indietro ed evitare che accadesse. Posai i gomiti sul tavolo e mi misi le mani tra i capelli.

-Non ce la faccio, sto male.

Continuai a ripetermi a bassa voce, ero agitata più che mai, forse anche di più di quando mi avevano rapita, vedevo il mio mondo sgretolarsi sotto il mio tocco.

Improvvisamente sentii la maniglia abbassarsi, per prima cosa pensai fosse la polizia venuta per arrestarmi, avevo fatto del male a troppa gente. Poi vidi Justin entrare nella stanza. Era calmo, sorridente, il mio esatto contrario insomma.

-Oddio.

Urlai, poi corsi verso di lui a braccia aperte, lui lasciò cadere a terra il borsone. Gli saltai letteralmente addosso e lui mi prese in braccio, strinsi forte le mie gambe attorno al suo busto e le mie braccia attorno al suo collo. Lui mi sosteneva tenendo le mani sotto le mie cosce.

-Non mi abbandonare mai più.

Dissi tremando, lui era mio e sarebbe dovuto esserlo per sempre, e pensare che ero certa che mancava poco e l'avrei perso.

-Non ti ho mai abbandonato, coltellina.

Mi diede un bacio sulla guancia. Avevo paura che si stancasse del mio peso, ma non volevo allontanarmi perché avevo paura che anche lui si potesse sgretolare. Mi veniva da piangere, ma cercavo di trattenere le lacrime per non farlo insospettire, non volevo che scoprisse cosa avevo fatto.

-Stai bene?

Disse dopo un po'.

-Mi sei solo mancato tantissimo.

Dissi e involontariamente una lacrima mi scivolò giù per la guancia.

-Piangi? tesoro cosa è successo? ti hanno fatto male?

-No, sto bene. Mi sei solo mancato.

Mi strinsi di nuovo forte a lui.

-Anche a me sei mancata, ma è stato solo un giorno.

-Il più brutto di tutti.

Precisai.

-Anche per me.

Mi scostai dalla sua spalla e cercai le sue labbra con le mie. Iniziai a baciarlo con foga. Lo amavo e forse non glielo avrei mai detto. Trascinai una mano nei suoi capelli e lui cominciò a muoversi nella stanza fino a raggiungere la scrivania, ero così occupata a baciarlo e ad assaporare le sue labbra che me ne accorsi solo quando mi fece sedere sulla scrivania e cominciò anche lui a passarmi le mani sulla schiena. Il mio bacio era quasi disperato, non lo volevo lasciare e sentivo che più lo baciavo più avrei avuto la certezza che non mi avrebbe mai abbandonato. Lui portò le sue labbra sul mio collo, ma io lo costrinsi a continuare a baciarmi. Non avevo tempo per le coccole, dovevo sentirlo vicino parte di me, avevo bisogno di qualcosa di più che dei baci sul collo. A momenti respiravo, ma non volevo allontanarlo. Quel bacio mi stava facendo dimenticare tutto quello che era successo. Quello a lasciarmi fu lui.

-Scusa Quinn, non ce la faccio più, sono stanco per il viaggio e così non respiro.

Disse indietreggiando.

These Four WallsWhere stories live. Discover now