4.

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Assassinio


Vidi il sole sorgere solo quando Fred mi lasciò in pace e se ne andò. Basta era deciso, quel giorno avrei trovato qualcuno che mi avrebbe aiutato. Mi alzai e aprii l'armadietto, presi il coltello. Lo fissai.

Potevo tentare almeno una volta a non essere codarda.

Lo appoggiai sul collo e chiusi gli occhi cercando il coraggio per fare la finita. Dissi un ultimo addio a mia madre, a mio padre, a Criss, alla mia vita come lo era stata e come lo era, poi premetti sulla pelle. Mi sarebbe mancata la mia famiglia, avevo 17 anni, avevo sempre sognato una vita a New York, sposata, con dei bambini, un lavoro e tante persone attorno che mi dovevano volere bene...

Abbassai il coltello, non lo potevo farlo ero troppo codarda. Dovevo chiedere aiuto e sapevo chi era la persona giusta a darmi una mano. Nascosi il coltello sotto la felpa e uscii dalla stanza senza farmi vedere, dormivano ancora tutti. Percorsi diversi corridoi e stanze, mi venne anche il dubbio di aver sbagliato strada, ma il senso dell'orientamento non mi mancava e, nonostante fossi andata solo una volta in quel posto, sapevo come raggiungerlo. Presto mi ritrovai davanti a quella porta. Sul momento ero stata convinta ad andare da LUI ma adesso avevo paura. Di nuovo paura di morire.

"Quinn cosa ti fa più paura? Morire o vivere così?"

Mi ripetei, questo mi aiutò a trovare il coraggio per andare avanti, respirai a fondo ed entrai nella stanza. Ero fiera di me, finalmente avevo fatto qualcosa di coraggioso da quando ero arrivata lì.


-Non si bussa?


Disse fermo il biondo, senza alzare gli occhi dalla carte.

Sentirlo parlare mi bloccò di nuovo: mi paralizzai e iniziai a respirare più affannosamente.

Lui alzò gli occhi, probabilmente perché non avevo risposto, e incrociai il suo sguardo. Abbassai subito la testa perché non riuscivo a sopportarlo.


-Ti posso aiutare?


Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non riuscii ad emettere nessun suono. Avanzai, prendendo il coltello da sotto la felpa e glielo porsi. La mano mi tremava.


-Che dovrei farci?


Chiese seccato, la cosa strana era che non era neance stupito di vedermi lì.

Aspettai un po' sperando che capisse ma sembrava dubbioso.

Riafferrai io l'arma, sfilandola dalle sue mani e mi feci coraggio. Respirai affondo e la affondai nel braccio. Diedi un'occhiata al capo, sembrava avere ancora degli interrogativi. Riposai lo sguardo sul mio braccio e accanto alla linea dritta disegnai un arco, ancora più lontano due altre linee dritte parallele alla prima e all'ultima aggiunsi tre segni orizzontali. Mi accorsi che il messaggio non era chiaro perché il mio braccio era troppo sporco di sangue, passai l'altra mano sulla serie di tagli e glielo mostrai. Il ragazzo dagli occhi color miele si avvicinò il mio braccio e mimò con le labbra quello che io avevo scritto sul braccio:DIE.

-DIE, mi stai chiedendo di ucciderti.


Annuii. Lui si alzò e mi guardò.


-Tu..


Non continuò la frase, mi fissò dritta negli occhi, sembrava provare ammirazione. Dopo un'attenta analisi aggiunse solamente:


-Vedi di non scappare o fare sciocchezze, va bene?


Tornò con il suo solito sguardo indifferente e si avviò alla porta, aprendola.


E così neanche lui mi avrebbe aiutata, ero imprigionata esenza possibilità di fuggire salvandomi o uccidendomi.

These Four WallsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora