Capitolo 06.

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Il diavolo non viene da noi con la sua faccia rossa e le corna. Lui viene da noi travestito da tutto quello che abbiamo sempre voluto.

«E questa è la stanza in cui di solito presentiamo i nostri progetti per Time Square.» Spiega Harry.
È così noioso restarlo a sentire per due ore consecutive. «Dev'essere uno degli eventi più importanti.» Commento, fingendo di essere interessata.
La stanza è davvero molto piccola rispetto alle precedenti in cui ho messo piede e dubito che tutti possano partecipare a quelle determinate riunioni.
«Si, è l'evento che ci sta a cuore.»  Mi risponde.
Annuisco lentamente, come se mi importasse qualcosa, ma veniamo interrotti da un bussare alla porta. «Signor Black?»
Oh. Non poteva mancare la segretaria rossa tinta.
Harry si volta a guardarla. «Si?»
Lei raddrizza la schiena e posa delicatamente quegli occhi blu su Harry. Quasi sono gelosa dei loro sguardi. Non ricordo nemmeno come ci si sente ad essere guardati in quella maniera. «Devo parlarle in privato.» Dice lei.
Questa frase comincia ad irritarmi.
Harry annuisce e si sbriga ad uscire dall'ufficio con la segretaria, facendomi cenno di aspettare.
Restando da sola, non vedo perché non sedermi su una delle sedie bianche presenti nella stanza.
Ho indossato l'orologio, questa mattina, e voglio essere certa del tempo che passo da sola ad aspettare che quei due parlino. In qualche modo, spero davvero che stiano soltanto parlando. Cinque, dieci, quindici minuti.
Sto per perdere la pazienza.
Fisso la porta e la porta fissa me. Dovrei uscire e andare a controllare cosa stiano facendo o dove siano andati? La mia razionalità dice di no, di restare lì dove sono. Ma una grande parte di me dice di alzarmi da quella sedia, e lo faccio. Mi alzo con cautela e mi sporgo a guardare fuori dalla porta. Il corridoio è deserto. Metto piede nel corridoio e cerco di non far rumore con le mie scarpe. Seguo il percorso delle pareti, schiacciandomi contro di esse, fino ad arrivare accanto alla porta d'uscita. Lascio che la mia mano si serri intorno la maniglia e che faccia forza per aprirla. In un angolo della stanza successiva, che dà accesso all'ascensore, in un angolo, quasi nascosti, sono avvinghiati Harry e la segretaria rossa tinta. Quest'ultima è di spalle, così che non mi veda. Harry, invece, è troppo impegnato per far caso a me.
Anche da quella distanza, riesco a percepire la pressione esercitata dalle mani grandi di lui sul corpo della ragazza, che la stringe a sé così tanto da prenderla quasi in braccio.
Lui la bacia sulle labbra, le mani di lei si alzano sul volto di Harry. Quest'ultimo fa scivolare le sue mani sul corpo della segretaria e lei si contrae ad ogni suo tocco. Sobbalzo sala sorpresa quando la ragazza emette un piccolo gemito. Perché fanno queste cose qui? Non sanno che sono circondati da persone che potrebbero sorprenderli in ogni momento?
La segretaria manda indietro la testa ed Harry le bacia il collo. La ragazza lo ferma per un instante, gli sussurra qualcosa all'orecchio che, sfortunatamente, non riesco a captare, ed Harry sorride lievemente. Ora, vedo la sua mano sgusciare sotto la sua gonna a tubo. La alza così da palparle il sedere. Vedo ogni singolo movimento.
Il mio viso si contrae in una smorfia. Sono disgustata.
La segretaria geme ancora e gli circonda il collo.
Mi ritraggo, chiudendo la porta senza far rumore. Rimango per qualche secondo contro la parete, respirando e cercando di togliermi dalla mente quelle scene. Sono... senza parole. Percorro con gli occhi il corridoio che sembra chiamarmi per evitare guai gli do retta. Ho l'idea di togliermi le scarpe per correre verso l'ufficio in cui mi trovavo un momento fa e lo faccio. Sgattaiolo per il corridoio per poi rinchiudermi in quella stanza. Indosso nuovamente le scarpe e mi posiziono accanto l'enorme la finestra. Per quanto stia costringendo me stessa a dimenticare tutto, l'immagine di Harry e della segretaria rossa tinta che si toccano e si baciano a vicenda non vuole sparire.
«Dove eravamo rimasti?»
Sobbalzo quando la voce di Harry mi raggiunge.
Quei suoi occhi verdi sembrano così sfuggenti che quasi mi ingannano. Sanno benissimo cosa hanno fatto e forse è anche per questo che non riesco a guardarlo in faccia. Mi sale in gola un conato di vomito e stringo i denti per non tirarlo ancora più su. Non so per quale ragione sento questa necessità di buttare tutto fuori, ma, in un modo o nell'altro, ne sento il bisogno.
Harry continua a parlare, sembra quasi logorroico, ma io non lo sto più ascoltando. Sto per farlo, sto per rimettere. Mi copro la bocca con entrambe le mani e, senza chiedere il permesso, corro via dall'ufficio per raggiungere, mentre Harry grida il mio nome con tutta la voce che ha.
Io non mi fermo ed entro nel bagno delle signore.

Stravolgimi il domani (1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora