Dieci minuti dopo ero seduta nell'ufficio del preside, a tre sedie di distanza da quell'oca che piagnucolava con una busta di ghiaccio contro la guancia e due tamponi infilati nelle narici.
Le sarebbe venuto un gigantesco livido ed ero fiera di me. Non mi importava che fosse sbagliato, aveva fatto del male a Nathan, se l'era meritato.
Onestamente, avrei voluto frignare anch'io. Oltre alla paura delle conseguenze, mi bruciava la faccia e sentivo un dolore atroce alla mano con cui avevo tirato il pugno ma avrei preferito fare da schiava alle pettegole per un mese che mostrarmi debole.
《Te la farò pagare!》
La fulminai con lo sguardo. 《Provaci, e con un calcio farò diventare il tuo culo ancora più grosso!》
Una delle segretarie tossì forte, a mo' di richiamo. Subito dopo il preside spuntò sulla soglia del suo studio e chiese all'oca di raggiungerlo dentro.
《Sai cosa? Meglio così. I tuoi sapranno tutto, anche la parte di te a casa da sola che inviti un tizio in piena notte》, mormorai, in modo che tosse l'unica a poter ascoltare.
Poi sarebbe toccato a me raccontare la mia versione.
Sbiancai quando qualche minuto dopo papà arrivò nella sala d'attesa. Mi lapidò con un'occhiata che per poco non me la feci addosso.
Ecco! Mi avrebbe recluso fino ai cent'anni.
Era palese che appena saremmo stati a casa, avrebbe fatto la sua sfuriata. Si stava trattenendo e il viso rosso e la vena gonfia sulla tempia lo dimostravano.
Trattenni il respiro appena mi fu davanti e d'istinto abbassai il capo, studiandomi le scarpe ormai rovinate.
《Alzati.》
Scattai come un soldato dopo un ordine. Sussultai mentre mi accarezzava il viso.
《Ti fa tanto male?》
Cosa?
Scossi il capo in segno negativo, anche se mentii. Ero certa che mi sarebbero apparsi dei lividi qua e là, non perché davvero dolente ma avevo la pelle come quella di un neonato: una stretta di troppo e l'ematoma spuntava.
《Viv!》
《Sì?》
《Guardami.》
Sospirai, pesantemente. Se l'avessi fatto, sarei scoppiata in lacrime.
《Posso farlo quando saremo soli?》
《Quando saremo soli Vivienne, sarà un miracolo che non ti strozzi!》
Sapevo che era mortalmente serio ma sorrisi. Smisi appena mi rimproverò con gli occhi.

Una settimana di sospensione. Papà non disse una parola mentre camminavamo verso la macchina, Nate era con noi e mi teneva la mano.
Il silenzio era agghiacciante.
Mi infilai nei sedili posteriori, fissando fuori dal finestrino. Non sapevo quando avrebbe dato di matto.
Nathan provò ad accendere l'autoradio ma papà la spense con così tanta forza che pensai l'avesse rotta.
《Ma-》
《Zitto.》
Sono morta!
Parcheggiò di fronte alla locanda. Questo significava che mi sarei beccata anche Gabe e Harry.
Oggi giornata fortunata!
Scesi subito, l'idea era che se mi fosse saltato alla gola avrei potuto ripararmi dietro Gabe. Harry era... responsabile, avrebbe dato man forte a Richard.
Non è più dalla mia parte o forse l'idea di essere insieme contro qualcosa era un'illusione.
Appena provai a imboccare la via per il ristorante mi tirò indietro per la tracolla come un cartone animato, indirizzandomi verso lo studio della direzione.
Sarebbe stata un'esecuzione.
Lì dentro come sospettavo c'erano mio fratello maggiore e Harry che, appena mi videro, strabuzzarono gli occhi. Non dovevo avere un bell'aspetto con i capelli incasinati e i vestiti sporchi di erba e terriccio.
Se mio fratello sembrava divertito, Harry avanzò velocemente e mi afferrò la faccia.
E chi se ne importava della mano che pulsava, le ginocchia sbucciate sotto i jeans e la guancia che bruciava.
Chiese le palpebre e inspirò con lentezza.
《Chi è stato?》
Ops... Forse non conosce la storia.
Tossii a disagio, guardando Nathan che a sua volta mi fissava confuso. Ritornai in me, mi tolsi dalla faccia l'espressione da pesce lesso e mi morsi le labbra.
Sembrava una dannata agorà, che papà mi costringesse a un confronto in pubblica piazza perché l'umiliazione finale fosse maggiore.
《Mi volete dire cosa è successo?》 Sbottò Gabe. Papà mi spronò con un gesto della mano.
《Prego Vivienne Rae.》
Ahia! Se usa entrambi i miei nomi di battesimo significa che sono morta.
Aveva iniziato Cheryl, ma se l'avessi detto sarei sembrata una bambina capricciosa.
Mi mossi sui talloni. 《Mi sono difesa?》 Ma più che un'affermazione sembrò una domanda. Questo spinse Richard a sbattere i palmi contro la scrivania, tanto forte che avvertii il dolore persino nelle mie mani.
《Le hai rotto il naso!》 Urlò.
Davvero?
《Mi sono difesa!》
《È colpa mia!》 Esclamò Nathan. Lo ignorammo.
《E per di più la ragazza di tuo fratello!》
《No, invece, non più! È una puttana!》
Annaspò, guardandomi come se fossi indemoniata.
《Chi ti ha insegnato questo linguaggio?》
Probabilmente - e senza volere - lo fissai con spocchia, inarcando le sopracciglia. Davvero mi stava chiedendo perché ero tanto scurrile quando avevo due fratelli il cui linguaggio non era acqua di rose?
《Aspettate?》 Harry si introdusse, ponendosi fra di noi. 《Hai fatto a botte?》
Oh mio Dio Harry! L'intuito è la tua qualità primaria.
La risata di Gabriel ci distrasse. 《Sapevo che non avrei dovuto insegnarti a tirare pugni!》
《Gabe! Tua sorella rischia l'anno.》
《No, altrimenti dovrebbero bocciare il resto della scuola》, rispose. Sorrisi, sotto i baffi, mentre ammiccava come orgoglioso.
È pazzo!
《Smettila, Gabe!》 Sbottò Harry, arrabbiato.
《Fatti gli affari tuoi!》 Replicai. 《Papà, ti giuro che mi sono difesa e basta.》
Sembrava irremovibile, come se non mi sentisse e mi salirono le lacrime agli occhi.
《Siamo fratelli》, bofonchiai, 《e lei gli ha fatto del male, tu ci hai insegnato a difenderci l'un l'altro. Se avesse avuto un pene ci avrebbe pensato Nathan ma Cheryl la puttana - sì papà, lo è e non mi vergogno di ripeterlo - è una ragazza e ha iniziato lei. Anzi, sai cosa, tornassi indietro gliele darei più forte perché è mio fratello!》
Silenzio generale fu la risposta che ricevetti. Tutte espressioni allibite. Non erano molto abituati ai miei discorsi seri.
Papà si calmò, anche se la rabbia non parve sparire.
《Durante la settimana di sospensione non uscirai di casa mai e non vedrai Dillon.》
Vaffanculo!
Dieci minuti più tardi ero in un bagno della locanda, seduta sul ripiano accanto al lavandino con Harry così vicino da darmi le vertigini.
Scoprii di avere quattro graffi profondi - Cheryl era una di quelle con le unghia da strega - uno sulla guancia e tre sul collo.
Fu come entrare in uno strano torpore: io, lui, il resto non importava, tantomeno la punizione più cattiva di tutta la mia breve vita.
Harry aveva un buon odore, maschile ma non come quei profumi da uomo che ti toglievano il respiro per quanto pungenti.
Harry aveva le mani grandi, con qualche callo e piccole cicatrici: ricordavo che passava le estati a fare lavoretti qua e là per il vicinato. Erano mani da lavoratore. E per la prima volta pensai che se mi avessero toccato, avrei provato con tutta me stessa a non farmi sfuggire nessuna emozione, brivido, e non come capitava Dillon con cui mi fingevo desiderosa mentre la mente era d'altra parte. Dillon pretendeva, ero certa che Harry fosse qualcuno che donava.
Sussultai quando il batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante mi sfiorò la guancia. Mi teneva la testa con le dita intrecciate tra i miei capelli e mi distraevo, guardando il pavimento in terracotta, per non pensare che quella era la posizione ideale per baciare qualcuno.
Okay, eravamo in un bagno e la puzza dei prodotti per le pulizie impregnava l'aria, ma - che cavolo! - sarebbe stato comunque romantico. Come quei film per cui Kate viveva: mentre curava le mie ferite, mi baciava. C'avrei perso pure la verginità in quel bagno se fosse stato con Harry.
Okay, con lui sì ma non in un cavolo di cesso!
Applausi, fuochi d'artificio, confusione, sintonia... Baciami, dannazione!
《Sei arrabbiato》, pigolai. I movimenti si bloccarono e mi studiò per un istante. Harry aveva gli occhi mutevoli: verde scuro nelle giornate freddissime, verde chiaro che accentuava la pupilla nera nelle giornate di sole pur sempre invernali, d'estate si tingevano di verde acqua, a un passo dall'azzurro e aveva le pagliuzze dorate come le mie.
Era... Se non l'avessi mai conosciuto, se avessi dovuto immaginare il ragazzo dei miei sogni, sarebbe stato come Harry. Una perfezione che non intimidiva, che ti metteva a tuo agio senza nessuna invidia.
《Sei sconsiderata!》
E non ti piaccio...
《Io-》
《Ribelle, testarda come un mulo, un senso tutto tuo della giustizia...》
Smisi di ascoltare per non essere costretta a ricordare tutti i motivi per cui non mi avrebbe mai voluto.
Però io ti amo.
《Rossa!》
Mi accorsi che avevo stretto il pugno sulla sua camicia blu ed Harry lo notò. Adesso, se possibile, il suo respiro mi era addosso. Ero combattuta. Lo odiavo, lo amavo; volevo stargli lontano, volevo che mi stringesse.
Mi sfiorò la tempia, fino a scendere sulla mandibola.
Mi stai uccidendo.
Sospirai, appoggiandomi contro la sua mano.
《Sei troppo bella perché il tuo faccino si rovini.》
Potei giurare che per un attimo qualcosa gli scintillò nello sguardo, poi tornò tutto normale.
Sorrisi forzatamente. Come spiegavo che se non mi voleva ma continuava a dirmi cose del genere avrei iniziato a marcire? Che il tarlo mi avrebbe consumato fino a rendermi solo una presenza?
Quando ami tanto senza essere ricambiato, non ci si limita a morire solo la prima volta - quando il rifiuto ti sbatte nuovamente alla realtà - quando dai amore senza riceverne muori ogni giorno. Tu ti svuoti e lui si riempe.

Mignoli |Fil rouge h.s #0.5|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora