Capitolo 4

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Lucy aveva allacciato le gambe dietro la schiena di Natsu, mentre lui la possedeva e si muoveva in lei, sprofondando la faccia nel suo seno, baciandoglielo. Ogni sua spinta, ogni suo ansito e ogni suo bacio era una nuova scossa nel grembo di lei, nella sua anima e nel suo cuore. Appartenergli in quel momento era la cosa giusta, non c'era nulla d'insensato o affrettato o imperfetto, per Lucy.
Quel letto che Natsu trovava irresistibile, il letto che avevano condiviso – spesso a suo insaputa e senza il suo permesso – era diventato teatro della loro passione, della loro irrefrenabile brama l'uno dell'altra e del loro scoperto amore. Happy si era volatilizzato, non sapeva lei neppure, dove e, liberi della sua presenza, si erano lasciati andare agli istinti repressi che, se non sguinzagliati, gli avrebbero corroso lo spirito.
Natsu si muoveva lentamente e dolcemente in lei, con spinte tanto profonde da spezzarle il respiro, le mani stette ad accarezzare i suoi fianchi, a farle seguire il suo ritmo; stava attento a non ferirle i seni con i canini e inspirava il suo profumo mescolato all'odore del loro sudore.
Lucy gli tirava i capelli a ogni affondo, incapace di trattenere i gemiti di passione che le scappavano, urlati a gran voce – "Cacchio, meno male che la padrona di casa ha il sonno pesante" – e gli spingeva il capo sempre più sul suo petto, incitandolo a continuare.

Com'è che erano finiti a fare l'amore?

Si ritrovò a sorridere, lievi risate nascoste per bene fra i suoi sospiri appagati, mentre sentiva il calore nel petto esplodere e fondersi con il suo corpo, lava che scendeva per le gambe e lungo la colonna vertebrale, per concentrarsi lì, dove aveva accolto Natsu dentro di se.
Il ragazzo alzò il viso dal suo petto arrossato e avvicinò la bocca alla sua, "mangiando" i suoi sospiri, con la stessa fame con cui mangerebbe il suo adorato fuoco. La baciava a tempo con il suo bacino, che si spingeva in lei sempre più, accontentando la ragazza. I respiri si mescolavano fra loro, mentre le lingue si cercavano, a vicenda, in quel gioco passionale. Natsu sentiva il sorriso di Lucy allargarsi e il piacere arrivare al limite, pronto a travolgerli.
<< Lucy >> sussurrò la voce arrochita di Natsu nell'orecchio di Lucy, dopo essersi separato dalle sue labbra morbide, umide e gonfie; Lucy aprì gli occhi, attenta alle sue parole: una strana sensazione sembrava farsi largo in lei, e certo non era l'orgasmo imminente.
<< Na – Natsu ... cos – Ah! >> aveva tentato di dire lei, fermandosi per un affondo particolarmente gradevole del mago.
<< Lucy ... non ... soccombere >>
Lei strabuzzò gli occhi, sorpresa:
<< Cos – cosa? >> domandò.
<< Cercami Lucy. Sono ancora qui >> le disse << Non arrenderti a lui >>.
Lucy li prese il viso fra le mani, portandoselo di fronte e lo guardò dritto negli occhi, di quel verde scuro sempre allegro che amava follemente, in quel momento annebbiato dal piacere:
<< Di cosa ... parli? >>
Natsu fece una smorfia quasi di dolore e un leggero tremito s'impadronì di lui, facendogli rallentare il ritmo, ormai fermandosi, ma restando dentro di lei:
<< Mi ... dispiace >> si scusò a capo chino, nascondendo i suoi occhi allo sguardo preoccupato di Lucy. Lei alzò leggermente il busto, reggendosi su un gomito e, con la coda dell'occhio, notò un'ombra all'angolo farsi largo verso di loro: strisciava lentamente, come un serpente nero inchiostro che si avvicina alla preda.
<< Natsu! >> lo chiamò ansiosa, quando lo vide appoggiarsi alla sua spalla. L'ombra accelerò poco la sua avanzata e lei sentì il ghigno distendersi sul volto di Natsu. Lui alzò il viso, guardandola dritto negli occhi marrone che fino a qualche secondo prima brillavano lucidi e desiderosi ma che in quell'istante si sgranarono spaventati: lo sguardo di Natsu, così passionale e caldo nel suo verde foresta, si era fatto nero e oscuro, lascivo e voglioso.
L'ombra ormai aveva raggiunto il letto, strisciando su per i sostegni e arrestandosi lentamente a pochi millimetri dai piedi di Natsu, continuando a ondeggiare pigramente.
<< Cosa ... Natsu! No! >> si spaventò la maga, premendo una mano sul petto del demone, cercando di allontanarlo da lei.
"Perché proprio adesso? Perché a noi?"
Il demone si spinse dentro di lei con forza, facendola cadere sulle lenzuola sgualcite che sapevano della loro amore, mentre l'ombra risaliva con nuova vitalità le gambe del ragazzo, arrivando alla schiena, coprendo le gambe di Lucy ancora intrecciate. La ragazza urlò, ma non riuscì a liberarsi di quella presenza: li aveva bloccati, legati fra loro.
<< Shh, Lucy. Non agitarti. Ti avevo avvertito >> le soffiò a pochi centimetri dalle sue labbra.
<< Dov'è Natsu? >> chiese lei.
<< Mmm ... Non abita più ... qui >> la sbeffeggiò << Ora, però ... lasciati prendere >> e la baciò, famelico, cominciando a spingersi in lei con fervore veloce. Lucy, mugugnò contrariata e l'ombra s'insinuò fra i loro corpi intrecciati, coprendoli quasi interamente, una macchia d'inchiostro a marchiarli, mentre E.n.d. si faceva strada dentro di lei.
Quando l'oscurità li assorbì interamente, il gemito di Lucy divenne un urlo.
E si svegliò nel letto di quella camera non sua, nel buio più totale.



Lucy, ansante e sudata, si alzò di scatto tenendosi una mano sul petto, dove il cuore le martellava irrequieto.
"Era solo un sogno" pensò la maga.
Si spostò sul letto, sedendosi e portando le gambe a incrociarsi; le sentiva intorpidite, come le braccia, e il calore nel basso ventre, a causa del sogno, era risorto come fuoco scoppiettante, lasciandola accaldata sul momento, per poi scemare lentamente. Lucy respirò profondamente per calmare il battito del cuore e si accorse che le candele, durante il suo sonno – non poteva capire quanto avesse dormito – si erano consumate del tutto, lasciandola completamente al buio. Dopo essersi calmata, si alzò dal letto lentamente, stando attenta a dove metteva i piedi e cominciò a camminare verso dove, secondo lei, si doveva trovare la porta. Nonostante la totale mancanza di magia e i precedenti giramenti di testa, sembrava almeno un po' rinvigorita. Mosse qualche passo e il piede si appoggiò a qualcosa di morbido e polveroso: il tappeto.
Quello su cui E.n.d. l'aveva stesa, dove l'aveva presa e fatta gemere solo con le sue dita.
Lucy sentì immediatamente il fuoco farsi spazio in lei, arrossarle le guance e bruciarle la testa, facendole ricordare quello che - poche ore prima? ... forse – le aveva fatto avvertire il demone – il suo tocco, le sue labbra, le sue mani e i suoi sospiri su di lei -.

Le era così impossibile pensare che Natsu, la sua anima, non fossero più presenti in quel corpo.
Scosse la testa, cercando di fare ordine nella mente, calmandosi.
No.
Natsu doveva essere ancora lì, doveva crederlo con tutta se stessa, perché l'alternativa che le si presentava di fronte non sarebbe stata delle più rosee e non avrebbe di certo lasciato l'anima del Dragon Slayer nella morsa del nulla.
Tentoni, arrivò alla parete, dove pensava si trovasse l'uscita; tastò il muro di pietra alla ricerca della porta, alla cieca ma con accuratezza e spostandosi di lato fino a quando la sua mano non sfiorò la maniglia di ferro.
Finalmente libera.
Mosse la maniglia, trovando stranamente la porta non chiusa a chiave –"Sono sua prigioniera e non mi chiude nemmeno dentro la camera?" pensò – e aprì piano la porta, affacciandosi appena sull'uscio –"Non sia mai che me lo ritrovi davanti a fare la guardia come un mastino" -; il lungo corridoio, illuminato dalla luce lunare che filtrava dalle alte finestre, sembrava vuoto, non una mosca a disturbare la quiete di quel luogo così oscuro. Si decise a uscire dalla camera e si chiuse la porta alle spalle lentamente. Si guardò attorno, notando come la parete opposta alla stanza fosse interamente occupata da lunghe vetrate in stile gotico, ma semplici e senza colori o strani disegni – solo parecchio impolverate – e che lungo la parete si trovava della mobilia (qualche sedia senza schienale, cassapanche e mobiletti vari) rotta e mangiata dalle termiti. Le candele appese nel corridoio erano spente ma già leggermente consumate, i tendaggi alle finestre strappati in più punti o completamente assenti e il pavimento in granito bianco, che rifletteva la luce della luna, era rotto e smosso qua e là.
Notò altre porte affianco a quella della sua camera e, controllando ancora che non arrivasse E.n.d., cominciò la sua perlustrazione: aprì i cassetti dei mobili nel corridoio, trovandoli vuoti o pieni di candele o insetti morti – "Heeeek che shifo!" -.
Ma niente chiavi e niente Fleuve d'étoile.
Dove diavolo le aveva nascoste quel demone?
Lasciò stare il corridoio e tentò di aprire varie camere, ma stavolta le porte erano state chiuse a chiave; sbuffò infastidita, gonfiando le guance e s'incamminò a piedi nudi lungo il corridoio, sperando in qualche colpo di fortuna; si strinse le mani sulle braccia, cercando di confortarsi e di crearsi un po' di calore a causa del freddo che percepiva sulla propria pelle (e camminare scalza sul granito non aiutava certo. "Dove avevo lasciato le calze?").
Ogni tanto ritrovava qualche cassettone e si metteva alla ricerca dei suoi amici stellari e della sua frusta, o tentava di aprire l'ennesima camera, sperando che portasse all'uscita o comunque da qualsiasi altra parte che non fosse quel lugubre corridoio. Vi arrivò alla fine e si presentò di fronte ai suoi occhi un enorme portone a due ante di legno, massiccio e dall'aria inapribile. Sospirò affranta, ma si decise comunque a provare a forzarla "Peggio non potrei trovare" pensò e spinse con tutte le forze un'anta dell'ingresso: fortunatamente non era così pesante da non aprirsi e Lucy, contenta, sgusciò svelta fuori.
Si ritrovò in un enorme giardino, in alcuni punti piastrellato a formare diversi percorsi che si snodavano fra le siepi aride, gli alberi spogli e le erbacce e le foglie cadute che coprivano la maggior parte dell'area verde; ne rimase comunque incantata, immaginandoselo ben curato e rigoglioso, nonostante riconoscesse che, anche in quel frangente, possedeva un certo fascino.
Scelse una stradina alla destra delle scalinate che scese velocemente e lo percorse lentamente e con calma: le piastrelle di pietra di cui era composto erano e crepate e ricoperte di foglie secche e in molti punti spuntavano fili d'erba aride e ingiallite che le pizzicavano i piedi nudi. Camminò alcuni minuti e si accorse che la stradina portava al retro della villa diroccata e coperta di edera, poi si fermò, notando che il percorso si allargava come un fiume a foce d'estuario su un piazzale mattonato in cui in mezzo sorgeva una fontana fatiscente, da cui sgorgava pigramente dell'acqua che scendeva lungo il muretto, finendo ai suoi piedi e annaffiando l'erba che cresceva verde tutt'attorno. La fonte doveva aver avuto decisamente giorni migliori, ma non se ne preoccupò molto.
Perché il suo sguardo fu catturato dalla schiena di E.n.d che fissava la luna davanti a se, le mani in tasca e le spalle dritte, fiere. Lucy ne rimase incantata, pensando a quando Natsu si perdeva in qualche riflessione senza calcolare la gente intorno a sé. Lo trovava parecchio intrigante in quelli attimi, mangiandosi con gli occhi la sua fronte corrucciata e gli occhi smarriti nel vuoto o le sue espressioni; scalpitava dalla voglia di entrare nella sua mente e vedere cosa gli passasse per la testa di così profondo.
Si accorse però, con rammarico, che gli occhi che la fissavano di rimando non erano quelli del suo amato Dragon Slayer.
E.n.d. le squadrava il volto, gli occhi assottigliati e incuriositi, velati da un leggero fastidio – si ricordava appena d'averlo visto allontanarsi furioso da lei, dopo averla messa a letto – e le dava ancora le spalle, avendo girato solo la testa e leggermente il busto.
Il batticuore di Lucy aumentò a dismisura.
L'occhio le cadde poi su una delle tasche da cui s'intravedeva un pezzo di stoffa stracciato; le sue mutande.
<< Perché diavolo vai in giro con le mie mutande in tasca? >> strillò arrabbiata.
Lui sogghignò maligno, perdendo quel velo di rabbia che gli oscurava il viso e le rispose, sarcastico:
<< Un souvenir, Luce >>.

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