85. Pensando al futuro

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La giornata trascorsa è stata alquanto strana per me. Guardando, anche se solo da lontano, quei bambini mi sono sentita in colpa. Non so per quale motivo in particolare. Forse perché avrei voluto fare qualcosa per loro, anche una minima cosa ma non ho fatto nulla. Questo mi rende triste. Vorrei trovare un modo per aiutarli.

Per adesso, pensierosa, fisso fuori dal finestrino della lussuosa auto blu mentre nella mia testa spero di tornare a casa il più presto possibile. E' ormai buio, le strade trafficate di Londra rendono difficile non imbottigliarsi nel traffico. La compagnia non è delle migliori, la nonna continua a parlare e parlare con il suo solito tono arrogante e Harry, che non riesce a trattenersi, le risponde a tono. Tutto ciò mi fa venire un terribile mal di testa e mentalmente spero che estraniandomi da questo ambiente e perdendomi nelle luci della città possa aiutare.

"Sarei dovuta entrare anche io."

"Non c'è stato bisogno, perché non rinunci e te ne fai una ragione?"- sbuffa Harry.

"Cercheremo un altro pediatra, il dottor Simon non deve essere molto competente."- continua lei risoluta.

"Nessun altro dottore, nonna. Quell'uomo è laureato in materia e se ha detto che Gemma sta benissimo vuol dire che è così!"

"Harry, tua sorella non parla!"- sbraita lei accanto all'autista che non so come faccia a sopportarla.

"Gemma sa parlare!"- urla lui di rimando. –"Falla finita, chiaro?!"

Lei non replica questa volta ma il suo silenzio non è di certo di sottomissione, il suo viso, che riesco a scorgere dallo specchietto retrovisore è ovviamente di una donna che non ha voglia di discutere su cose che ha già deciso. Un silenzio prettamente di superiorità. Ruoto gli occhi al cielo e torno a guardare fuori dal finestrino mentre Gemma al mio fianco gioca con il cellulare di Harry e Harry stringe nervosamente il suo ciuffo in un pugno fissando incazzato il paesaggio.

Sono stanca, è stata una giornata intensa e non vedo l'ora di dormirci un po' su.

Purtroppo le mie preghiere non sono state accolte e la nonna ha deciso che prima di tornare nel suo lussuoso appartamento ci saremo fermati a mangiare fuori in qualche ristorante supercostoso dove lei è ovviamente ospite gradita. Io e Harry non proferiamo parola durante tutta la cena, lui arrabbiato e io esausta. La nonna invece sembra perfettamente in forma. Lei parla, conversa con chi la riconosce, saluta gente con un sorriso di cortesia in faccia. Tutto il contrario di noi che sembriamo zombie asociali.

Continua a giocherellare con il mio risotto ai funghi, sbadigliando di tanto in tanto. Ho il capo appoggiato al palmo della mia mano, annoiata. Non vedo davvero l'ora di tornare a casa.

Osservo Harry che sbuffando taglia la sua carne e quella di Gemma. Anche lui ogni tanto mi rivolge un'occhiata veloce. Penso sia preoccupato per me. Appena è uscito dall'ambulatorio si è subito accorto del mio cambiamento d'umore e anche se gli ho assicurato di stare bene so che lui non ci ha creduto.

Effettivamente non ci ho creduto neanche io, quei bambini mi hanno lasciato tanta tristezza dentro. Anche se ricordando i loro sorrisi riesco a non sembrare una completa depressa.

"Tal."- è lui a chiamarmi. Raddrizzo la testa e gli do la mia attenzione. – "Sembra che ti stai addormentando sul riso."- abbozza un sorriso che fa tornare il mio.

"Voglio andare a casa, Harry."- piagnucolo.

"Anche io."- sospira. – "Ho una fottuta voglia di lasciarla qui e andare via con la sua auto."- sussurra osservando la donna che parla con una coppia di vecchi conoscenti. Lei è seduta al loro tavolo e ci ha praticamente lasciati qui da soli.

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