35. Auguri Tal!

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Nonostante l’insistenza di Doris e Nash affinché cenassimo con loro, io e papà abbiamo deciso che fosse meglio non disturbarli. Doris ha acconsentito a patto che domani ci trovassimo di nuovo nel pomeriggio allo Starbucks in centro, visto che la mattina aveva il turno di lavoro in ufficio. Comunque sia non potevamo rifiutare e poi sarà più divertente passare il mio compleanno tutti insieme.

Papà ha chiamato un taxi per tornare in hotel ma prima ci siamo voluti fermare a mangiare qualcosa in un ristorantino lì vicino visto che il cibo della mensa dell’hotel è praticamente immangiabile. La solita tavola calda americana dove tutto fa schifo all’infuori di un calorico hamburger. Ma siamo a New York, devo provare anche quello dopo aver visitato tutto il giorno parchi, musei gratuiti e piazze monumentali in onore di qualcuno.

Dopo aver dato il giudizio critico a fine cena, assolutamente positivo anche se mi finirà sui fianchi, siamo tornati in hotel. Eravamo così stanchi che non ci siamo neanche opposti nell’utilizzare l’ascensore più spaventoso del mondo. Solo Dio sa che tipo di norme di sicurezza ci siano lì dentro ma non ci reggevamo neanche all’in piedi e per fortuna siamo arrivati nei nostri letti sani  e salvi.

Questo letto sembra più comodo questa sera, forse aver girato per New York e aver riso con Nash tutto il giorno mi ha fatto bene e sono meno stressata da ieri e dal lungo viaggio. In questo momento invidio papà che se la russa beatamente nel letto accanto al mio ma non posso ancora chiudere occhio anche se vorrei tanto. Ormai è quasi mezzanotte e mezza e Harry non mi ha mandato neanche un messaggio. Credevo volesse parlare e credevo pure che sarei stata contenta se fosse stato lui a farmi gli auguri per primo, ma niente. In fondo lui è fatto così, non mi posso mai aspettare niente da lui, è così imprevedibile.

Ormai perse le speranze chiudo la luce dell’abatjour sul comodino scricchiolante e dopo averci appoggiato il cellulare mi raggomitolo sotto le lenzuola un po’ delusa. Auguri a me.

HARRY’S POV

Luci allucinogene, musica assordante, gente schifosamente sudata, donne mezze nude e amici completamente andati. Mi gira quasi la testa  e nonostante tutto quello che ho bevuto sento ancora la gola secca. In mezzo alla folla che mi spinge a destra e a manca trangugio gli ultimi sorsi di birra dentro la mia bottiglia prima di abbandonarla a terra con non curanza e avvicinandomi alla bionda formosa da cui non toglierò gli occhi finché non me la sarò passata per bene. Sembra che lo faccia apposta a sculettare a quel modo in quell’abito fin troppo corto, aderente e pure bianco latte in modo da far vedere ancora meglio i suoi slip di pizzo nero.

Non riesco però a raggiungere la mia preda di questa sera perché qualcuno mi blocca la strada.

“Harry, non starai guardando un’altra con me nei paraggi?”- mi si butta al collo leccandomi una guancia, cosa sono un cane?-

“Cosa vuoi Meredit?”- grido per farmi sentire. Non ho la minima idea di che espressione abbia la mia faccia, probabilmente infastidita, ma non lo so perché la sostanza bianca mi sta scorrendo nelle vene ad una velocità tale che non ho la percezione di nessuna parte del mio corpo, a parte una.

“Voglio te.”- mi sussurra nell’orecchio e riesco a sentirla nonostante la musica assordante. - “Dove hai lasciato la tua ragazza?”- comincia a ridacchiare allontanandosi leggermente.

“Non è la mia ragazza.”- rispondo distrattamente cercando la mia preda, scomparsa tra la folla.-

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