Il suo stupido, eccitantissimo vizio.

9.5K 578 46
                                    

In macchina, mia sorella, sui sedili posteriori, continuava a farsi odiare. «Mi piace molto, potresti metterlo quando esci con un ragazzo»
Dio, aiutami.
«Gem, mi fa male la testa, puoi smetterla di parlare?» chiesi, chiudendo gli occhi.
Lei, con mia sorpresa, si zittì.
Quando arrivammo di fronte casa sua, lei scese finalmente dall'auto.
«Grazie ragazzi» disse. «magari la prossima volta venite a prendermi voi, così mi risparmiate il viaggio in autobus.»
Quando Zayn mise in moto, realizzai di esser rimasta sola con lui. Mi sentivo ancora in imbarazzo per colpa di Gemma.
Non aveva fatto altro che parlare del mio seno davanti a lui. Al pensiero, lo guardai: si stava mordendo il labbro. Sentii la pelle d'oca.
Fissai il suo mento, il suo collo... Dio, il suo collo... Quanto avrei voluto affondarci le labbra.
Ad un certo punto, mi accorsi che avevamo superato il nostro condominio.
«Zayn, sei andato troppo avanti» gli feci notare, sottovoce.
Lo vidi sorridere.
«Che ti prende?» chiesi.
Mi guardò. «Ti fidi di me?»

Scesi dall'auto, mi prese la mano. Rabbrividii. Mi condusse all'interno del locale e si diresse subito verso un tavolo all'angolo.
Spostò una sedia e mi aiutò a sedermi, poi prese posto di fronte a me.
«Ti piace?» mi chiese.
«Si» ammisi. I colori del ristorante erano blu e bianco, i miei preferiti.
Lui sorrise e prese il menù tra le mani.
Io rimasi a pensare all'assurdità di quella situazione. «Perché?»
Lui sollevò lo sguardo verso di me. Si stava ancora mordendo il labbro. «Beh, te l'avevo promesso»
«Si ma perché adesso?»
«Eri strana, un po' giù»
Sorrisi debolmente. «Grazie»
Mi afferrò la mano sul tavolo e me la strinse nella sua. «Che ti succede?»
«Adesso va tutto bene» risposi con sincerità, anche se un po' ansimante per via della sua mano.
«Ne sei sicura?»
Sorrisi. «Si, grazie»
Dopo che ordinammo e che il cibo ci fu servito, mentre mangiavamo non facevo che lanciargli qualche occhiata. Aveva sempre il vizio di mordersi il labbro, mi innervosiva.
«Ti piace?» mi chiese e io non capii.
«Che cosa?» domandai, alquanto confusa, sperando che non si fosse accorto che lo stavo fissando.
«Il cibo» mi spiegò, indicando il mio piatto.
Mi schiaffeggiai mentalmente, ripetendomi quanto fossi stupida. «Oh»
Ero un'altra volta bloccata dal suo viso. «Allora ti piace?»
Mi svegliai un'altra volta. «Si, si, mi piace... mi piace molto...» abbassai lo sguardo e presi in bocca una forchettata.
Quanto sono stupida.
«Sicura di stare bene?» mi chiese.
«Assolutamente si» risposi con lo sguardo fisso sul piatto e, capendo che forse non se l'era bevuta, lo guardai e gli sorrisi, portandomi subito il bicchiere alla bocca per nascondere l'espressione da stupida.
Lui tornò a concentrarsi sul piatto e io, per distrarmi, migliorai la posizione delle mie gambe sotto il tavolo ma fallii miseramente quando toccai la sua.
«Scusa» dissi.
Lui mi guardava, non ancora convinto, ma speravo che decidesse di lasciar perdere.
«Quindi... Come sta la signora Anne?» mi chiese di mia madre.
Io risposi, felice che abbia deciso di cambiare discorso. «Sta bene, è solo un po' dispiaciuta che sua figlia, la piccola di casa, sia andata a vivere da sola»
«Oh, ma non è sola» mi sorrise.
Sentii lo stomaco stringersi. «Già ma sarebbe meglio se lei non lo sapesse, o perlomeno non adesso»
«Capisco perfettamente» rispose. «Sarà stato un duro colpo per lei lasciarti andare»
«Ha fatto un enorme sforzo, e continua a farlo. Se fosse per lei, verrebbe a prendermi in questo istante»
Lui annuì. «Ti manca?»
«Mia madre e mia sorella sono le mie migliori amiche» spiegai. «Sono le uniche persone che ho sempre sentito vicine, mi mancano ogni minuto di più ma cerco di non pensarci»
Lui sembrò capire. «Ed Harry?»
«Anche lui vive da solo, già da un anno, e ti ho già accennato qualcosa riguardo alle sue... Abitudini»
Annuì anche stavolta.
Dopo circa 30 secondi di silenzio, lo guardai. «Mi sorprende che tu non mi abbia chiesto di mio padre»
Anche lui alzò lo sguardo verso di me. «Beh, in realtà avevo saputo che lui e tua madre non stanno più insieme»
Annuii. «Già.» risposi e abbassai lo sguardo. «E mia madre si è risposata»
Ci fu un po' di silenzio, poi mi parlò un po' incerto se continuare o meno. «E lui non ti piace?»
«No, Robin è simpatico... ma...»
«Ma non è tuo padre» aggiunse quello che avrei detto io.
Mi lasciai andare in un sospiro. «Già»
Chinò il capo e lo vidi annuire leggermente.
Io continuai. «Papà vive lontano e Robin è sempre fuori per lavoro, Harry se n'è andato l'anno scorso ma non è sicuramente un buon esempio da seguire - capisci cosa intendo - ma lui è giovane, ci può stare...» spiegai. «nella mia vita è sempre mancata la figura del vero uomo» aggiunsi sottovoce.
Sentii sfiorarmi la mano e alzai lo sguardo. Zayn mi rivolse un piccolo sorriso. «Non più» mi consolò, con la sua voce roca e calda che ti farebbe sentire meglio in qualsiasi istante.
«Non sei obbligato a sopportarmi» dissi, non volendo dargli peso, ma gliene sarei stata grata a vita.
«Non mi sento obbligato, per me è un piacere starti accanto» mi rispose. «se hai bisogno d'aiuto, ricordati di venire da me»
Sentivo gli occhi pizzicare, le lacrime stavano arrivando. «Scusami» dissi a mezza voce e, alzandomi in piedi, uscii dal ristorante.
Camminai sul prato, senza una meta precisa. Dovevo sfogarmi, piangere: era l'unico modo per riprendersi.
Non mi era mai capitato di aprirmi così tanto con nessuno. Non avevo mai avuto amiche abbastanza interessate a me per parlare della mia vita in questo modo.
Le persone più vicine a me erano mia madre e mia sorella ma parlarne con loro sarebbe stato inutile, non potevo dir loro niente che non sapessero già.
«Allie...» sentii alle mie spalle.
Tirai un sospiro e mi asciugai le lacrime, prima di voltarmi verso di lui e sforzare un piccolo sorriso. Abbassai lo sguardo, per evitare un altro attacco di pianto una volta sotto i suoi occhi.
In silenzio, mi avvicinò a sè e mi appoggiò al suo petto. Poi aggiunse: «Quando ti ho detto di venire da me se avessi avuto bisogno d'aiuto, intendevo anche per piangere.»
Posai le mani sulla sua schiena e lo attirai a me ancora di più.
Mi strofinava la mano sulle scapole, per cercare di rassicurarmi. Adesso riflettevo su quanto mi facesse sentire bene la sua presenza, in quel momento.
«Hey» sussurrò con una nota di positività. «ti va di fare una passeggiata?»
Annuii, facendo un piccolo sorriso.
Mise una braccio sulla mia spalla e io mi appollaiai a lui. Camminammo per una trentina di metri, lungo un marciapiede, diretti al parco di fronte a noi.
Era tutto verde, pieno di alberi, altalene, scivoli; c'era anche un piccolo laghetto con le anatre.
Si sdraiò sull'erba e mi porse la mano, per invitarmi a sedere con lui. Lo feci, prendendo posto al suo fianco. Tenni lo sguardo fisso sul laghetto, aspettando che i miei occhi si calmassero.
«Come...» sussurrò. «Come mai questa reazione?»
Attesi un po' prima di rispondere, in modo da formulare bene la risposta. «Nessuno si è mai preoccupato per me in questo modo»
«Nemmeno tua sorella?»
«Gemma sa tutto quello che dovrebbe sapere ma è inutile parlarne con lei, anche lei ha sofferto per questo.»
«Non parlavo soltanto di tuo padre» mi spiegò. «Intendevo cosa provi tu»
Lo guardai, con le labbra che tremavano. «Io?»
«Si. Cosa ti fa sorridere e cosa no, ecco»
Tornai a guardare il laghetto. «La mia vita non è così interessante»
«Questo è quello che pensi tu.» mi fece notare. «Uno scrittore che tiene le sue idee chiuse in sè stesso, non potrà mai sapere quanto sono belle le sue qualità perché non è abbastanza in grado di valorizzare sè stesso. Se tu non tiri fuori ciò che ti piace, non potrai mai sapere se sono importanti o meno.»
Sorrisi al suo discorso. Poi mi decisi a parlare. «Sai, hai azzeccato utilizzando la metafora dello scrittore, perché è proprio quello che vorrei fare io»
Lui sorrise, notando che mi veniva più facile parlare, adesso.
«Il mio sogno è sempre stato scrivere ma mi sono sempre limitata a chiudere nel cassetto le mie storie.» confessai. «Tutto qui.»
Lui mi guardava, con un sorriso sulle labbra. «E cos'altro ti piace? Non mi riferisco solo ai tuoi progetti ma alle piccole cose»
Mi portai le ginocchia al petto. «Mi piace la natura: adoro guardare i paesaggi, sdraiarmi sul prato e rimanere in silenzio ad ascoltare i suoni.» Vidi che mi invitava a continuare con lo sguardo. «Amo la notte, la preferisco al giorno perché è il momento più pacifico, perché c'è il buio. E al buio le persone sono sè stesse, agiscono senza curarsi di essere giudicati. Amo la notte per guardare il cielo blu intenso tempestato di stelle e perché c'è sempre la luna a farmi compagnia. Se ne sta lì, immobile e luminosa, e sembra quasi ascoltarmi.» Feci una pausa, poi ripresi. «Un'altra cosa che adoro sono i libri: è come se mi capissero e mi aiutassero. Amo i libri perché mi trasportano in un mondo parallelo, dove non sento il bisogno di pensare alle cose che mi fanno stare male.»
Mi guardava ancora. «E poi? Cosa ti piace?»
«Oltre a mangiare e dormire? Disegnare - anche se non sono una professionista. Mi rilasso perché mi accompagno con la musica. Ecco, anche la musica è importante per me. Come i libri, mi libera dai pensieri negativi e mi fa sentire me stessa.»
«E qualcosa che odi?» mi chiese.
Ci pensai un po'. «Odio le persone che mettono in dubbio la mia personalità, che dubitano di me stessa. Una cosa che mi dà fastidio è la gente che non apprezza i miei sforzi. Mi capita spesso di consolare le persone e di non venir mai ricambiata. A volte è come se volessero che stessi ad ascoltarli ma poi non potessi permettermi di stare male. Cerco sempre di essere carina anche con quelli che hanno un carattere di merda ma il risultato è sempre peggiore.» spiegai. «Un'altra cosa che odio? Beh, sicuramente le persone che criticano i miei gusti, i miei hobbies.» poi mi fermai un attimo. «Si, beh, le cose che odio sono persone più che altro.»
Lui rise, poi tenne un sorriso. «E cos'altro odi?»
«Che non siano persone? Beh, la sabbia.» risi. «e il caldo. Odio anche i ragni e la chimica.»
Zayn annuiva e sorrideva ancora.
«Sono interessante come credevi?» gli chiesi.
«No, lo sei molto di più» mi rispose. «Non avevo mai sentito parlare di queste semplici cose da un punto di vista come il tuo. Ad esempio non mi ero mai reso conto di quanto bellissima fosse la notte per il suo silenzio, non avevo nemmeno pensato al tirare fuori sè stessi al buio. È davvero bello quello che hai detto.»
Sorrisi e abbassai lo sguardo sull'erba. «Grazie, Zayn» sussurrai. «Sai, tra le cose che amo ne ho dimenticata una»
«E quale sarebbe?»
«Una sensazione che non avevo mai provato prima... prima di stasera» spiegai. «trovare una persona - che avevo già incontrato tantissimi anni fa ma che non avevo mai guardato con gli stessi occhi di adesso - che è in grado di ascoltarmi e di mostrare interesse per me, che non finge di ascoltarmi ma lo fa davvero. Una persona che mi consola e che riesce a farmi sentire meglio»
Lui sorrise. «E che sarà sempre al tuo fianco.» aggiunse, mordendosi un'altra volta il labbro. Rimasi incantata un'altra volta.
Restammo in silenzio, ad ammirare le stelle. Ci sdraiammo per un po', poi mi scappò uno sbadiglio.
Lui mi venne vicino e mi accarezzò il viso; in risposta io, gli occhi chiusi, sorrisi debolmente, in preda al sonno.
Sentii all'orecchio la sua voce roca e dolce sussurrarmi: «Andiamo piccola, ti riporto a casa.»

Appartamento 161.Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu