Chapter 8 - So, kiss me.

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Chapter 8.



Dicembre 1993.







Era sera, il sole era calato da un po' e le luci tenui e fioche dei lampioni nel giardino si riflettevano contro la parete in vetro della mia stanza, creando un'atmosfera rilassante e affascinante.
Il cielo era stellato e mi trasmetteva sicurezza, forse causata da quell'insieme di puntini ammassati, i quali mi donavano stabilità e serenità.
Era come se mi sentissi protetta al di sotto di quel manto dalle sfumature blu, dove ogni persona prendeva parte alla propria vita, con la speranza di fare di essa una cosa meravigliosa.
Ero dinanzi allo specchio della mia camera da letto, ero intenta a tracciare una sottile linea di matita sotto ai miei occhi e numerosi pensieri mi affollavano la mente, senza incrociare una strada ben definita.
A Città Del Messico mi sentii bene grazie a Michael, era sempre di ottima e dolce compagnia e mi aiutava a mettere da parte i miei problemi, permettendomi di focalizzare l'attenzione soltanto su di lui.
Al contrario, quando tornai a Los Angeles, mi sentii continuamente invasa da un desiderio che non riuscii a decifrare, era una sensazione in crescita, aumentava di giorno in giorno e non accennava a diminuire.
Mi sentivo spesso insoddisfatta, come se mancasse qualcosa di fondamentale nella mia vita, un sentimento forte che mi spingesse a trovare lo spirito necessario per proseguire il mio percorso di giorno in giorno.
Alle persone succedeva frequentemente di possedere degli affetti e di desiderarne altri, come se la vita fosse un lungo viaggio alla ricerca disperata del piacere e delle persone capaci di procurarlo.
Abbandonai quel concetto e tornai a prepararmi, fingendo che andasse tutto bene, ma non era così.
Non nel mio cuore.
Cominciai a provarmi numerosi abiti, sperai non solo di abbandonare quella sensazione di malessere che mi attanagliava, ma anche di trovare un vestito adatto a me e che mi facesse sentire a mio agio.
Ne desideravo uno non troppo elegante, ma neanche eccessivamente informale, adatto ad una festa tra personaggi dello spettacolo e icone presenti in numerosi contesti.
Tenevo molto a quel party, fui invitata da Michael durante il mio soggiorno a Città Del Messico e non avrei mai potuto rifiutare una sua proposta, conoscendo anche la sua contentezza nell'avermi tra i partecipanti.
Era una festa organizzata per festeggiare il termine del "Dangerous World Tour", Michael volle come ospiti gran parte delle persone che conosceva e di conseguenza si trovò in dovere nei confronti di mio marito, il quale venne invitato insieme a me.
Non rimasi molto felice della scelta del mio amico, avrei preferito trascorrere una serata con lui e non con Danny, il quale mi avrebbe recato soltanto fastidio, come era solito fare da un po' di tempo.
Io ed egli non eravamo in buonissimi rapporti, ma ci saremmo impegnati per far sì che sembrassimo una bella coppia, come poteva sembrare dinanzi alle telecamere che ci raffiguravano in modo irreale.
Non potei di certo oppormi e, a tarda sera, ci ritrovammo entrambi seduti sui sedili della nostra auto scura, ognuno intento ad osservare il panorama scorrere davanti ai propri occhi.
Era attraente e incantevole la percezione del movimento spedito e conciso dello scenario circostante, il quale si accodava all'andamento della vettura che mi riparava dall'esterno, lasciandomi l'eventualità dell'immaginazione.
Mi lasciai trasportare dalla sensazione emotiva che si impadronì della mia persona e, in breve tempo, la mia mente venne colmata dal desiderio della presenza fisica di un uomo.
Un uomo diverso dagli altri che avevo conosciuto in precedenza, lui li batteva senza problemi e li manteneva distanti, come se il suo essere fosse eccedente al mondo confinante.
Accavallai le gambe con superficialità, per fortuna lì dentro regnava il buio e in quel modo riuscii a tenere le mie cosce nascoste, lasciando che il mio abito le scoprisse leggermente fin sopra al ginocchio.
Gli occhi mi si chiusero in segno di rilassamento, cullata dalla penombra e dal silenzio circostante, provai ad annullare le mie emozioni e i miei pensieri, abbandonandomi ad un leggero stato di dormiveglia.
Ad un tratto, una mano fredda e liscia si insinuò sotto la stoffa del mio vestito, sfiorandomi languidamente l'interno della coscia.
"Danny, no." – Dissi, afferrando la mano e allontanandola dalla mia gamba con noncuranza.
"Perché? Dai, lasciati andare." – Sussurrò, avvicinandosi al mio viso e coinvolgendo le mie labbra in un prepotente bacio, dal quale mi staccai subito dopo.
Non avevo le sue stesse intenzioni da settimane, non riuscivo più a lasciarmi toccare da lui, né provavo piacere ogni volta che le occasioni capitavano.
Provavo ancora dei sentimenti per lui, nonostante le dicerie dei giornali e le diverse azioni a mio sfavore da lui compiute, ma dal punto di vista fisico avevo un continuo rigetto nei confronti dei suoi tocchi e dei suoi baci.
Non riuscivo ad accettarli più e non li desideravo come prima.
Lo sentii sbuffare con vigore e sferrò un potente pugno contro il finestrino dell'auto, facendomi sussultare.
"Hai un altro? Lisa, guardami!" – Disse in tono fermo, obbligandomi a scontrare i miei occhi verdi con i suoi scuri e incupiti.
"Danny, calmati, per favore." – Sussurrai indifferente, mostrandogli la calma e la determinazione che provai in quell'istante.
Mi sentii come se avessi finalmente superato il timore della sua presenza, mi sentii appartenuta a qualcosa di diverso dal mio rapporto con quell'uomo che, fino a qualche mese prima, considerai mio marito.
Vivevamo nella stessa casa, ma erano un po' di mesi in cui non avevo fatto altro che ignorarlo, nonostante le sue scuse nei miei confronti e le possibilità di riaggiustare il nostro matrimonio furono tante.
La verità era che io non volevo gettare le mani su avvenimenti trascorsi, avevo deciso di lasciarmi il passato alle spalle, di richiuderlo definitivamente nel baule dei ricordi e di non portarlo in salvo.
"Rispondimi! C'è un altro?" – Continuò, spostandosi verso di me, come a voler strappare un ipotetico segreto nascosto tra le mie labbra.
"Non sono affari che ti riguardano. A quanto ne so, tu ne hai avute parecchie di donne, sbaglio?" – Mormorai, accavallando nuovamente le gambe e passandomi la lingua sulle labbra, sensualmente.
"Dimmi chi è!" – Urlò.
Non mi curai del suo comportamento, lanciai lo sguardo fuori dal finestrino e notai il maestoso cancello di Neverland divaricarsi, lasciando che l'insegna nei colori delle tonalità dell'oro comparisse ai miei occhi, incutendomi stupore e meraviglia.
Michael Jackson.
La scritta a caratteri piccoli e caratteristici sostava alla base di una corona bronzea e brillante, donando un'aria eccentrica e distinta all'ingresso della tenuta.
L'auto si fermò all'improvviso, per mia fortuna, impedendomi di rispondere al quesito al quale, per mio orgoglio, non avrei mai posto una risposta.
Danny avrebbe dovuto comprendere le mie decisioni e non insistere inutilmente, per me era un capitolo chiuso, un libro terminato e un ricordo sfumato.
Vivevamo insieme soltanto per mia decisione, ritenevo che i bambini fossero troppo piccoli per poter affrontare una separazione del genere e che avessero bisogno della figura paterna al loro fianco.
Era stata una mia scelta, ma tra me e lui non c'era più amore, nessun sentimento che andasse oltre il semplice affetto nei riguardi di un uomo con il quale avevo condiviso la gioia più grande della mia vita.
Fui libera dal matrimonio nel momento in cui Danny decise di fare a meno di me, usandomi soltanto per i suoi scopi finanziari ed economici e per farmi del male.
La mia vita privata non fu mai di suo interesse, avrebbe fatto a meno di me anche in quel periodo, ormai le donne non gli mancavano di certo e la mia presenza non sarebbe stata necessaria.
"Signora Presley, buonasera!" – Disse un robusto uomo di colore e in tenuta elegante, aprendomi la portiera con estrema cura e cortesia.
Salutai a mia volta e scesi dall'auto con nonchalance, dirigendomi a passo lento e cadenzato verso il giardino di Neverland, ovvero dell'immensa dimora Jackson.
Percorsi l'intero vialetto alberato che costeggiava un piccolo laghetto, Danny rimase al mio fianco durante il tragitto e, come me, rimase affascinato dall'elevata presenza di ricchezza e raffinatezza in quel luogo.
"Michael è un uomo straordinario." – Pensai, mentre mi facevo strada, assorta nei miei pensieri più intimi e segreti.
Ero convinta che egli fosse un uomo di buon gusto e di grande classe in tutti gli ambiti, non rimasi affatto delusa dal denudare una nuova essenza di lui, conoscendo la sua signorilità anche nelle piccole cose, come delle semplici decorazioni floreali depositate sui prati del ranch.
Attraversammo le varie giostre, la ruota panoramica e le numerose statue presenti prima di giungere sul luogo del ricevimento, dove trovammo diversi camerieri ad accoglierci.
Gli invitati erano numerosissimi, iniziando con i personaggi della musica e terminando con quelli del cinema, passando per i semplici bambini ed amici di Michael, i quali rendevano l'atmosfera più divertente e gioiosa.
"Abbiamo anche la principessa, qui! Che piacevole sorpresa!" – Disse una voce femminile alle mie spalle, facendomi voltare di scatto e lasciando che mi comparisse un sorriso sorpreso sul volto.
Una ragazza dalla carnagione scura, capelli castani e meravigliosamente ricci, proprio come suo fratello, dal quale ereditò dei lineamenti fini e il suo caldo ed innocente sorriso.
"Janet! Che piacere vederti!" – Dissi entusiasta, stringendola in un caloroso abbraccio.
Non mi diede neanche il tempo di respirare che mi afferrò per un braccio e mi trascinò altrove, portandomi lontana da occhi ed orecchie indiscrete.
Rimase qualche istante in silenzio, prima di rivolgermi la parola con un tono della voce estremamente basso e difficile da ascoltare.
"Lisa, stai dando una grandissima mano a Michael. Stai facendo molto per lui ed io, mia madre e la mia famiglia ci tenevamo a ringraziarti." – Parlò, lasciandosi sfuggire un sorriso smagliante e riconoscente.
"Non ho fatto niente, sto soltanto aiutando un amico. Lo faccio con il cuore, ci tengo veramente tanto." – Sussurrai accanto al suo orecchio, mordendomi debolmente il labbro e portandomi una mano sul petto.
Durante la nostra conversazione non ci accorgemmo dell'arrivo di Michael che si presentò con un leggero ritardo, scusandosi subito dopo con tutti i presenti e comunicando la sua motivazione, causata dal lavoro.
Quella sera, egli indossò dei pantaloni neri aderenti e una camicia dello stesso colore, completando l'abbigliamento con un'elegante giacca rossa con le sue iniziali ricamate sul taschino.
Lontano dalle aspettative, si mostrò alle persone con un look diverso dal solito, ovvero con i capelli estremamente lisci e più corti rispetto al precedente taglio.
Era incantevole, i suoi pantaloni mettevano in evidenza le sue gambe snelle e slanciate, donandogli un'area decisamente maestosa, degna di un re come lui.
Non ci salutammo immediatamente, lasciai che scambiasse convenevoli con il resto degli invitati e che riservasse a me un particolare trattamento, così come avrei fatto io con lui.
Potevamo definirci molto amici, avevamo persino dormito insieme nello stesso letto e un semplice saluto non sarebbe bastato a due persone che possedevano quel tipo di rapporto.
Avevo bisogno di trascorrere del tempo con lui, mi sarebbe bastata anche soltanto una manciata di minuti per osservare insieme le stelle e sentire la sua dolce voce rischiarare il mio animo.
Lui era la medicina della mia anima in subbuglio, ne ero convinta.
Ero molto nervosa quella sera, probabilmente per via di Danny che non fece altro che starmi dietro costantemente, facendomi mancare l'aria e il respiro.
Mi sentii, all'improvviso, carica di ansia e di stress che provai ad attutire bevendo alcolici e camminando in modo irrequieto da un lato all'altro di Neverland.
Mi ritrovai a mandare giù un Cosmopolitan dopo l'altro, attirando l'attenzione di mio marito e di numerosi uomini presenti alla festa, spacciandomi per una donna dalle caratteristiche mascoline.
"Non trovi che Michael sia in ottima forma, stasera?" – Mi chiese Danny, cercando di attirare la mia attenzione.
"Si, sta bene. Senti, vado a farmi un giro."
"Ti accompagno, Lisa." – Mi fulminò con le parole e si precipitò a varcare la soglia della mia solitudine, causata da egli stesso.
"No, voglio stare sola." – Dissi irritata, senza dargli la possibilità di controbattere.
Mi allontanai molto dal luogo del ricevimento, volevo distaccarmi un po' dalla folla, non mi andava di rimanere lì più di tanto e poi sapevo che non avrei resistito a lungo.
Mi sentivo a disagio e fuori luogo, come se aspettassi qualcosa di cui non ne conoscevo i tempi necessari alla realizzazione.
Dovevo anche ammettere che mi mancava Michael, mi mancavano i suoi modi gentili ed educati, mi mancavano le sue dolci parole e le attenzioni che mi dedicava, mi mancava tremendamente.
"Quanti altri bicchieri hai intenzione di mandare giù?" – Disse una voce calma e controllata alle mie spalle, facendomi voltare di scatto.
Quella voce l'avrei riconosciuta fra mille, era inconfondibile, di una tonalità ed una dolcezza come poche, capace di mandare in estasi qualsiasi tipo di donna.
Sentii il terreno mancarmi sotto ai piedi, trattenni il respiro per una manciata di istanti che mi sembrò interminabile, rimanendo con la bocca socchiusa dinanzi a lui.
Era proprio lì, vicino a me, come il più bello dei sogni.
Il suo corpo sinuoso e sensuale era fermo, come se fosse stabile nella sua posizione, come ad avere il timore di muoversi soltanto per emettere un breve rumore che avrebbe rovinato la nostra atmosfera.
La luce della luna piena, mischiandosi al tepore dei lampioni del parco, illuminò i suoi occhi profondi, permettendo al riflesso di farsi spazio tra i colori scuri di essi.
Era proprio bello, mi chiedevo come si potesse fare del male ad un uomo del genere, con delle pupille innocenti che parlavano per sé, confessando la vera essenza di Michael Jackson.
"Michael... come stai?" – Dissi sottovoce, avvicinandomi di più a lui, alla ricerca disperata di un contatto con il suo corpo.
"Come stai tu? Lisa, hai bevuto troppo." – Sussurrò al mio orecchio in tono preoccupato, tenendomi con forza per i polsi e impedendomi di barcollare.
"No, no, sto bene, davvero." – Intervenni, appoggiando le mie mani sui lembi della sua camicia.
Le sue labbra si schiusero, la sua mascella ben delineata e ricoperta da un velo di barba si irrigidì insieme ai suoi muscoli, lasciando intravedere una vena sul collo, simbolo del suo visibile nervosismo.
Gettai lo sguardo su di essa e venni travolta, come un treno in corsa, dalla voglia irrefrenabile di baciarla, di poterla percepire a contatto contro le mie labbra, avvertendo la pelle liscia che la ricopriva.
Non sapevo cosa mi passasse per la testa, ero tentata dal cercare perdutamente un'aderenza al suo corpo, ero come rapita da lui e dal suo fascino maschile capace di farmi impazzire.
"Facciamo una passeggiata?" – Disse, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mordendosi timidamente il labbro.
"Certo, Sua Maestà." – Mormorai scherzosamente, allungando la mia mano nella sua direzione per far sì che la stringesse nella sua.
La afferrò con delicatezza e la avvolse in entrambe le mani; le nostre dita si intrecciarono perfettamente, cominciando a toccarsi senza fretta, in modo languido e soave allo stesso tempo, alternando i movimenti come se avessimo atteso quell'istante da una vita intera.
Mi accarezzò fino a risalire con i suoi polpastrelli sul mio braccio, trattenni a fatica il respiro e lo guardai confusa; non riuscivo a capire cosa gli fosse preso e cosa stesse facendo, mi stava soltanto annebbiando la mente e inebriando i miei sensi.
I nostri occhi si incrociarono nuovamente, lo vidi arrossire e notai l'imbarazzo nel suo volto, le sue guance diventarono rosse all'improvviso e si staccò da me.
Avrei voluto che quei secondi non finissero mai, avrei voluto che mi facesse conoscere il suo modo di trascinare una donna ai suoi piedi e portandola, a poco a poco, nel suo cuore.
Aveva uno sguardo umiliato e avvilito ed io, d'altra parte, provai a mascherare la situazione confusa ed enigmatica nella quale piombammo, lasciandogli scherzosamente un piccolo pizzico sul braccio ricoperto dalla stoffa della giacca.
"Ti va un gelato?" – Chiesi, mostrando un sorriso sincero e spontaneo.
Mi sembrò, ad un tratto, più timido e vergognoso nei miei confronti, quasi come se avesse commesso qualcosa di estremamente sbagliato e temesse una mia reazione negativa.
"Si, certo. Entriamo dentro, però, qui fa un po' freddo." – Balbettò, rivolgendomi uno sguardo che non riuscii a decifrare e che sembrò celare della malinconia.
Lo presi per mano e insieme ci incamminammo verso l'entrata secondaria della residenza principale di Neverland, conosciuta anche comunemente come la sua villa o la sua elegante e lussuosa abitazione.
Mi aprì la porta e mi fece strada verso la cucina, mentre mi perdevo con lo sguardo tra i numerosi oggetti antichi e apparentemente costosissimi depositati sui mobili, sui tavoli e, più comunemente, sugli scaffali.
Mi sedetti su una poltrona in pelle accostata nella zona soggiorno, decorava l'ambiente ed, essendo moderna, spezzava la continuità dell'arredamento che la circondava.
"Cioccolato, panna, fragola o pistacchio?" – Urlò Michael dalla cucina, provando a farsi udire da me nonostante la distanza che ci separava.
"Cioccolato!" - Dissi a mia volta, alzandomi dalla poltrona e stirandomi il vestito sulle gambe, raggiungendolo nella cucina.
Lo trovai a smanettare con bicchieri e cucchiaini di ogni tipo, mentre si muoveva sinuosamente da una parte all'altra alla ricerca di qualcosa che non riuscii a capire.
"Questo è tuo." – Sussurrò, allungando il suo braccio nella mia direzione e porgendomi una coppa colma di gustoso gelato.
Con un saltello mi accomodai sul tavolo in marmo scuro alle mie spalle, Michael mi seguì a sua volta e cominciò a sfiorare il gelato con il cucchiaino, lasciando che il ticchettio dell'argento riecheggiasse tra quelle mura.
Era di cattivo umore, non assaporò niente e lasciò che il suo gusto si sciogliesse nel bicchiere.
"Cosa c'è che non va?" – Chiesi, portando la mia testa sulla sua spalla per poter respirare il suo dolce profumo, senza che se ne accorgesse.
Avvicinai la mia mano alla sua gamba e la toccai timidamente, morivo dalla voglia di farlo per far sì che sentisse la mia presenza al suo fianco, perché io ero lì per lui e per regalargli un sorriso.
Scesi dal tavolo con agilità e mi posai davanti alla sua figura, mi guardò con la bocca semiaperta e gli occhi fissi costantemente nei miei, sembrava volesse dirmi qualcosa, ma allo stesso tempo non riusciva a trovare le parole per farlo.
Eravamo soli, i suoi dipendenti e le sue guardie del corpo erano impegnate ad occuparsi delle persone presenti alla festa, nella quale avremmo dovuto prendere parte anche noi, invece di starcene in disparte.
La sua mano calda e morbida si poggiò sulla mia guancia e la carezzava con estrema lentezza, voleva sentire il mio tepore sulla sua pelle ed ogni suo tocco diventava sempre più intenso, tanto che chiusi gli occhi e cominciai a sospirare a fatica.
Aveva un effetto magico su di me, mi trascinava in balia della sua sensualità e mi lasciava senza parole ogni volta che si trovava ad una distanza ravvicinata.
Il suo respiro divenne affannoso, eravamo così vicini che il suo fiato caldo mi sfiorava i lineamenti del viso e accendeva in me molteplici emozioni che non riuscii mai a provare in tutta la mia vita.
Mi prese il viso con entrambe le mani e mi scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, a quel punto persi la parte razionale di me e avvicinai le mie labbra alle sue, azzerando la distanza che ci separava.
Sentivo il calore della sua bocca sulla mia, finalmente riuscivo a sentirne il sapore, quello che avevo tanto ambito e desiderato era a pochi millimetri da me.
Il mio collo, ad un tratto, venne attraversato da delle calde lacrime provenienti dagli occhi di Michael, i quali brillavano di una forte emozione e lasciavano scorrere il dolore che fino a quel momento provò.
"Lisa..." – Sussurrò con la voce roca, staccandosi a fatica dalle mie labbra e stringendomi in un abbraccio caldo, nel quale mi sentii al sicuro e protetta.
Volevo sentirmi amata da quell'uomo che avevo baciato poco prima, ne sentivo il desiderio fin dal primo momento in cui capii che era quello che avevo sempre cercato.
Il mio vuoto poteva essere colmato soltanto da lui.
Dischiusi le labbra e le portai nuovamente sulle sue, sentii il suo essere indifeso e fragile, riuscii a conoscere ogni minima parte della sua anima con un semplice bacio.
La sua lingua scivolò lenta nella mia bocca, desiderandola con piccoli tocchi, lasciandosi andare al vortice della passione che stava cominciando a risucchiarci e al quale non avremmo resistito.
Mi attirò maggiormente a sé e avvertii le sue forti braccia sorreggermi, l'emozione mi travolse con un brivido di piacere che giunse in ogni parte del mio corpo.
Appoggiai le mie mani ai suoi fianchi per mantenere un contatto intenso con lui, mentre con un braccio egli mi accarezzava la schiena, risalendo fino alla parte alta del mio collo, dove mi richiamò a sé.
Giocò con i miei capelli lisci e folti ed emise un gemito di piacere quando spinsi lievemente il mio corpo contro il suo, facendogli aderire la schiena al tavolo sul quale era seduto.
Quel bacio durò un'eternità, mi sembrò infinito e fu come se tutto fosse scomparso, lasciandoci soli e liberi di dare spazio alla nostra passione e al rumore incessante dei nostri cuori.
Desideravo quell'uomo come non avevo mai fatto con nessuno, sentivo che fosse quello giusto, l'unico capace di cambiare la mia vita e di dare ad essa una svolta.
"Scusami... io non..." – Balbettò, provando a giustificarsi su quello che era appena successo.
Non avevo intenzione di ascoltarlo, non volevo che si sentisse sbagliato, perché quella era una parola non adatta a descrivere la situazione.
Quel bacio fu tutto, tranne che sbagliato.
Lo zittii poggiando due dita sulle sue labbra umide e ancora arrossite dalla pressione dei nostri baci e sorrisi, lasciandomi sfuggire una calda lacrima colma di amore che Michael si precipitò ad accogliere sulla sua bocca.
"Non dire niente, ti prego. Baciami soltanto." – Dissi, passando una mano tra i suoi capelli morbidi per attirarlo di più a me.
Il silenzio di quella stanza venne interrotto dai nostri sospiri e dal rumore delle nostre labbra che si toccavano con avidità, vogliose e desiderose di possedersi, come presto ne avrebbero sentito il bisogno anche i nostri corpi.
Mi abbracciò e mi permise di poggiare la testa sul suo petto ansimante; eravamo entrambi emozionati ed io in preda ad un pianto emotivo, il quale si fermò quando mi abbandonai totalmente a lui e alla passione delle sue carezze.





To be continued...


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