Capitolo XVII (R)

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«Pensavo l'avessimo già risolta questa questione» gli ricordai. Feci per andarmene, prima che riuscissi a muovermi mi tagliò la strada. Era intenzionato a finire quel discorso, con o senza la mia approvazione.

«Anche io lo credevo, ma visto come ti comporti penso che bisognerà riaffrontarla».

«Perché ti dai così tanto da fare per stare dietro ad una che non vede oltre se stessa?»

Ero sull'orlo di una crisi e lui non mi stava aiutando. Se ero davvero così insopportabile ed egoista, poteva semplicemente lasciarmi stare. Cosa che forse avrebbe dovuto fare subito dopo essere scesi dal pullmino.

«Probabilmente è perché sono un idiota!» sbottò.

«Bene, visto che lo sai...» Provai nuovamente ad andarmene, con un movimento rapido mi spinse nuovamente all'angolo. Non ci mise neppure un briciolo di forza bruta.

«Sì, sono un idiota a cui piacciono le sfide. In più mi sei simpatica, non posso farci niente. Questa per me è una combinazione perfetta, quindi non ho intenzione di lasciarti in pace fino a quando non mi dirai, anche solo per una volta, cosa diamine ti passa per la testa. Voglio solo esserti amico, è così difficile da capire?» pronunciò l'ultima frase come una supplica.

Rimasi a bocca aperta, letteralmente. Non sapevo cosa dire, proprio non capivo perché si fosse avvinghiato a me in quel modo e non volesse lasciarmi andare. Essere considerata solo una sfida mi infastidiva, però, aveva anche detto che gli ero simpatica e sentirlo, per un attimo, mi aveva fatto piacere. Le relazioni con le persone, qualunque esse fossero, erano complicate, per questo preferivo evitarle. William, però, mi mandava in confusione con la sua spontaneità e semplicità. Non era la prima volta che diceva di volermi essere amico. Ma cos'era un amico? Lo avevo dimenticato. L'unico che consideravo tale era morto tanti anni fa, tornato in vita solo per torturarmi.

«Sì, per me è difficile da capire» ribattei. Una nodo alla gola si stava formando, bruciava e mi rendeva debole. Era difficile da tener sotto controllo, ma ci provai comunque. «Questa è l'Elezione, qui i concorrenti non trovano amici ma nemici».

«Io non la penso così» mi contraddisse con convinzione. «Proprio perché si tratta dell'Elezione, perché siamo costretti a svolgere le prove, che avere un amico è fondamentale. Qui viviamo tutti alle stesso modo, possiamo capirci a vicenda. Possiamo confortarci».

«E come si fa ad avere degli amici se poi durate le prove devi...»

La pressione del nodo fu troppa da sopportare. Odiavo piangere davanti a qualcuno, soprattutto quando con quella persona ci stavo litigando. Quando iniziavo, difficilmente riuscivo a smettere.

«Non sei stata l'unica ad aver affrontato la prova: anche io l'ho passata. Sai chi c'era nella mia stanza? Alcuni miei amici finiti nel Quarto Gruppo. Li ho ingannati e storditi con una miscela chimica e credimi, non dormirei la notte senza le scosse».

«Non... Non lo sapevo» dissi solo. In un certo senso mi sollevò sapere di non essere stata l'unica ad essersi infangata le mani. Probabilmente, tutti se le erano sporcate quel giorno.

«Certo, non te l'ho detto. Non ho voluto, in realtà» precisò. «Stavi passando un brutto periodo a causa di Paterson e non volevo stressarti ancora di più. Sai, non sono affatto bravo quando c'è da rassicurare qualcuno. Riesco solo ad essere divertente e questo a molti dà fastidio».

Pensai a tutte le volte che, con insistenza, mi aveva fatta ridere. Tutte quelle battute, le ore passate a dire cose irrilevanti, fin quasi a seccarsi la bocca, erano servite solo a distrarmi? Ero certa che parlasse solo per il gusto di farlo, invece... Mi asciugai le lacrime, prima che pensasse di avermi fatta commuovere.

Election [I libro, Rose Evolution Saga]Where stories live. Discover now