Capitolo 16✔

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Domenica 25 gennaio,
Ore 11:00 am

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Adoro i raggi solari di tarda mattina che riscaldano, battendo sulle finestre e sul piumone.

Mi rigiro ancora una volta nel letto, cercando di prendere sonno nuovamente, ma è tutto inutile, il mio cervello ha iniziato a lavorare al suo solito ritmo frenetico.

Alzo gli occhi verso il soffitto portando le mani dietro la testa e rimango così per un po', a pensare a qualcosa senza sapere cosa. Come se il cervello stesse formulando pensieri e non li stessi ascoltando, come quando una persona noiosa parla di qualcosa di altrettanto noioso e ti rifugi nel tuo corpo, nei tuoi pensieri.

Sposto velocemente le coperte dal mio corpo e mi decido ad alzarmi, oggi è finalmente domenica e spero mia madre non debba lavorare, è parecchio che non trascorriamo una giornata solo noi due.

Faccio una smorfia dolorosa al rendermi conto che ora passeremo molto più tempo insieme, poiché Headley non c'è.

Scendo lenta le scale e raggiungo la cucina, in cui trovo mia madre intenta a preparare non si sa cosa.

«Buongiorno ma'!» le vado vicino e le scocco un bacio sulla guancia, si volta di scatto verso di me spalancando gli occhi per il mio gesto, in risposta alzo semplicemente le spalle e mi siedo su di uno sgabello.

«Buongiorno tesoro. Hai sentito Owen?» mi sorride gentile e ancora sorpresa.

Mi irrigidisco e sembra notarlo, poiché si pulisce le mani con lo strofinaccio e mi si avvicina poggiandomi esitante una mano sulla spalla.

«No, non l'ho sentito. Perché?» dico un po' acida.

Calmati Everthy, non puoi reagire così al solo pronunciare il suo nome, mi dico alzando mentalmente gli occhi al cielo.

«Ieri ti ha accompagnata a casa, il minimo che potresti fare sarebbe invitarlo qui per pranzo. Che ne dici?» il suo sguardo si ammorbidisce alla mia reazione allibita.

«Dico di no. Nessuno gli ha chiesto di fare il supereroe venendo a salvare la donzella in difficoltà, sarei ritornata a casa a breve. E poi, tu cosa ne sai?» dico punta sul vivo, ormai sono partita e nessuno mi fermerà, sono un treno in corsa.

«Ieri sera è venuto qui per cercarti, visto che non gli rispondevi. Ha trovato me, e gli ho chiesto di cercarti.»

«Non avresti decisamente dovuto farlo, mamma!»

«Perché sembra che lo detesti?»

«Perché è così mamma, lo detesto. E ora per favore, non parliamone più.»

«Lo detesti perché ti fa sentire bene e ti manca ogni secondo o perché ti ha effettivamente fatto qualcosa, Everthy?» dice, cercando il mio sguardo - che le nego, mentre provo a recuperare aria e non soffocarmi con l'acqua che sto sorseggiando avida.

«Entrambe.» sospiro, continuando «senti, non so perché tu ora affidi a lui il compito di sapere dove sia tua figlia, apprezzo quello che ha fatto riportandomi a casa, ma nessuno lo ha costretto quindi non vedo perché dovremmo sdebitarci invitandolo a pranzo.» dico, prendendo fiato solo alla fine.

«Se lo apprezzassi, andresti di sopra, lo inviteresti qui e inizieresti a farti ancora più bella per lui.» dice, facendo un sorrisetto sghembo.

Sbuffo irritata, a volte mia madre sa proprio essere esasperante, Headley ha ereditato questa caratteristica da lei.

«E va bene mamma, facciamo questa cosa. Invitiamo il dannato Owen che sembra piacerti tanto a pranzo, poi la smetterai di torturarmi con questa cosa?»

«Forse.» sorride «è un così caro ragazzo, tesoro.» continua a dire, con aria soddisfatta.

«Sì, come dici tu mamma. Ora vado a farmi bella per lui e a invitarlo qui. Contenta?» alzo gli occhi al cielo, sorridendo falsa.
«Più che contenta!»

Mi avvio su per le scale, arrovellandomi per cercare un modo di sembrare il meno ridicola possibile a scrivergli dopo ieri.

Mi tuffo sul letto, afferrando il telefono e leggendo i messaggi, almeno i più importanti. Ce n'è uno di Faith, lo apro per leggerlo.

Ehi Everthy, stai bene? Tua madre ha chiamato a casa per sapere dove fossi. Fatti sentire, aspetto con ansia.

Mi affretto a digitare la risposta:

Fay sì, tutto bene. Mi dispiace mia madre abbia disturbato, la solita.

Alzo gli occhi al cielo di nuovo, che palle.

Mi faccio coraggio e apro la chat con Owen digitando un messaggio:

Ciao
Mia madre vorrebbe tu venissi a pranzare qui per ringraziarti per ieri sera, se non è un problema.

Ricevo immediatamente la risposta:

Lo vuole solo tua madre?
A che ora posso venire?

Ho un tuffo al cuore al leggere il primo messaggio.
Oh Owen, sì che lo voglio anche io, ma tu mi hai ferita.
Scendo velocemente le scale e trovo mia madre già intenta a cucinare.

«Mamma, a che ora può venire?» il profumo di carne arrostita mi invade le narici
«Che stai preparando?»

«Penso che per le 13:00 vada bene. Carne arrostita e insalata tesoro, credi vada bene?» dice con una punta di ansia.
Beh, tra le due sembra lei quella più ansiosa.
«Sì mamma, vado a prepararmi. Scendo tra un po' per aiutarti.»

Scrivo il messaggio di risposta a Owen e mi fiondo in bagno. Apro l'acqua della doccia e saltello da un piede all'altro mentre aspetto si riscaldi.

Dopo essermi fatta lo shampoo e la doccia, ho i capelli umidi avvolti in un' asciugamano sulla testa e una montagna di vestiti sul letto. Scelgo un jeans a vita alta strettissimo, un maglioncino nero da infilarci dentro e Converse bianche. Asciugo i capelli lasciandoli lisci sulla schiena e aggiungo un po' di colore ai miei occhi, con una linea di eyeliner e mascara e un burrocacao per le labbra screpolate. Poso la montagna di vestiti nell'armadio alla rinfusa e mi riordino la stanza alla meglio maniera.

12:30

Manca mezz'ora e mi sento soffocare dall'ansia, letteralmente. Ho una morsa allo stomaco impossibile da ignorare e la mia coscienza mai come ora è così silenziosa e senza parole, il cervello è in panne e incapace di articolare qualcosa che abbia un senso, mi sento gli arti molli e potrei cadere da un momento all'altro su me stessa come una pera cotta.

Prendo un profondo respiro rimproverandomi per la mia debolezza, cercando qualsiasi cosa a cui aggrapparmi dentro di me, un briciolo di buon senso o di forza, ma nulla. Regna un fastidioso silenzio, inappropriato.
Alle 13:00, preciso come un orologio svizzero, suona il campanello.

Spalanco gli occhi allarmata e mia madre mi si avvicina.

«Stai tranquilla Everthy, dai. Vuoi che vada ad aprire io?»

Nego con la testa e mi dirigo a passo svelto verso la porta, guardandomi con la coda dell'occhio nello specchio a figura intera.

Apro piano la porta, sperando di ritardare il momento ancora un po' ma ciò non accade poiché mi ritrovo la sua figura torreggiante incombere su di me, rischiando di compromettere la mia sanità mentale.

Il mio sorriso non è che un granello di sabbia rispetto a quello che mi rivolge lui, sembra abbia dimenticato la scenata della sera prima e forse, quando il suo sguardo si incatena al mio, l'ho fatto anche io.

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Eccomi con un altro capitolo, spero vi piaccia. Voglio ringraziare chiunque abbia contribuito alle quasi 2000 visualizzazioni e i 282 voti, so che per alcuni sono pochi ma per me no quindi grazie di cuore, davvero.

Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate quindi vi prego di commentare e votare.☆

Alla prossima
-Nene

Ps. Vi ricordo che sto scrivendo una nuova storia! Vi invito a leggerla❤

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