***Capitolo 3: Sguardi

12.8K 497 54
                                    

Per tutta la settimana avevo continuato ad andare alla stazione ferroviaria, ma non c'era stato nessun cambiamento.

Lui rimaneva lì fermo, in silenzio e irraggiungibile, vicino ma allo stesso tempo così lontano, il volto sempre celato nell'ombra.

Ero frustrata. Sentivo il desiderio smodato, irrazionale e insensato di dare un volto a quel misterioso ragazzo. Non sapevo il motivo per cui continuavo ad andare ai binari, ma c'era qualcosa in quel luogo, in quel ragazzo, che mi attraeva. Forse era la mia ossessione per ciò che era misterioso ed ignoto, o forse era qualcos'altro. Eppure lui non mi guardava mai, non cercava di fare conversazione, niente di niente ed io, da parte mia, ero bloccata. Non avevo il coraggio di parlare per prima.

Ed era così da una settimana esatta.

Il vento si intrufolò tra i capelli già troppo mossi e io mi strinsi nella felpa, incamminandomi verso la scuola. Camminavo tanto, da ogni parte della città. Usare una bici o comprare un'auto sarebbero state scelte molto più comode, ma non avevo ancora la patente e camminare era l'unica attività fisica che facevo e mi aiutava a sbrogliare i pensieri.

Oggi era il giorno della consegna al professor Mason del tema sull'influenza della luna sugli uomini. Mi era piaciuto scriverlo ed ero segretamente soddisfatta di come fosse venuto.

Il professore entrò e posizionò la sua valigetta nera sulla cattedra, per poi sedersi e invitarci a fare altrettanto.

"Bene, ragazzi. Oggi era la scadenza per la consegna dei temi. Hanna, potresti raccogliermeli, per favore? Grazie, molto gentile", disse, rivolto ad una ragazza che da anni cercava di occupare il primo banco della fila centrale di tutte le aule.
"Oggi parleremo di come si è evoluta la concezione dell'amore nel corso della storia. Qualcuno di voi sa dirmi cosa sia l'amore?"

Un ragazzo alzò la mano e il professore gli diede parola.

"Un'epica cavolata", affermò sicuro di sé, suscitando le risatine da parte dei suoi amici. Alzai gli occhi al cielo.

"Grazie per il suo intervento, signor Parker, vediamo di farle cambiare idea. Altri pareri? Vi siete mai innamorati?"

Alcuni annuirono. Io rimasi immobile: non lo ero mai stata. Il professore camminò lentamente per la classe. Poi parlò.

"Voi siete giovani, e ancora inesperti sull'amore, forse. Siete convinti di amare veramente i vostri rispettivi fidanzati o fidanzate, se li avete, ma ne siete così sicuri? Ne siete assolutamente certi? Magari potreste incontrare un'altra persona il mese prossimo e innamorarvi di quest'ultima dimenticando la prima. E allora tutte quelle promesse che avevate fatto, tutti quei ti amo, dove vanno a finire?", chiese animatamente.

Una ragazza alzò la mano, timidamente.

"Mi scusi, ma lei quindi sta dicendo che se si lascia una persona e ci si mette con un'altra allora il primo non era amore vero?"

Il professore sorrise.

"No, non sto dicendo questo, Julia. Il primo poteva essere amore vero, così come il secondo. Non esiste una sola persona che voi possiate amare veramente. Il problema, il nocciolo della questione, è capire quando si ama veramente, è rendersi conto quanto il sentimento che si prova sia profondo, genuino, sentito. Come si fa a distinguere un'infatuazione dal vero amore? È difficile ma allo stesso tempo sorprendentemente semplice, anche se spesso le due cose vengono confuse. Facciamo un esempio. Io non posso innamorarmi di una ragazza che vedo per strada, o con cui ho parlato solo tre volte nella mia vita. È assolutamente impossibile. Certo, questa può aver suscitato il mio interesse, ma tutto qui. Poi subentra la seconda fase detta infatuazione, quando comincio ad uscire con questa ragazza e a passarci le ore insieme, a parlare, a ridere. Capisco che lei mi piace davvero. L'amore, il vero amore, è l'ultimo passo, l'ultimo tassello del puzzle, l'ultimo scalino. Si dice ti amo a una persona quando è davvero così. E come si fa a capirlo?"

Ricordati quandoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora