Capitolo 6:

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Iniziai a sudare freddo, Nick. Avevo ucciso Nick. Il suo ragazzo.

Iniziai a fare respiri profondi, non lo avrei sopportato, avevo fatto del male ad Harry, lo conoscevo da poco, ma ero sicuro che quello lo avrebbe fatto
crollare lentamente; "Harry.", sussurrai con voce rotta mentre delle lacrime, che non riuscii a fermare, lasciarono i miei occhi.

"Nick ti p-prego non te ne andare.", mugugnò nel sonno stringendomi la vita con le braccia, quella era un'altra pugnalata al cuore, che forse faceva più male della altre, mi asciugai le lacrime prima che arrivassero sulla sua testa, sentii aumentare la sua presa mentre iniziò a piangere. Stava sognando, o meglio, stava avendo un incubo. La cosa più triste era che quell'incubo fosse tremendamente vero. Ed era colpa mia se tutto quello stava succedendo. Perché quella notte non ero rimasto a casa? Perché quella notte l'avevo ucciso? Perché non riesco a dimenticarmi il male che avevo commesso ad Harry? Eppure era così semplice per i criminali nelle serie tv, era come se a loro non importasse niente del male commesso, invece io non riuscivo a pensare ad altro.

Vedevo la preoccupazione di Niall quando succedeva qualsiasi cosa, vedevo la tristezza di Harry, lo vedevo nei suoi occhi, anche se non lo dava a vedere; sentivo dentro di me un tremendo peso, e quello non sarei mai riuscito a buttare giù.

Mi alzai di scatto facendo svegliare Harry, scesi rapidamente dal divano entrando in cucina.

Iniziai a fare respiri profondi, portai una mano al cuore sentendolo battere come non mai, le lacrime continuarono a scendere dando segni di non voler vedere. Tutto quel dolore stava ritornando.

Senza prendere il giubbotto uscii velocemente di casa, il freddo invernale mi investì come un tir in piena corsa, in poco tempo fece seccare le mie lacrime mentre altre presero il loro posto; piansi tutte quelle lacrime con la speranza che dopo sarebbe passato tutto.

"Louis?", chiese una voce troppo familiare, "Lasciami in pace Harry.", ribattei asciugandomi le lacrime, mi strinsi le spalle per cercare di riscaldarmi; sentii un tessuto caldo sulle spalle così mi girai per guardare cosa fosse: il suo giubbotto.

"Non ho bisogno della tua pietà.", dissi freddo, non potevamo essere amici, non potevo legarmi in un qualche modo a lui, avrebbe reso questa storia un incubo, ancora di più di quanto non lo fosse già.

"Non è pietà.", rispose sedendosi sulla neve vicino a me, alzai lo sguardo guardando i suoi occhi gonfi e leggermente rossi, "Perché hai pianto?", chiesi tirando su con il naso, "Un brutto sogno, ma non me lo ricordo.", mentì.

Come poteva anche solo dimenticarselo? Era la pure realtà. La realtà che faceva più male.

"Tu perché stai così?", chiese appoggiando una mano sulla mia gamba, mi allontanai immediatamente e lui si irrigidì abbassando lo sguardo subito dopo.

"S-Scusa.", si scusò mortificato, "Probabilmente sarai omofobo e ti faccio schifo.", aggiunse alzandosi e tornando dentro prima che potessi aprire la bocca. Che poi, era meglio così. Un buon motivo per cui non si sarebbe più dovuto avvicinare a me, in modo da non soffrire ancora.

Entrai anche io, per quanto fosse un'idea geniale quella, non ce l'avrei fatta. Forse era perché volevo soffrire almeno quanto stava soffrendo lui, o forse semplicemente perché mi piaceva farmi del male.

"Harry.", sussurrai entrando in cucina dove lo trovai a mangiare un biscotto tra le lacrime, "Non sono omofobo, e non mi fai schifo. È solo che, non sto bene tutto qui.", sussurrai sedendomi vicino a lui nascondendo la testa tra le braccia; "Cosa c'è che non va?", chiese soffiandosi il naso.

"Tutto, vale come risposta?"

"Beh allora siamo in due, non riesco a trovare un lato positivo in tutto quello che faccio."

La mia metà oscura ||Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora