7. Don't ask question, you don't wanna know

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Nel sorpassarlo, sposto delle carte sul mobilio di legno, facendole cadere sul pavimento. Mi affretto quindi a raccoglierle, ma quando le poso sul piano una carta con una grana diversa dalle altre attira la mia attenzione.

Bingo.

Sposto tutto quello che la ricopre in un angolo, spazzando gli oggetti con l'avambraccio, illuminando quindi la planimetria con la torcia del cellulare.

È grossa e plastificata, da un lato c'è l'intera planimetria del piano, dall'altro quello della stanza. Lascio perdere la parte sinistra, concentrandomi sulla biblioteca.La porta è ben evidente, così come i corridoi di emergenza e gli estintori posti ad ogni angolo, ma di una seconda uscita non c'è traccia.

Merda, merda, merda.

Non passerò la notte qua dentro, con la costante ansia che possa accadere qualcosa.

Potrei sempre chiamare Olive e chiederle di venirmi ad aprire, ma sono abbastanza sicura che sarebbe una chiamata a vuoto perché tiene sempre il telefono silenzioso. E poi ha il sonno molto pesante, non sentirebbe nemmeno la vibrazione.

E se dovesse rispondere, non vorrei cacciarla nei guai. Guai di cui anch'io non su nulla. Guai che, magari, nemmeno esistono, ma da cui l'istinto mi dice di scappare.

No, devo uscire da qui dentro con le mie sole forze.

Alzo gli occhi al soffitto, alla ricerca di un condotto d'areazione, magari, o altro. Noto una grata a qualche metro da me, quindi mi affretto a prendere una sedia e arrampicarmici sopra, così da arrivare al soffitto. A stento lo sfioro con le punta delle dita. Nemmeno riesco ad aprire la grata, non riuscirei mai a entrarci. E chissà poi quanto sarà grosso o dove mi porterebbe. Potrei non passarci nemmeno e perdermi.

Ho dovuto strisciare in un condotto del genere quando avevo sedici anni. Ero a scuola dopo gli allenamenti di pallavolo e mi avevano sfidato a farlo. O meglio, Crystal, mi aveva sfidata. Non avevo saputo dire di no.

Mi ritrovai ore dopo dall'altra parte della scuola, sporca, affaticata e spaventata. Lei se n'era già andata, lasciandomi lì da sola a riprendermi dallo shock.

Avrei dovuto cogliere quel campanello d'allarme già all'epoca, prima che si scatenasse l'inferno.

«Cazzo!» Mi prendo i cappelli tra le mani, mordendomi le labbra in modo quasi disperato.

E se rimanessi qui e mi trovasse qualcuno? E se mi espellessero e finissi nei guai?

No, rimanere qui dentro non è un'opzione. Ma come posso uscire?

Sono sul punto di gettare la spugna, arrendendomi al fatto che questa notte la passerò vigile e nascosta in un angolo per assicurarmi che non accada nulla di male. È possibile che mi stia inventando tutto e che il cervello mi stia giocando brutti scherzi.

Magari mi sono lasciata condizionare da quello che è capitato martedì notte e dagli avvertimenti lascivi di uno sconosciuto delirante.

Sicuramente stavo scappando da una guardia assunta per tenere in sicurezza l'edificio. Mi avrebbe fatto una ramanzina e mi avrebbe rispedita nella mia stanza, nulla di più. O forse, mi avrebbero espulsa per aver ficcanasato a quell'ora della notte senza sorveglianza alcuna.

A mente fresca, ripensando alle paure di quel momento, è stata un'esagerazione supporre l'espulsione, avrei potuto tranquillamente contestarla dicendo che nessuno ha mai specificato fosse vietato gironzolare di notte, ma più penso a quelle raccomandazioni, più le trovo ridicole e senza senso.

Eppure, so che l'istinto non sbaglia mai, e se potesse rendere visibili le sue intenzioni al momento sarebbe illuminato come un albero di Natale il venticinque di Dicembre.

Cast Gold. Follow the rules.Where stories live. Discover now