Zoe - Interludio II - 1/2

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È sera e non piove più. Tokyo è una galassia di luci artificiali.

«Non credo di aver mangiato un ramen così buono in vita mia» ammetto con una punta di rimorso.

Sul tuo volto compare un sorriso pacato mentre mi cammini accanto. C'è una pace profonda qui nel quartiere di Odaiba, in questa passeggiata dopo cena.

«Ma dai, Takumi è famoso in questa zona, ne avrai sentito parlare».

Scuoto la testa decisa. La frangia che ho tagliato poco prima di partire adesso è più lunga e mi solletica il volto. Mi tocco i capelli, li porto dietro l'orecchio e quando torno a guardarti capisco che mi stai osservando in silenzio.

«Non sono brava con il giapponese, lo sai».

«Hai sprecato tutte le tue energie mentali con quelle inutili pietre, avresti potuto imparare una nuova lingua in effetti» replichi serio in volto, per renderti ancora più buffo.

Rido di gusto, una sensazione di calore mi avvolge il petto. Vorrei che non finisse mai, che il residence in cui tra poco torneremo fosse dall'altra parte della città per poter camminare con te tutta la notte.

«Se restassi qui più a lungo, anche dopo il Mineral Show, forse lo imparerei davvero» mormoro.

Tu sollevi gli occhi sulla cascata di luci che compongono il Rainbow Bridge. Guardo i diversi colori al neon alternarsi sui lineamenti distesi del tuo volto.

«Potresti, è vero».

Questa risposta così enigmatica accende la mia curiosità.

«Potresti insegnarmelo tu, dopotutto sai parlarlo molto bene».

Abbiamo raggiunto il ponte ormai, sento l'umidità del mare avvolgerci. Dall'altra riva la facciata buia del residence è illuminata solo da un paio di finestre da cui fuoriesce una luce fioca. A quest'ora della notte e a novembre le temperature raggiungono lo zero molto velocemente. Il vento freddo sembra trafiggermi il volto con mille lame affilate.

«Zoe, tu sei fatta per la microbiologia».

Il tono con cui mi parli si colora di qualcosa di triste, che non sono in grado di afferrare.

«Certo e infatti la studierei qui» affermo risoluta.

Tu scuoti la testa, anche se il volto non tradisce alcuna emozione ora.

«Sei così giovane, non precluderti niente».

«Non lo sto facendo» cerco di contraddirlo, ma ho come l'impressione di essermi tradita da sola.

«Vivere qui non è facile come potrebbe sembrare» mi dici dopo diversi minuti di silenzio che abbiamo impiegato per attraversare il ponte.

A quest'ora le strade sono più tranquille e il vento trasporta il rumore delle ruote di un tram in lontananza.

«Tornerai mai in Scozia?» ti chiedo quando i nostri passi iniziano a rimbombare lungo le scale esterne del residence.

Nella mia testa è partito un patetico conto alla rovescia; ogni gradino che percorriamo è un secondo in meno con te e non lo posso sopportare. Sarà la solitudine a rendermi così fragile e quasi non ho più nemmeno le forze di nasconderlo ma parlare con te mi rimette al mondo. Mi fa sentire viva.

Tu emetti un lungo sospiro, ci pensi bene prima di rispondermi. Lo sguardo vaga un po'. Siamo già al primo piano, meno due rampe di scale e poi dovremo salutarci.

«La città da cui vengo non mi ha mai fatto sentire a casa».

Scovo una punta di rimorso nelle tue parole. Forse non è proprio così come dici ma non c'è altro modo di spiegarlo meglio. Entrambi rallentiamo il passo.

Light Academy - L'accademia di luceWhere stories live. Discover now