Alina - Primi passi nervosi - 2/2

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L'odore di legno bagnato dalla pioggia campeggia come una nuvola che mi avvolge nel momento in cui raggiungo il portico che circonda la vecchia stazione di polizia di Ladby. La bacheca all'ingresso è ricoperta degli stessi volantini che Mark ha fatto stampare ieri sera. Mi impongo di non guardare la foto; la mia mente mi ha torturato abbastanza durante la notte, con il volto di Nina fisso davanti gli occhi nonostante mi sia impegnata a chiuderli su altri pensieri. Il problema vero è che non penso a nient'altro, nemmeno i dettagli sono in grado di distrarmi ormai. L'ansia ha travolto tutto, permeando ogni cellula.

Sono passate più di ventiquattr'ore dalla scomparsa e io ho guardato troppi programmi true crime per ignorare la regola più importante: più passa il tempo e più la possibilità di ritrovarla viva si riducono drasticamente.

Nemmeno Zoe ha chiuso occhio. Mark obbedisce al tacito compito di procurarle del caffè in grado di tenerla sveglia almeno ogni due ore. L'ultima tazza è stata comprata al volo al distributore di benzina prima di venire qui.

All'ingresso troviamo Iris Welsh. Oggi sembra aver sostituito il collega al banco accettazione e non essere per nulla contenta di ciò. La donna solleva un sopracciglio mentre è ancora intenta a scrivere qualcosa al computer.

«Salve signora Harper, accomodatevi pure nel mio ufficio, arrivo» ci informa la donna.

È davvero difficile captare le sue parole attraverso il baccano che le dita creano sulla vecchia tastiera. Ha di sicuro modi ancora più impetuosi del vecchio Anderson.

Camminiamo verso il corridoio ma un fragore blocca i nostri passi: la porta di un ufficio viene spalancata. Una chioma di boccoli rossi si fionda all'esterno. È Evie Moss. Indossa la divisa verde della Grand Chilton e sulle spalle ha un lungo mantello marrone che ha chiuso sul petto con una spilla dorata. Il tacco degli stivaletti in cuoio rimbomba nell'antro dell'ingresso.

«Evie» la chiamo fissandola imbambolata.

La ragazza non si accorge nemmeno della mia presenza, né di quella di Zoe e Mark dietro di me. A testa bassa corre verso l'uscita.

«Fermati, maledizione».

Dalla stessa direzione viene fuori Julian Moss. Sento il mio respiro farsi più irregolare mentre cerco di placare i battiti del cuore impazziti. Due sere fa ero stretta a lui, uno dei ragazzi più affascinanti che io abbia mai conosciuto. Danzare con lui è stato surreale.

Se ripenso alla prima ora del festival la mia mente ripercorre un sogno difficile da dimenticare. Era tutto perfetto, come l'ho sempre immaginato. Poi però la realtà ha reclamato il suo premio e ha decisamente stravinto.

«Scusami, devo allontanarmi un attimo e occuparmi di una cosa».

Se chiudessi gli occhi potrei sentire ancora la sua voce monocorde sussurrarmi questa promessa con le mani strette attorno alla mia vita.

Solo un attimo Julian, me l'avevi promesso.

Peccato che siete spariti in due, tu e Nina, e che da quel momento in poi le cose sono precipitate.

«Julian?»

È la voce stridula di Zoe a bloccare i suoi passi. Il ragazzo spalanca gli occhi, anch'essi contornati da due profonde occhiaie. Addormentarsi non è stato facile nemmeno per lui.

«Zoe».

Il sussurro sembra morirgli in gola. Sposta gli occhi nocciola e iniettati di sangue su di me e aggrotta le folte sopracciglia bionde. Il risultato del calcolo mentale forse non è quello sperato: io infatti sono ancora qui e non me ne andrò così facilmente.

Dall'ufficio fa capolino l'agente Anderson.

«Iris, dove sono gli altri studenti?» tuona.

La poliziotta alza gli occhi al cielo.

Light Academy - L'accademia di luceWhere stories live. Discover now