9 Capitolo Chris

3 2 0
                                    

Aspettando la sera per attaccare a lavoro avevo un intero pomeriggio da poter passare come mi pareva. Così iniziai a fare fuori la cena che mi preparò Zoe prima del previsto, e quando finì mi presi la briga di attaccare la musica per caricarmi un po’, ed anche per smaltire tutto quel cibo che in quel momento mi diedero una carica eccellente. Misi su i Nirvana con il loro favoloso pezzo “Smells like teen spitit” e il volume della musica era tutto ciò che si sentiva tra le mura di casa mia. Mi spogliai dei miei indumenti restando con solo i box e iniziai a fare le flessioni nel piccolo salotto. Era sempre così quando Zoe mi preparava i suoi pranzetti. Li mangiavo con gusto ma poi ci riflettevo su e mi sentivo in colpa. Chiunque sa che modello più carboidrati non vanno d’accordo, ma in mia difesa posso dire che avevo preso il fisico asciutto di mia madre.

Continuai per un paio di ore ad allenarmi, fin quando la noia prese il sopravvento. Mi feci una doccia veloce e mi infilai un paio di jeans con una t-shirt, e mi misi una bandana nera sulla testa. Presi il casco dove lo avevo lasciato poco prima. Mi avviai con molto anticipo al Bar, che poi era anche un Pub, sapendo che Matth avrebbe apprezzato staccare prima.

Appena arrivai vidi che non eravamo pochi in sala, anzi tutt’altro. Non c’era un posto vacante, e quello era un male come un bene. La parte positiva sarebbero state sicuramente le mance e quella negativa tornare a casa distrutto.

Mi avvicinai al bancone e appena in tempo, un tizio lasciò lo sgabello. Ne approfittai per mettermi comodo e salutai Zoe e Matth, e Ed che era alla cassa.

«Ciao banda di sfigati», mi annunciai con molta enfasi. Ricevetti però un piccolo accenno dai miei colleghi.

«Come mai già qui, non hai nessun premio da sgranocchiare?» mi prese in giro Ed, siccome ero in anticipo di molto, e solitamente ne avrei approfittato per starmene a letto con qualche bella ragazza che si prendesse lei cura di me, ma ero troppo giù di morale. La lite con Simon, il provino compromesso, aveva reso quelle giornate troppo amare, e non me la sentivo di stare a casa ad affogare le mie delusioni in chili di gelato come avrebbe fatto qualsiasi femminuccia.

«No a dire il vero, mi annoiavo.» Risposi al mio amico, sfilandomi la giacca di pelle per il troppo calore in sala. Il pub di Ed non era qualcosa di elegante e raffinato, era solo un locale con aspetti rustici che dava un senso confortevole. Lui lo aveva tirato su dal nulla, anche se pensavo che avesse fatto qualche affare con qualche bell’imbusto del quartiere. Anche se chi avesse dato un’occhiata a Ed avrebbe detto che fosse senz’altro un nerd schiaccia brufoli.

Lui aveva qualche anno più di me, una tartaruga al contrario, e dei capelli tirati indietro, troppo spesso con un cerchietto, e questo gli comprometteva il suo rapporto con le donne.

«Come stiamo messi questa sera?» dissi a Matth che stava lavando dei boccali. Mi guardai intorno notando che era un’altra serata di quei strani giochi da cervelloni come piacevano a Louis, che appunto non era lì, sicuramente era chiuso in casa a pensare come conquistare Nelly.

«Male molto, male. Se mettiamo che al grande capo è venuta la brillante idea di mettere su la serata nerd proprio in questi giorni. E in più abbiamo un addio al nubilato. Sarà un disastro, ma io sono un fottuto bastardo perché per mia fortuna tra poco stacco.» Era vero, quella sera Matth era fortunato, sapevamo che gli addii al nubilato era uguale a pulire vomito, tanto vomito e io ero troppo schizzinoso per quello.

«Non cantare ancora vittoria, potrei decidere di lasciarvi nella merda», lo presi in giro, ma sapevo che non potevo più fuggire dato che Ed mi aveva visto, eppure al tempo stesso pensai che rimanere non sarebbe stato così male, perché non molto lontano dai tavoli apparecchiati dai ragazzoni con troppi brufoli sulla faccia e un paio di occhiali che incorniciavano il disastro che erano, notai lei, la rossa che mi avrebbe fatto dimenticare che lavorare quella sera sarebbe stato peggio di non essere stato preso al provino.

«Ma forse no! Qui c’è carne fresca. Quindi non sarà così male come pensavo», gli risposi mentre i miei occhi camminavano lenti, troppo lenti per studiare i dettagli della ragazza che aveva catturato la mia attenzione. Un fisico sodo, minuta, e le giuste forme evidenziare.

«Chris non sei qui per rimorchiare, ma per lavorare questa sera.» Mi ricordò, ma lo sapevo benissimo, ma ciò non mi proibiva di avere un seguito subito dopo.

«Be’ chi dice che non si possono fare entrambe le cose contemporaneamente? E poi devo rimorchiare ora che ho i mezzi giusti, non posso aspettare il momento il cui la calvizia mi colpirà, oppure i miei denti andranno a farsi benedire. Quindi lascia che questi addominali facciano il lavoro per cui sono stati messi su.» Sorrisi sbilenco, notando l’espressione sradicata di Zoe.

«Come ti pare.» Mi liquidò, sapendo che non lo avrei considerato. Facevo sempre tutto ciò che mi passava per la testa, e in quel momento passavano delle deliziose labbra dipinte di rosso, e l’immagine di dove sarebbero state postate a fine serata, mi diede la giusta carica.

«Che ne dici se nel frattempo mi porti una bella birra, barista con la lingua lunga?», mi riferì a Zoe, che mi aveva ignorato per tutto il tempo, ma capì il mio antifona.

«Preparatela da solo. Il tuo tono sdolcinato non funziona con me.» Disse indispettita. Sapevo perché, era solo contraria che mischiassi lavoro e piacere, perché odiava che dopo le mie vittime venissero al bar a chiedere di me, e lei era la mia àncora di salvezza ogni volta, dicendo di essere la mia ragazza. Però ammetto che non tutte se la bevevano come pensavo, e questo voleva dire che non attiravo solo gallinelle con un cervello da criceto.

«Ehi per altri trenta minuti sarò un cliente come tutti gli altri. Poi passerò a servire la calca prima del previsto, non mi serve essere dolce con te.» La informai, facendo un occhiolino a Matth che mi sorrise entusiasta dall’altro lato. Zoe non poté ribattere, perché avevo ragione.

«Ecco a te, idiota. Però non temere il vezzeggiativo è gratuito!» Proferì con un finto sorriso.

«Bene perché non avrei pagato un centesimo in più per una barista così maleducata.» La presi in giro, ma evidentemente non era dello stesso umore di quando aveva lasciato il mio appartamento.

Intanto mi sbilanciai un po’ di più dalla mia postazione dando uno sguardo al gruppo di ragazze che se la spassava nell’altra sala addicente. Scherzavano sul fatto che ora la sposa avesse visto un solo uccello per il resto della sua vita, quindi se lo avrebbe dovuto tenere per bene. Ognuna faceva una battuta in proposito, però non lei, non la ragazza che aveva attirato la mia attenzione. Era l’unica del gruppo che sorseggiava una bottiglina di acqua di tanto in tanto, mentre il resto del tavolo era coperto da Margarita, Sex on the beach o Tequila. Questo poteva dire tanto di lei, e le uniche idee che mi vennero in mente erano: o che era una secchiona sfigata, ma questo era poco credibile. Oppure che era la responsabile che avrebbe fatto arrivare quel gruppo di ragazze sane e salve nei loro letti quella sera.

Meet in the middleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora