8 Capitolo Chris

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«Zoe, sei tu?» urlai entrando in casa e sniffando l'odore di sugo al pomodoro che vi era all’interno.
«No, la fata turchina.» Rispose di rimando lei. Sfilai le scarpe classiche e andai a tuffarmi sul divano in soggiorno. Quella doveva essere una di quelle brutte giornate, dato da com’era iniziata, non sperai che finisse meglio. Zoe era la mia migliore amica, ci conosciamo dai tempi dell'asilo, averla in giro per casa quando non ci fossi non mi era insolito. Lei era come una sorella, fastidiosa e affettuosa. Ha sempre sostenuto le mie scelte, al contrario di mio padre che non gli andava tanto a genio che io facessi il modello, pur se in quel caso era part-time. Perché in questo mondo niente è effettivo. Di sera lavoravo al bar di Ed il mio migliore amico, che gestiva un bar in proprio a St. Wolt. Una zona non molto raccomandabile del posto, anche se lì nel Bronx non lo è nessuna zona, ma ci abitavo da tempo ormai e mi ero abituato, quindi non mi facevo influenzare dalle cose che si dicevano in giro. Alla fine non era così male, se si faceva attenzione alle amicizie che si facevano. Ero del parere che se vuoi la pace devi immischiarti poco negli affari degli altri. Tornando a Zoe, lei di tanto in tanto passava da casa per prepararmi qualcosa da mettere sotto i denti, dato che sosteneva che senza i suoi adorati pranzetti ogni tanto, io sarei stato tutto pelle ossa.
«Allora, com'è andata?» mi chiese appollaiandosi accanto a me come una cucciola infreddolita, le avevo mandato un messaggio dicendo che avrei fatto un alto provino, sperando che non fosse come quello del giorno prima, cioè compromesso.
«Credo abbastanza bene. Come al solito; hanno detto che mi faranno sapere.» Mentì sull’andamento della giornata. Non avevo voglia di sentire altre ramanzine, per quello mi bastava Simon, che continuava a tartassarmi di chiamate, da quando il giorno prima avevo lasciato il provino Italiano.
«Coraggio. Gli ultimi li hai passati con successo. Poi non è detto, può darsi che la tua faccia da culo li spaventi.» Sicuramente il mio viso diceva più di quanto raccontassi a parole, e lei era brava in quello, portarmi a cambiare discorso per cambiarmi l’umore. «Te l’ho mai detto che sei una spina nel fianco?» Rise, prendendo la mia camicia di pile dal divano e ficcandosela addosso.
«Credo di sì. Come potrei dimenticare il giorno in cui ho dovuto sopportare la vista del tuo culo e la puzza della tua cacca nel bagno dell’asilo. Dio, non lo dimenticherò mai.» La sua mano si abbatté sulla fronte al solo ricordo, mentre io scoppiai in una risata di pancia.
«Non ero io quello spaventato dal bidello. E poi invece di ringraziarmi che ti ho dato l’onore di accompagnarmi al bagno solo perché avevi paura di quel tizio, per il solo motivo che aveva delle scope in giro con lui.» Mi tirò un cuscino, e mi centro a pieno il viso.
«Stai zitto, idiota. Per il semplice fatto che non hai avuto un trauma infantile come il mio, chiusa in uno sgabuzzino delle scope per sette ore al buio, non sapendo che bastava girare la maniglia per uscire, non fa di me una spina nel fianco. In mia difesa posso dire che ero troppo piccola, e ingenua.»
«Fortuna che lo sai.» Le risposi sardonico, mentre si stava infilando gli stivali.
«Ti ho preparato la cena. La pasta è nel microonde. Io ora vado, Matth tra poco stacca al bar. E tu vedi di non tardare, altrimenti questa volta Ed ti taglia le palle.» Zoe lavorava anche lei al bar di Ed. Per fortuna dopo aver terminato tutte le scuole insieme, le nostre strade non si sono volute divide. Giusto per questo quando una sera aveva visto Ed mettere il cartello che cercava personale, si propose per passare un po’ del suo tempo al bar, anche se non aveva bisogno di soldi. La sua famiglia stava bene economicamente, e non voleva nemmeno che frequentasse un posto come il Bronx, ma lei aveva espresso perfettamente il suo pensiero dicendogli che era la sua vita e voleva fare quello che la vita gli avrebbe spinto a fare. Mi alzai correndo subito verso l'odore invitante, tralasciando che stava per andare via.
«Dì a Ed che non rompe. Non attacco prima di mezzanotte.» Mentre era intenta a infilarsi il cappotto, portandosi via l’ennesima camicia, si avviò alla porta dicendomi: «Un giorno di questo riceverai una lavata di capo degna di lui. Allora non sarò dalla tua parte. A dopo.» Odiavo quando le donne erano così rompicoglioni, non sto dicendo che odiavo Zoe, mi infastidiva solo il suo comportamento da mammina, anche se dovevo ammettere che oltre a mio padre, lei era l’unica a impartirmi degli ordini, e al tempo stesso mi aiutava per rimettermi in carreggiata senza che piangessi sul latte versato.

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