2 Capitolo Chris

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TIC. La sveglia scattò sul comodino e la radio si accese automaticamente, trasmettendo la canzone di Shawn Mendes "Treat You Better", alle nove in punto del mattino.

Cazzo, era troppo presto ed io avevo ancora sonno, per non parlare del fatto che dovevo far togliere le tende alla ragazza che scaldava il mio letto, farla restare anche a dormire era stata l'eccezione alla regola, ma l'effetto magico era finito.

Il corpo caldo di Mila mi affiancava nel letto, nudo, avvolto nel lenzuolo di cotone rosso per metà busto. I capelli biondi con qualche ciocca verde erano sparsi sul cuscino. Eravamo un contrasto di colori in quel letto sfatto. Latte e cioccolato.

Mi ripetevo sempre di non riportarmela a letto, ma con lei ci cascavo sempre quando la incontravo in qualche locale malandato del Bronx, soprattutto quando qualche bella ragazza si tirava indietro all'ultimo minuto. Pensai che le volessi bene dopo tutti quegli anni, e mi assaliva un certo senso di protezione.

Sì, continuavo a ripetermelo, anche se sapevo che non era così, ma forse mi sarei convinto da solo.

Il punto era che, ogni volta che attraversavo la porta di casa mia, non era più la protezione verso di lei a parlare ma più un'altra parte del corpo. E comunque non sto dicendo che era la mia ragazza fissa, perché a me non piaceva quel genere di donna, almeno non più da quando... da quando sono cresciuto e ho iniziato a capire come gira il mondo, soprattutto per le persone di colore.

Le donne sono troppo appiccicose, troppo minacciose quando si pensano che tu sia loro, no non era il caso di avere una storia che durasse poco più di una notte o qualche ora. Mila era solo un'avventura ripetuta troppe volte, ma sarebbe arrivato il giorno che le avrei dato il due di picche, o chissà lo avrebbe dato lei a me.

Iniziò a svegliarsi e lentamente si impadronì del letto e del mio petto scolpito, com'era già previsto, sì come ho già detto prima, come se già pensasse che fossi di sua proprietà.

«Buongiorno ragazzaccio» mormorò con voce suadente e calda, facendo le fusa come una gattina. Gli occhi da panda, mettevano in risalto il colore chiaro dei suoi occhi, e davano sempre un certo effetto, ma dovevo chiuderla o mi sarei ritrovato intrappolato da qualche capriccio di troppo.

«'Giorno bellezza» dissi compiaciuto. Le diedi un bacio tra i capelli annodati dalla notte prima e mi sfilai via dal letto.

«Già devo andare?» gracchiò, mettendo su il suo solito broncio quando non era d'accordo, conosceva bene le regole di casa mia.

«Si tesoro, te l'ho detto ieri sera. Tra poco ho un provino, niente di che, ma è importante per il mio curriculum se voglio arrivare dove voglio».

Sfacciatamente si voltò a pancia in giù, mostrandomi spudoratamente quanto era brava a provocare, ma aveva dimenticato che io ero più bravo di lei a quel gioco.

Mi infilai la maglietta, ignorando il fatto che puzzavo ancora di fumo e sesso.

Mi avvicinai velocemente e le morsicai una natica.

«Chris!» urlò divertita, con un'espressione gioviale sul viso.

«Cosa? Se non ne vuoi altri, sarà meglio per te e il tuo culetto uscire fuori da casa mia!» Ignorai le sue proteste, e infilai dandogli la schiena, i jeans scuri. La storia del provino era tutta una falsa, glielo avevo affibbiato la notte prima per avere una scusa l'indomani, e pareva che avessi fatto un ottimo lavoro. Mi avviai al bagno per darmi una rinfrescata al viso e intanto sentì Mila mormorare qualcosa del tipo "Solito stronzo arrogante", e con riluttanza racchetava le sue cose. Eppure, la cosa sconvolgente era che qualsiasi donna che veniva a letto con me sapeva a cosa andasse incontro, nonostante ciò continuavano a venirci, perché non ne potevano far a meno. Quelle che mi conoscevano, tipo Mila, avevano sempre saputo che non avevo bisogno di storie, non né avevo il tempo di occuparmi della donna che poteva essere della mia vita, al momento non ne avevo tempo nemmeno per la mia di vita. Ero andato via di casa per non seguire le regole rigide dei miei genitori, e sentirmi dire le solite cose: "Hai trovato un lavoro, Chris?", oppure la solita frase da genitori: "Questa casa non è un albergo".

Così a vent'anni avevo deciso di farmi una vita tutta mia, un appartamento da gestire, lavorare in un bar, essere un modello part time per l'agenzia del mio amico Simon, che io reputavo più un fratello, tutto per diventare qualcuno, e uscire dal buco del culo da cui ero nato e residevo. Sì, esatto, aspiravo a diventare qualcuno, perché l'affermazione che aggirava dalle mie parti "Se nasci povero, muori povero", per me non contava.

E poi amavo avere i miei spazi, seppur in un buco marcio del Bronx.

La porta di casa sbatté e sapevo che finalmente Mila era andata via. Non volevo sembrare il saputello della situazione barra bastardo, solo se non fossi stato così, mi sarei già ritrovato con un anello al dito. Tra l'altro era solita quella sceneggiata dopo una notte burrascosa insieme, giusto per questo mi lasciava dei post-it sul frigo con la solita scritta: "Ci vediamo stasera?".

Per non sbagliarmi, passai dalla cucina per prendere il cellulare e sorrisi, trovando ciò che già avevo predetto.

Le donne sono esseri così prevedibili. 

Meet in the middleWhere stories live. Discover now