Una storia

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:-quelle sono le mie calze?-:

:-perché mai dovrei rubarmi i tuoi calzini Fred!?-:

:-perché sono più belli dei tuoi-:

:-sì, è probabile...ma sono comunque migliore di te a giocare a quidditch-:

:-attento a non sfidarmi Potter!-:

James sorrise al suono di quel nome, un sorriso leggero e allegro che da tempo non alleggiava sul suo viso. Si voltò ad osservare Fred Weasley, suo cugino, e rise divertito dal suo sguardo accattivato. La loro camera era stata messa a soqquadro dal disordine, i letti disfatti ospitavano pergamene consunte, libri di Pozioni e incantesimi, cravatte colorate, sciarponi di lana e divise di quidditch, le scope erano state impilate in bilico su una sedia traballante assieme alle loro bacchette, il pavimento era il covo di parecchi calzini spaiati, tra i quali Pierce trovava conforto e divertimento sfilacciando la lana colorata, mentre il sole caldo di giugno illuminava la loro camera disordinata. La finestra aperta gettava all'interno nella stanza dolci colori diffondendo con calore la frescura dell'estate che stava incominciando; il cielo azzurro rifletteva il suo colore sul lago Nero, che poi così nero non era, e i prati verdeggianti spiccavano di fiori profumati assieme alle chiome degli alberi mosse dal vento.

Era l'ora della partenza da Hogwarts e James e Fred stavano sistemando i loro bagagli prima di lasciare il vecchio polveroso castello e ritornare a casa. Erano passati nove mesi da quando aveva messo piedi ad Hogwarts per incominciare quel turbolento e caotico anno scolastico, ed ora eccolo lì, con una nuova vita, un nuovo nome, una nuova casa. Erano successe così tante cose in quei nove mesi che James, chiudendo gli occhi e ripercorrendo ogni centimetro di vita passata, poteva quasi tornare ad assaporare ogni momento che sotto al suo sguardo passava; gli sembrava soltanto un ricordo lontano e sbiadito, tante cose che l'avevano scosso, resto felice, rattristato, l'avevano aiutato a crescere, a cambiare: aveva iniziato l'anno essendo Ludovic Alexander Lestrange, un ragazzo cinico, chiuso e solo, ora era James Sirius Potter, un ragazzo allegro, solare e amato.

Era così passato febbraio e marzo e aprile e maggio, tra lezioni, allenamenti, partite di quidditch, feste nella Stanza delle Necessità, chiacchiere attorno al camino acceso, che avevano portato il tempo al frscoa giugno, con l'estate alle porte e la mente più libera. La squadra di Grifondoro aveva vinto la Coppa delle Case quell'anno, battendo 150 a 0 la squadra dei Tassofrasso e accendendo il campo di urla di gioia e colorando gli spalti di rosso e oro.
I Grifoni avevano organizzato una festa per festeggiare la vittoria appena ottenuta, James ricordava l'euforia che aveva acceso la Sala Comune quella notte, i calici sollevati al cielo, gli inni cantanti attorno al camino, la musica dolce e il suo nome cantato all'infinito sugli spalti del campo, seguito da un boato di applausi e di grida gioiose.
Ricordava come si era sentito, ricordava di essere stato felice.

Il resto dell'anno era passato nella solita pacata tranquillità che il vecchio castello poteva offrire, nel torpore delle dolci cene in Sala Grande, nella calma delle sere d'estate che si rinfrescavano, nel silenzio della biblioteca, e il ragazzo aveva incominciato a vivere la sua nuova vita.

Il grande ritorno di James Sirius Potter aveva fatto scalpore sulla 'Gazzetta del Profeta' tanto quanto si era dimostrata sorpresa la McGranitt nello scoprirlo. La notizia si era sparsa in fretta e pian piano i corridoi di Hogwarts si erano affollati di studenti incuriositi, occhiate indiscrete e sguardi intromettenti; non erano di certo mancate le domande che più e più volte la gente si era proposta di fare al ragazzo, nell'assillarlo con veri e propri discorsi gli studenti di Hogwarts avevano impegnato quelle corte giornate d'estate in quei quatto mesi, ma al ragazzo non importava.

Il suo rientro in famiglia era stato così caloroso che per giorni e giorni interi i suoi cugini non avevano fatto altro che ronzargli attorno commossi e allegri. Fred era quello che l'aveva presa meglio: dopo lo scontro con Bellatrix, era entrato in camera, dove James si era rintanato per trovare un po' di pace, e aveva urlato con un sorriso da ebete sul volto :-TU SEI MIO CUGINO!-:
E i restanti quattro mesi in sua compagnia sono tutta un'altra storia!

Harry Potter e le 𝓾𝓻𝓵𝓪 del 𝓭𝓮𝓼𝓽𝓲𝓷𝓸Where stories live. Discover now