I. Non voltarti mai indietro

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Quella sera le stelle brillavano più intensamente del resto delle notti.
Talvolta sembravano ammiccare, come se, oltre la loro brillantezza, ci fossero entità pensanti che volessero dire qualcosa ai mortali che vivevano sotto di loro.
Solo che restavano sempre silenziose e lontane.
Audrey era un'ombra tra le ombre del cimitero, dove la lapide migliore era adornata da una piccola colomba posta in cima alla pietra, come un eterno visitatore.
Il mantello si allargava intorno a lei ad ogni passo fatto mentre camminava sul terriccio, il cappuccio calato sul viso.
La rosa bianca che aveva in mano era nascosta nelle pieghe del mantello, come se volesse proteggerla dalla cupezza del posto.
O forse dai fantasmi che si aggiravano nel cimitero.
Un guizzo argentato si mostrò alla sua destra, ma Audrey lo ignorò.
C'era qualcosa nei fantasmi di quel cimitero che le dava i brividi, che le faceva venire la pelle d'oca.
Di solito i fantasmi la ignoravano come lei ignorava loro, solo alcuni si sentivano così intraprendenti o nostalgici da cercare di parlarle, ma Audrey fingeva di non vederli.
Il problema si poneva quando loro si accorgevano che lei poteva vederli.
Camminò ancora per un po', finchè non arrivò alla sua meta.
La tomba di sua madre non era di certo quella tenuta meglio, ma nemmeno quella tenuta peggio.
C'era il principio di una crepa sulla parte più alta e Audrey la sfiorò con le dita.
"Ciao, mamma" disse.
La sua voce echeggiò nel silenzio del cimitero o forse si era trattato del vento.
Con l'altra mano posò la rosa bianca sulla terra davanti alla fredda pietra, accovacciandosi.
Esitò un istante, come in contemplazione, poi alzò le mani e si tirò giù il cappuccio, lasciando che i lunghi capelli castano dorati le ricadessero sulle spalle.
"Solo per te" aggiunse "perchè hai sempre detto che il colore dei nostri capelli è lo stesso"
Audrey posò ancora la mano sulla pietra, come se potesse accarezzare anche sua madre, così facendo.
Avrebbe tanto voluto farlo.
"Oggi le stelle sono più luminose del solito, sai?" continuò "Forse ti stanno salutando. Forse sanno quanto ti piacesse rimanere ad osservarle"
Era una cosa che aveva passato alla figlia, in realtà.
Non c'era notte che passasse senza che Audrey non sgattaiolasse sul tetto della locanda dove alloggiava e rimanesse seduta sulle scivolose tegole ad osservare le stelle.
Ricordava che, una volta, sua madre le aveva detto che, quando le persone muoiono, diventano stelle.
"O forse sei tu, mamma" disse lei, alzando lo sguardo dello stesso azzurro del cielo immediatamente prima della scesa della notte "sei tu che stai salutando me"
Tornò a guardare la pietra che recava solo un semplice nome inciso malamente.
Myra.
Non aveva mai visto il fantasma di sua madre, nemmeno una volta.
Razionalmente sapeva fosse una cosa positiva, perchè voleva dire fosse andata avanti, non avesse avuto conti in sospeso nel mondo dei vivi.
A volte, però, Audrey pensava... pensava a come fosse possibile che una donna che moriva lasciando orfana la figlia di nove anni potesse non avere conti in sospeso.
Non le importava di ciò che sarebbe successo alla sua bambina?
Audrey ricordava che per anni era stata arrabbiata con sua madre, poi, un giorno, la rabbia era sparita.
Non sapeva precisamente cosa l'avesse sostituita, se il dolore o la rassegnazione – forse entrambi – e non sapeva se fosse un bene.
Ma ormai erano passati tanti anni.
"Mi mancherà venire qui, quando me ne andrò" disse dopo un po', il suo fiato una nuvoletta di fumo che si creava davanti a lei "ma sappiamo tutte e due che qui non c'è niente per me. Non c'è mai stato"
Era contenta che sua madre non fosse stata lì per vederla negli ultimi anni.
Sprazzi di labbra che si avvicinavano alle sue, possessive, lascive.
Sprazzi di mani diverse che l'afferravano dove lei non avrebbe voluto, ma che doveva accettare per sopravvivere.
Sprazzi di notti passate in completa solitudine, il vento e il freddo che si abbatteva su di lei e la faceva tremare.
Sprazzi di orologi sfilati dalle tasche dei borghesi, di collane strappate da lunghi colli femminili per poi correre via.
Un guizzo argentato catturò lo sguardo di Audrey che girò il viso.
Era un fantasma, una figura minuta che girava tra le tombe e a volte saltellava.
Audrey si chiese se quella bambina sapesse di essere morta e si chiese se lei stessa da piccola avesse avuto quell'innocenza, prima che gliela strappassero via.
"Hayley ha escogitato un piano per farci andare via di qui" continuò, tornando a guardare il nome della madre "è ambizioso, ma, dopotutto, cos'abbiamo da perdere? Potrebbe essere la svolta della nostra vita"
O la nostra condanna, pensò.
Il piano che Hayley aveva era il piano più ambizioso che Audrey avesse mai sentito: voleva introdursi nel castello, la casa della famiglia Layfour, e rubare i gioielli della corona.
Perchè, se loro ce l'avessero fatta, allora avrebbero ottenuto un passaggio verso il continente, fuori da quell'isola, perchè Hayley conosceva un pirata che avrebbe fatto al caso loro.
E allora avrebbero iniziato una nuova vita.
Hayley e Audrey non erano amiche, perchè in una città come Kellenmark non si poteva essere amici di nessuno, men che meno fidarsi.
Ma nel corso degli anni loro due avevano iniziato a guardarsi le spalle l'un l'altra, ad aiutarsi per sopravvivere.
In una città come Kellenmark non si poteva vivere, ma solo sopravvivere e anche quest'ultima cosa avveniva per le persone particolarmente fortunate o scaltre.
"Voglio avere una vita migliore" concluse alla fine, percorrendo con le dita le lettere che componevano il nome di Myra "la merito. Dopotutto quello che ho dovuto fare–"
La voce le morì in gola.
"Mi piacerebbe vederti un'ultima volta, mamma" disse solo, piano "anche se è un desiderio che non potrà avverarsi"
Baciò le proprie dita e poi le posò sulla fredda pietra.
Audrey attese un istante, ma le lacrime non giunsero.
Non ricordava nemmeno più quando fosse stata l'ultima in cui avesse pianto.
Si alzò e si lasciò il cimitero alle spalle, senza voltarsi indietro, il mantello che l'avvolgeva come l'abbraccio di un amante a cui lei era fin troppo abituata, ma allo stesso tempo non avrebbe mai davvero saputo cosa fosse.

Treacherous Where stories live. Discover now