Iliana ridacchiò ancora e arrossì. Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e lui la strinse ancora di più in quel mezzo abbraccio goffo.

«Comunque, come hai detto di chiamarti?»

«Non l'ho detto...» mormorò lei, parlando per la prima volta.

«Io sono Adamo» si presentò lui.

«Lo so.»

«Ma certo che lo sai! Chi non lo sa? Sono il cazzo di Primo Uomo! Il cazzo originale! Tutti i cazzi discendono da me, lo sai?»

«Lo so» ripeté lei, ancora con una risatina.

Adamo era di certo sopra le righe, ma non le riusciva di trovarlo antipatico. C'era qualcosa di buffo e adorabile, in lui. Inoltre, una parte di sé non riusciva a non credere che stesse mettendo su tutto quel teatrino per tirarla su di morale, il che gli faceva onore.

«Comunque, sono Iliana» si presentò alla fine.

«Iliana» ripeté lui, gustandosi il nome sulla punta della lingua. «Grazioso, musicale, ti si addice proprio. Ma credo che ti chiamerò Lily, più semplice e immediato, che dici? Tu puoi chiamarmi Adamo, o Capo dei Cazzi, se preferisci!»

Iliana ridacchiò ancora. «Adamo andrà benissimo.»

Lui scosse il capo. «Nessuno sceglie più di chiamarmi Capo dei Cazzi.»

«C'è davvero qualcuno, nella storia del Creato, che ti ci ha chiamato?»

«Certo!» Adamo gonfiò il petto, poi indicò il ricamo sulla sua tunica. «Perché pensi che abbia questo simbolo, altrimenti?»

Iliana approfittò del fatto che lui avesse tolto il braccio dalle sue spalle per allontanarsi appena e ristabilire una distanza decorosa: per quanto l'essere stretta al suo corpo caldo non era stato spiacevole, e anzi le aveva regalato un po' di conforto dopo le terribili giornate che aveva passato ultimamente, non si sentiva comunque a suo agio. Per quanto simpatico e carismatico, Adamo era pur sempre un angelo appena conosciuto.

Osservò il ricamo sulla tunica bianca che le stava ancora indicando: due linee arcuate che convergevano in una punta, sbarrate orizzontalmente da un'altra linea più piccola, con un'ulteriore riga perpendicolare al centro.

Corrugò la fronte. «Ah.» Piegò il capo verso la spalla, come a volerla studiare da una diversa angolazione. «Io credevo fosse una "A". Sai, di Adamo.»

Gli occhi della maschera al LED si sgranarono, riflettendo l'emozione che l'Esorcista doveva star provando al di sotto. Anche la sua bocca disegnata, tutta denti aguzzi e solitamente aperta in un ghigno sardonico, assunse un'espressione stupita.

Forse, per la prima volta nella storia del Creato, qualcuno era stato in grado di lasciare Adamo senza parole.

«L'hai capito...» sussurrò.

Iliana lo fissò, confusa. «Cosa?»

Ma lui non rispose. Scosse invece il capo e tornò a indossare la sua espressione più strafottente. «Su, ti meriti un premio!» La avvolse di nuovo contro il suo petto.

«C-cosa?»

«Ti offro qualcosa di dolce. È questo che si fa per tirare su di morale una ragazza, no?»

La via del centro era affollata di angeli che giravano per i negozi, bevevano ai bar e ridevano allegri e spensierati. Come aveva detto Adamo, non c'erano problemi, in Paradiso: era pur sempre il "perfetto Aldilà", per citare San Pietro.

«Allora, cosa ti va?» Adamo si guardò intorno. «Puoi scegliere quello che vuoi... tranne quello.» Indicò un pub dai colori sgargianti. «Mi sono fatto la proprietaria e lei era tipo super in fissa con me, ma io non volevo niente di serio, capisci? Quindi, meglio evitare» le sussurrò all'orecchio, trascinandola ben lontana dal locale.

𝐒𝐄𝐑𝐄𝐍𝐃𝐈𝐏𝐈𝐓𝐘 | 𝐇𝐀𝐙𝐁𝐈𝐍 𝐇𝐎𝐓𝐄𝐋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora