XII

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"I wish that we were layin' in the same sheets, but lately, you've been actin' like you hardly know me"

"Perché non rimani? Cioè, la casa è libera e per me non è assolutamente un problema." Chiese Sasha, premendo il tubetto di dentifricio contro lo spazzolino.

"Mio cugino ha già pagato per il mio alloggio e non voglio che i suoi soldi vengano sprecati, non sarebbe comunque più possibile chiedere il rimborso ormai." Risposi io, ancora con la voce impastata dal sonno.

Essendo iniziate regolarmente le lezioni, il preside mi aveva fatto presente che le stanze erano pronte e che era tutto pronto perché io potessi stabilirmi lì. Pensai effettivamente all'idea di rimanere da Sasha, ma avrei avuto problemi con la scuola perché ormai avevo già prenotato l'appartamento. E poi iniziavo a sentire un po' la mancanza di spazio personale.

"Ma mi mancherai.. con chi studierò e guarderò la tv mangiando porcate? chi pulirà e terrà in ordine casa?" Disse Sasha, con voce piagnucolosa.

"Potrai venire in campus quante volte vorrai per studiare insieme, e poi possiamo pur sempre dormire dall'altra nei weekend. Sarà bello lo stesso e non mancherà il tempo per stare insieme." La rassicurai io, sorridendo.

Mi sarebbe mancato vivere con lei, in fondo se convivi con un essere rumoroso che sporca ovunque vada un po' ti ci abitui. E poi con lei attorno era molto difficili essere tristi; provate voi a piangere vedendola cadere dalle scale per la foga di aprire la porta al ragazzo delle pizze, oppure quando usciva in accappatoio e ciabatte per sbaglio.

Il trasloco in sé e per sé non fu neanche complicato, avevo con me la stessa valigia che avevo quando arrivai, e due scatoloni per i libri e il materiale scolastico dell'anno corrente.
Tutte le stanze si trovavano negli ultimi piani dei due edifici, essendo i piani intermedi adibiti alle varie aule.
ogni stanza era corredata di bagno e un piccolo angolo cucina, ed era arredata in modo essenziale.

Entrando vi era la camera da letto, con di fronte un letto a una piazza e mezzo con lenzuola bianche, costeggiato da un comodino in legno chiaro il cui unico soprammobile era una lucina da notte. Sopra il letto vi era una grande finestra che dava su un giardinetto; l'orizzonte era costituito da una vallata verde interrotta solo da alcune case di campagna.

Di fianco al letto vi era un armadio a muro bianco, mentre a sinistra c'era una piccola libreria vuota accanto ad una scrivania e la porta che dava sul bagno.
Oltre l'armadio c'era invece la piccola cucina, che si raccoglieva attorno ad un piano cottura e un fornello a gas. in fondo a destra c'era un minifrigo e una piccola dispensa in legno chiaro, il tutto corredato da una finestrella circolare.

Tutto sommato l'ambiente era piacevole, mi stupii dell'esistenza del frigo e della dispensa, avendo il bar della scuola solo un pazzo si metterebbe a cucinare.

Disposi il trolley nero sopra la scrivania pigramente, mettendo qualche cambio nell'armadio - che non era vuoto, bensì c'erano due cuscini e alcune paia di federe e lenzuola- prima dell'inizio delle lezioni.

Ad ultimare la sistemazione ci avrei pensato in un secondo momento, pensai, prendendo la cartella ed avviandomi verso l'aula. Ero cosciente del fatto che per molto tempo la valigia sarebbe rimasta al suo posto nella scrivania, o peggio, non sarebbe svuotata mai del tutto, ma quello non è un problema per la me del presente.

Era ormai passata una settimana dallo strano avvenimento della palestra, e le cose andavano meglio fra me ed Eren, nonostante le nostre interazioni fossero ridotte a qualche battuta stupida o frasi casuali dette quando non si sa che dire.

Certo erano complicati da recuperare quattro anni, quando ogni certezza costruita nell'arco di essi, era andata a perdersi.
Eppure Armin e gli altri si stupivano ogni volta che ci rivolgevamo la parola, mentre Jean lanciava vere e proprie occhiate funeree verso di noi, che ogni volta venivano ignorate.

Mi sedetti sul mio posto abbandonando la cartella per terra vicino al banco; era ancora presto perché arrivassero gli altri. Poggiai la testa fra le mie braccia, cercando di raccogliere le forze per un altro giorno scolastico.

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"Vieni mikasa, entra dentro il fortino!"
Mi avvicinai cauta alla costruzione, imponente nel suo essere fatta di cuscini del sofà e un'enorme coperta nera che faceva da tetto.
Una piccola mano sbucò da una fessura che fungeva da porta, facendomi cenno di entrare.

Mi abbassai scostando un cuscino e mi feci strada nel fortino.
La luce esterna era quasi del tutto attutita dalla coperta nera, rimanendo in penombra.
Più in là c'era Eren disteso a pancia in giù, che mi guardava impaziente perché mi sedessi, così che potessimo giocare a Mario kart nel Nintendo.

Mi accoccolai vicino a lui, osservandolo giocare, mentre lui prese a raccontarmi di come avesse impiegato delle ore a superare quel livello, e che ora si era reso conto di quanto fosse facile.

In quel momento realizzai di quanto fosse rilassante stare quasi al buio, con solo il rumore della sua voce e dei tasti del gioco a fare da sottofondo.

"Stai dormendo?" "Mikasa?".
Aprii gli occhi, non capendo dove mi trovassi e come fossi finita lì.
Mi sfregai gli occhi, cercando di connettere mente e vista.
"Stavi dormendo come una bambina."
Disse Eren, con un mezzo sorriso. Tirò fuori i libri e l'astuccio, e poi rivolse l'attenzione verso il suo telefono.

"Che stai facendo?" Chiesi, nuovamente sveglia.
"Aspetto che inizi la lezione?" Rispose, guardandomi come se fossi matta. Io forse ero matta ma lui aveva sbagliato posto a sedere.

"No intendo, che ci fai seduto qui? È il posto di Armin."
"Armin non verrà perché è a casa con la febbre, ed io ho deciso di sedermi al suo posto."
Senza obiettare nulla, mi girai verso il resto della classe notando Jean con un'espressione mista tra l'infastidito e l'annoiato, e Sasha che mi guardava con uno sguardo carico di sottintesi.

Alzai gli occhi al cielo e mi rigirai verso il mio nuovo compagno di banco, che nel frattempo stava guardando con interesse i miei compiti di matematica.
"Come ha fatto a venirti nove? A me è venuto meno diciassette." Chiese lui, confuso.

"Devi fare prima il prodotto dentro le parentesi e poi il minimo comune multiplo, sennò fai un disastro e non si capisce nulla." Risposi, analizzando le sue equazioni. Le mie doti esplicative la mattina erano da invidiare.

"Si ma così facendo mi viene radice di meno trentadue." Rispose, stizzito.
Iniziai a spiegargli il procedimento, ma venni poi interrotta dal professor Smith che nel frattempo aveva portato le verifiche di matematica corrette.

Il resto delle lezioni trascorse più velocemente del solito, avere Eren accanto significava essere in continua tensione perché ogni volta che mi fissava io lo sentivo.
Non accadde nulla di rilevante, se non che lui e Jean si evitavano con nonchalance, e il secondo mi lanciava occhiatacce ogni volta che poteva.

Alla fine delle lezioni il professor Smith chiamò Eren in disparte, e appena ebbi quasi finito di raccogliere le mie cose, mi sentii bussare sulla spalla.
"Il prof ha detto che devi aiutarmi con algebra finché i miei voti non migliorano." Disse lui, guardandomi fisso negli occhi. Il mio cuore fece una capriola.

"Va bene, allora passa alle quattro in dormitorio così ripassiamo i concetti che non hai capito."
Lo salutai con un cenno e mi affrettai a tornare in dormitorio, conscia che se fossi rimasta lì avrei fatto qualche figura barbina.

È incredibile che in qualche modo io debba finire per passare del tempo con lui, sembra che i prof lo sappiano certe volte. Sperai solo di finire il più presto possibile e che non si creassero situazioni imbarazzanti, visto che non sapevamo nemmeno noi in che rapporti fossimo.

Dopo qualche minuto alla ricerca delle chiavi della mia camera, finalmente entrai, sbattendo la porta dietro di me. Tirai un sospiro di sollievo sprofondando nel letto ancora immacolato.

Non mi era poi così tanto pesato averlo accanto di nuovo, anzi, in cuor mio egoisticamente sperai che non fosse l'ultima volta.

I remember it all too well // eremika Where stories live. Discover now