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"loving him was red, burning red"

A volte la mente fa brutti scherzi. La sua brutale sincerità è origine di molti pensieri disordinati accumulati tutti dentro la scatola cranica. Non che la mia testa sia mai stato un luogo ordinato, certo.

Soprattutto quando si cerca in tutti i modi di scacciare un pensiero ma, per qualche assurdo motivo, lei continua a riproporlo incessantemente.

Quella mattina continuavo a distrarmi, non riuscivo ad ascoltare per più di cinque minuti la lezione senza che la mia mente vagasse per conto suo. Magari mi perdevo a guardare fuori dalla finestra, oppure a scribacchiare sull'angolo del quaderno, o semplicemente mi tremava la gamba. Ma alla radice di tutto questo, il mio pensiero ricadeva sempre sul ragazzo qualche fila distante da me.

E quando per puro caso i nostri sguardi si incrociavano, era come se i pensieri intrusivi si moltiplicassero mandandomi in tilt.

Quando l'ultima campana suonò, ne fui sollevata. Mi alzai dal mio posto raccogliendo le mie cose, e mi diressi verso l'uscita sussurrando un "a domani" al prof. Presa dai pensieri non mi resi conto che qualcuno mi stava chiamando, non finché una presa solida alla mia spalla non attirò la mia attenzione.

"Allora, alle tre e mezza a casa mia, dillo a Sasha." Disse Eren, voltandosi senza nemmeno salutare.
Avevo dato per scontato che fosse lui a venire, ma non faceva differenza, tanto sarebbe stato ad ogni modo un disastro.

"Che voleva?" Chiese Sasha raggiungendomi subito dopo che il ragazzo era andato.
Glielo spiegai, e lei scosse la testa con fare rassegnato.
"Sembra che comunque non riesca a non rivolgerti la parola, poteva benissimo dirlo a me che ero rimasta in classe, che rincorrerti fino a fuori."
Senza aggiungere niente tornammo a casa, aspettando che la tragedia avesse inizio.
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"Guarda che al minimo accenno io prendo la mia roba e vado a studiare in bagno, ti avviso." Annunciò Sasha, sistemandosi la coda.

"Di che parli?" Chiesi.
"Sai che intendo. Conosco entrambi abbastanza bene, io ti ho avvisato."

La distanza fra casa di Eren e di Sasha era di dieci minuti a piedi, mettendo in conto che quando sono agitata aumento inconsciamente il passo, arrivammo lì in cinque, con Sasha ansimante poco dietro di me.

Io e i miei nervi a fior di pelle suonammo il campanello, e in men che non si dica, Eren aprì la porta.
Il suo aspetto era identico a quello della mattina, tranne per i capelli che aveva lasciato slegati e per la felpa, che aveva cambiato per una t-shirt grigia.

I suoi occhi sembrarono illuminarsi per un attimo, per poi riconoscere i miei tratti e tornare freddi come sempre. Ci invitò ad entrare in casa e saltando i convenevoli, si sedette al tavolo del soggiorno e iniziò a smanettare col pc.

Io e Sasha ci guardammo interdette per un attimo, poi lui affermò:
"Dai sedetevi, così cominciamo."
Mi sedetti incerta e iniziammo a proporre idee su come costruire il progetto.

Per i primi venti minuti andò tutto bene, poi arrivò il momento di selezionare le fonti per le ricerche ed iniziarono i primi scontri.

"Perché si deve fare per forza come dici tu?!" Disse il ragazzo alzando la voce.

"Perché se vogliamo prendere un bel voto, è meglio unire le nostre ricerche fatte in modo più specifico che farne una in comune. Viene un lavoro più ordinato e completo." Risposi, distaccata.

"Ma se si chiama lavoro di gruppo è perché dobbiamo farlo insieme. Tu non sai lavorare in gruppo." Eren incrociò le braccia sul petto, facendo il broncio.

Questi erano i momenti dove lui si comportava come un bambino, e generava in me un fastidio inaudito, perché non si poteva avere un dibattito con lui. Sapeva solo fare i capricci.

I remember it all too well // eremika Where stories live. Discover now