VII

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"I pushed a lot back, but I can't forget it"

Una folata di vento gelido mattutino accarezzò il mio corpo, facendomi pentire di non aver preso una giacca prima di uscire. Nonostante ci fosse una parvenza di sole la temperatura era bassa poiché esso non aveva ancora iniziato a riscaldare.

Mancava mezz'ora all'inizio della scuola, ed io ero fuori ad aspettare Sasha, che quella mattina non riusciva a trovare la scarpa sinistra e saltava per casa lanciando delle imprecazioni.

Nonostante stessi per mettere piede in una scuola nuova non si può dire che io fossi ansiosa. Qualche giorno prima la scuola mi aveva recapitato un avviso con il nome della sezione in cui ero stata inserita, i libri da comprare e le rispettive materie; Sasha era stata ben felice di annunciarmi che faceva parte anche lei della sezione D, e con lei tutto il resto del gruppo.

Il mio stomaco si contorse leggermente all'idea del cambiamento che mi spettava, ma il mio pensiero principale era che ero in classe con Eren, di nuovo, e non avrei saputo come comportarmi.

Ovviamente alle medie eravamo compagni di banco e facevamo tutto insieme. Quando Eren prendeva un brutto voto ne parlavo io con sua madre mettendo una buona parola e promettevo di aiutarlo a recuperare. Senza menzionare che ogni pomeriggio ci vedevamo a casa dell'altro per fare i compiti insieme, coinvolgendo anche Armin.

Questi ricordi mi avrebbero perseguitata una volta arrivata in classe e mi avrebbero colpita dritta nello stomaco con un destro.

Nel frattempo Sasha mi aveva raggiunto davanti la porta, con il volto paonazzo dalle corse, dicendomi tra un respiro e l'altro che potevamo finalmente andare.

Il tragitto da casa sua al liceo si poteva effettuare facilmente a piedi, arrivando in un quarto d'ora. Una volta arrivati davanti all'edificio tirai un sospiro di sollievo. Odiavo fare tardi.
Il liceo si presentava come un grande edificio a tre piani chiuso da un tetto a padiglione; nel retro c'era una piccola terrazza.
Attraverso una scalinata grigia, nel lato destro del liceo si poteva accedere alla palestra. Dietro entrambi gli edifici si trovava un campo da calcio prevalentemente usato per le partite di fine anno e quelle di pallavolo.

Io e Sasha ci avvicinammo al portone, vedendo già Connie, Armin, Ymir e Christa in disparte che conversavano aspettando il suono della campanella.
Decidemmo di unirci a loro, ma il tempo che ci salutammo la campana suonò finendo di svegliarci.

Seguendo gli altri mi precipitai dentro la scuola, salendo poi le due rampe di scale in fondo a sinistra del corridoio. Mi trovai in un altro corridoio dai muri bianco sporco; Una fila di armadietti rossi seguiva parte delle pareti interrotti dalle aule con su scritto le sezioni. In fondo al corridoio c'erano i bagni e una porta antincendio. La nostra aula si trovava quasi di fronte alla scalinata.

Entrando mi resi conto che Armin aveva già preso posto in terza fila a sinistra, mentre Sasha e Connie si erano seduti nell'ultimo banco della fila centrale. Senza pensarci due volte mi sedetti accanto ad Armin, credendo una fortuna che Eren non fosse ancora arrivato reclamando quel posto. Armin mi guardò sorridente chiedendomi se fossi nervosa. Effettivamente ero un fascio di nervi, ma smentii tutto dicendo che era tutto okay, per non preoccuparlo.

Man mano la gente iniziò ad entrare assediando i precedentemente vuoti banchi, sapendo che sarebbero stati i loro posti fissi per l'intero anno.
Nel frattempo Christa ed Ymir avevano occupato i posti di fronte a Sasha e Connie ed avevano iniziato una discussione sul perché le lezioni dovessero cominciare alle otto.

Qualche minuto dopo entrarono a flotta Eren, Jean, Bertholdt, Reiner ed Annie, i primi due impegnati in una conversazione di cui non riuscii a capire il soggetto. Appena il ragazzo mi vide la sua espressione mutò da annoiata a sorpresa e si fermò per un secondo sui suoi passi prima che Jean lo riscuotesse dicendogli di sedersi accanto.

Una volta seduto riprese a fissarmi, ma stavolta riuscivo a scorgere un po' di tristezza nelle sue iridi verdi; che anche a lui i ricordi gli avessero dato un destro in pieno stomaco?
L'arrivo del professore ruppe il nostro contatto visivo, dandoci il buongiorno. Dopo essersi presentato come professor Shadis annunciò che per quest'anno sarebbe stato il nostro professore di latino, e che se non avessimo studiato da persone serie quali 'chiaramente non eravamo', il suo corso sarebbe stato un inferno per noi.

Il resto delle lezioni trascorse indisturbato senza particolari avvenimenti; con Armin come compagno di banco era difficile distrarsi. A mezzogiorno suonò l'ultima campanella che segnava la fine delle lezioni- almeno per quella settimana-, dalla prossima si usciva alle due. Presi le mie cose e mi voltai verso Armin aspettando che fosse pronto, così ci avviammo verso l'uscita della classe senza proferire parola. Dietro di me i ragazzi scherzavano a voce alta, mentre Connie gli urlava contro cercando di farli smettere.

Probabilmente lo stavano prendendo in giro, ma non stavo davvero ascoltando. Una volta in corridoio, vidi con la coda dell'occhio una figura poggiata alla parete, che dopo qualche secondo mi sentii avvicinare.
"Possiamo parlare?" chiese la voce.
Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con Jean.
"Non abbiamo niente di cui parlare." Risposi con voce calma, guardandolo negli occhi. I suoi occhi non riuscivano a reggere il mio sguardo, volgendo verso il pavimento. Le braccia erano incrociate sul petto, cosa che era solito fare quando era nervoso. Senza aspettare una sua replica, mi voltai cingendo il braccio di Armin, camminando a passo spedito.

"Aspetta! Ascoltami anche solo per un minuto per favore!"
Non mi voltai nemmeno a tale richiesta, il fatto che io fossi tornata non voleva dire che dovevamo chiarire per forza. Non intendevo riprendere nemmeno un rapporto di amicizia con lui, non ero interessata.
Qualcuno mi strinse il polso obbligandomi a girarmi. La mia pazienza era davvero al limite, non avevo bisogno di girarmi per capire chi fosse.

Senza indugiare, con la mano libera gli diedi uno schiaffo, che gli fece perdere per un attimo l'equilibrio.
"Jean ma cos- lasciala stare, non vedi che non ti vuole parlare?" Disse Armin, lanciando occhiate di fuoco all'amico. Ma l'altro non cedette di un millimetro, fissandomi come se volesse uccidermi, ma tenendo il mio polso in modo ferreo.

Con la coda dell'occhio vidi Sasha, che assisteva alla scena, dietro di lui di pochi metri. Si portò una mano sul viso in segno di stupore, venendo poi urtata in avanti da Eren, già pronto ad inveire contro di lei perché si era fermata in mezzo al corridoio.
Ma la sua espressione mutò nel vedere la scena seguente, in cui io cercavo di ritrarre il braccio invano, perché il ragazzo stringeva progressivamente.

"Ma che cazzo fai, lasciala! Non vedi che ha il polso viola?" Sbottò Eren, avvicinandosi.
"Non ti immischiare." Disse Jean, mantenendo il contatto visivo con me.
Senza aspettare ulteriormente, mossi il ginocchio in su, calciandolo nelle parti basse. Con un lamento strozzato si piegò in avanti, lasciandomi andare. Indietreggiai istintivamente di qualche passo, mentre Armin mi esaminava il polso con gli occhi spalancati.

Jean poggiò la mano sulla spalla dell'amico, che la scacciò via come un insetto fastidioso.
"Si può sapere che ti prende? Quella stronza ti ha lasciato per quattro anni senza dirti una parola, e tu continui a difenderla?!"
Prima ancora che potessi girarmi sentii un rumore sordo, e alcuni studenti emettere versi di stupore.
Eren aveva appena colpito Jean sulla mandibola, che nel frattempo si era accasciato a terra cercando di riprendersi. Senza aggiungere altro, il ragazzo uscì dalla porta di ingresso, con un espressione adirata, senza degnare nessuno di uno sguardo.

"Ci devi mettere del ghiaccio, sennò potrebbe gonfiare. Giuro che se non fosse già malconcio a causa vostra gli taglierei la mano." Mormorò Armin, guardandomi con preoccupazione, mentre uscivamo dall'edificio.
Sasha ci raggiunse correndo, esaminandomi anche lei nel punto contuso, con sguardo carico di preoccupazione.

Le dissi che non era nulla, e che nel giro di qualche giorno il livido sarebbe sparito. C'era però qualcosa che mi distraeva dal dolore, non permettendomi di sentirlo appieno. Le parole di Jean mi erano rimaste impresse in mente, perché nonostante lui fosse solito di dire cose idiote, quella frase non sembrava buttata lì a caso.
Eren era convinto, quindi, che io non avessi mai provato a comunicare con lui?

I remember it all too well // eremika Where stories live. Discover now