12. Rosso Intenso - Joanne

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𝄞 Lessons - Dermot Kennedy

La sveglia mi triturò le ultime cellule del cervello che non erano state affogate negli shot della sera prima. Mi sollevai lentamente, la testa vorticava e pulsava. Sbuffai e mi circonda le braccia con le mani.
Dopo lo spettacolo con Karter ero così felice da aver dato completo sfogo al mio animo ribelle. Non ricordavo granché di quello che era successo dopo che Keaton ci aveva mostrato le immagini del nostro successo dal suo telefonino, ma sapevo che Karter era con me. Frammenti di ricordi si facevano strada dietro i miei occhi e le sue mani grandi erano sempre lì a sorreggermi, fino all'ultimo. Sollevai le coperte e notai che ero in pigiama e non c'erano dubbi che fosse stato lui a mettermelo.
Sorrisi e mi lasciai ricadere con le spalle sul letto e le mani sugli occhi. Un'altra scena mi si palesò in testa. Guardavo Karter dalla stessa posizione che avevo appena assunto mormorando: «siamo una bella coppia.»
Lui sorrideva, mentre mi lasciava un bacio in fronte. Pochi secondi dopo il suo sorriso era sparito e la mia bocca era sulla sua. Mi rimisi seduta tanto velocemente da avere un capogiro. Lo avevo baciato. Io avevo baciato Karter Ji-Hoon Hill. Non era la prima volta, ci scambiavamo spesso baci innocenti sulle labbra. Ma era la prima volta da ubriaca ed era la prima volta che non sentivo nulla di innocente. Quel minuscolo ricordo mi mandò in fiamme le guance e non solo. C'era qualcosa di profondamente sbagliato nelle sensazioni che sgomitavano dal mio stomaco al mio petto.
Karter era senza dubbio un bel ragazzo e io avevo sempre sopportato il suo narcisismo con divertimento. Sapeva di essere bello e non si premurava di fingere il contrario. Inoltre, quel suo modo di fare era sexy. Lui era sempre molto sexy.
Ripensai alle sue dita lunghe dentro i buchi delle mie calze a rete, prima che perdessi il senno, e avvampai. Il modo in cui mi toccava era così naturale che non ci avevo mai fatto troppa attenzione.
Fino a quella mattina, ovviamente.
Tutti quei gesti che avevo sempre dato per scontato iniziarono a travestirsi di rosso. Un rosso intenso e bruciante. Un rosso che mi occupò la mente e i pensieri, facendomi prendere di mira le mie stesse labbra con i denti. Sospirai e chiusi gli occhi. Quelle dita le conoscevo a memoria e si erano posate su di me una marea di volte. Mi soffermai sul ricordo del movimento circolare che avevano creato sulla pelle della mia coscia e sulla forza che avevano impiegato nello stringermi quella porzione di pelle tanto vicina alla mia intimità, mentre parlavamo di non so quale argomento. Improvvisamente l'unica cosa che aveva importanza erano le dita di Karter.
Ansimai. Merda!
Ero stanca e reduce da una sbronza, non significava niente. Tuttavia, sentii il suo sapore familiare aleggiarmi sulla lingua e il mio cuore sussultò. Ci eravamo davvero spinti a tanto? Cos'era successo dopo la mia disperata iniziativa? Mi aveva baciata anche lui o si era allontanato?
Strizzai gli occhi, cercando di ricordare qualcosa in più ma perdevo pezzi a ogni minuto che passava.
Sbattei una mano sul materasso e imprecai, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono.
Provai a dire qualcos'altro e la situazione rimase identica. Smisi di farmi domande su Karter e sui miei pensieri ingegnosi e mi concentrai sulla catastrofe che si stava abbattendo su di me.
«La- la - la», provai ancora. L'intenzione c'era ma il suono no.
Recuperai la macchinetta dell'aerosol e mi fiondai con la faccia dentro la mascherina. Non poteva succedere a me. Non potevo rimanere senza voce proprio il giorno della mia prima esibizione pubblica di quell'anno.

Il professor Smith entrò in sala prove con i suoi soliti occhialetti rotondi sistemati nel colletto della camicia. «Signorina Young, voleva parlarmi?»
Annuii, anche se di certo non avrei parlato io. Avevo inviato un messaggio aKarter e lui si era precipitato nella mia stanza con il portatile sotto l'ascella e un paio di flaconi di caramelle gommose per la gola. Avevamo passato due ore a cercare sul web rimedi per la perdita di voce ed ero finita con l'aspirare il vapore di erbe mediche; con l'ingoiare due cucchiai di sciroppo e mandare giù caramelle alla menta come se non ci fosse un domani.
Non aveva funzionato niente.
«Buongiorno Mr. Smith», lo salutò Karter, spostando l'attenzione dal proprio Stradivari all'insegnante. «Abbiamo un piccolo problema.»
«Spero non riguardi il concerto di stasera.»
«Riguarda proprio quello», ammise Karter, stringendomi un fianco.
Guardai la sua mano avvolgermi e avvertii un fremito che ingoiai con ferocia.
Non significa niente.
Chiusi gli occhi e iniziai a torturarmi le dita.
«Joanne è completamente afona», spiegò passandomi un dito sulla gola.
Dei brividi, caldi come spilli infuocati, seguirono il percorso del suo indice.
Per fortuna Mr. Smith mi diede altro su cui concentrarmi. Assunse una posizione rigida sulla sedia e accostò gli occhiali al naso, guardandomi come un baraccone da circo. «Non ci posso credere.»
Karter mi prese una mano per impedirmi di farmi sanguinare i palmi con le unghie. «I piccoli incidenti capitano a tutti.»
«Non è un incidente, Hill», precisò il docente. «La sua compagna è stata irresponsabile. Crede che non sappia come ha passato la serata ieri?»
Spalancai gli occhi.
«Era una cosa tra amici, giusto per divertirsi un po' e scaricare la tensione», rispose Karter.
«Una cosa tra amici non dura un'ora e mezza. Mi sono goduto l'intera diretta social del signor Allen.»
Keaton me l'aveva fatta!
Mr. Smith prese il suo smartphone dai pantaloni a righe che indossava e mi fece notare il like che aveva lasciato. «La signorina Young ha dimostrato di avere talento.»
Non riuscii a nascondere un sorriso.
«Ma questo, da solo, non porta a niente», aggiunse. Fine dei complimenti. Rimise il dispositivo in tasca e scosse la testa, innervosito.
«Sono stata io a trascinarla in quel locale», mi difese Karter.
«Lei non ha messo il suo Stradivari in ballo, la sera precedente a un'opportunità come questa. Young, è ai ferri corti, ed è bene che lei lo sappia: sta rischiando l'intero semestre. Non capisco mai se le importi o no, di stare qui.»
Non provai nemmeno a parlare, un mi dispiace non avrebbe risolto un bel niente.
Karter mi abbracciò, schiacciandomi la faccia contro al suo petto.
Lo circondai con entrambe le braccia e me ne restai lì, protetta dal suo profumo che mi invase le narici e mi impedì di piangere.
«Le importa. Joanne si sforza moltissimo per rimanere in pari col resto dei ragazzi e lavora sodo per mantenersi gli studi», protestò al posto mio. «Non è giusto che venga giudicata per uno spiacevole imprevisto.»
«Mi baso sui fatti, non sto contestualizzando l'accaduto in sé. I suoi sforzi non sono abbastanza e mi appare evidente», puntualizzò osservando le schede dei miei ultimi esami. Poi, sollevo lo sguardò e sorrise. «Hill, la sua seconda disciplina è canto ed è l'unico a conoscere i testi che doveva cantare la sua amica, la parte è sua!»
Sgusciai dalla presa di Karter con uno scatto.
Lui mi guardò, spaesato, e poi tornò su Mr Smith: «Non può farle questo!»
Il professore sorrise, ripose i documenti nell'enorme raccoglitore blu, piegò gli occhiali che incastrò nel colletto della camicia e si alzò, venendo verso di noi. «Non posso nemmeno interrompere lo spettacolo. Ha sei ore e le abilità per compiere questo atto eroico e salvare, per quanto serva, la reputazione della sua collega.» Posò una mano sulla spalla di Karter e lasciò l'aula.
«Joanne», mormorò Karter. «Mi dispiace, io...»
Gli posai due dita sulla bocca e alzai un pollice, mimando un: è tutto ok.
Poi, raccolsi le mie cose e lasciai la Juilliard, chiudendomi nella mia cameretta alla residenza. Mi chiusi nel bagno, lavandomi il viso che lasciai gocciolante, mentre osservavo il mio riflesso allo specchio.
Maledii me stessa per essermi lasciata convincere a partecipare a quella stupida serata. E lo rifeci un milione di volte perché quello che mi faceva più male non era il fatto che lui dovesse cantare al posto mio, ma la consapevolezza che non avrei scelto nessun'altro per farlo.

Firts Girly LoveWhere stories live. Discover now