11. Mondo Social - Karter

7 4 2
                                    


𝄞 Wild Flower – RM

«Joanne, non puoi rimanere sempre chiusa in questa gabbia!»
Lei sbuffò, spingendomi fuori dalla porta della sua stanza. «Posso», disse lanciando le mie scarpe sulla moquette del pianerottolo. «E poi devo provare e, inoltre, il tuo ragazzo non è mai felice di vedermi.»
Fermai la chiusura della porta con la spalla e infilai la testa nello spazio ristretto che mi era concesso. «Ha detto che porterà un amico.»
«Non. Mi. Interessa.»
Smisi di ridere e la guardai, afferrandole un riccio, lo tirai e lo rilasciai in una sequenza lenta. «Fallo per me», la supplicai spingendo le labbra in fuori.
«Non farlo, Karter», mi intimò, puntandomi un dito sul petto.
«Solo per stasera.»
«Chase mi ha dato il fine settimana libero per il concerto di domani. Non intendo sprecare il mio tempo a vederti sbaciucchiare con quello lì.»
«Siamo molto fighi, mentre ci baciamo», ammiccai. «Ma non è questa la ragione per cui voglio che vieni anche tu», specificai dando uno spintone alla porta, così da aprirla tutta e infilarmi di nuovo dentro la camera.
«Karter.»
«Joanne.» La afferrai dai fianchi e le presi il viso con entrambe le mani. «Hai vent'anni, questo tempo non ti tornerà indietro.»
«Mia madre è l'esempio del contrario.»
«Lei finge di poterlo fare; crede che basti scoparsi un tizio sulla propria cucina per essere avvolti da quella fiamma, ma non ci riesce e non ci riuscirà mai. Tu puoi viverla, non lasciare che si spenga senza nemmeno aver provato ad alimentarla.»
«Stai usando le parole giuste al momento giusto di proposito», mi fece notare alzando il mento per guardarmi in faccia. Il suo sorriso a mezza bocca mi fece pregustare la vittoria.
«A cosa servono gli amici, altrimenti?» ghignai.
«Domani ci chiudiamo in questa stanza e proviamo fino allo sfinimento, intesi?» minacciò riducendo i suoi enormi occhioni azzurri a due fessure.
«Intesi, capo.» Imitai un saluto militare e mi spostai per raggiungere il pomello della porta. «Vestiti sexy!» urlai, prima che la porta venisse sigillata.

Parker squadrò me e Joanne dalla testa ai piedi. Senza saperlo avevamo optato entrambi per abiti di pelle. D'altronde, cosa poteva esserci più sexy di quello? «Vi siete preparati insieme?»
«Strano, ma no», risposi, sporgendomi in avanti per salutarlo con un bacio.
Lui si scansò. «C'è un divano libero, laggiù», disse indicando un posto dietro di me. Mi passò accanto e lo raggiunse senza invitarmi a fare lo stesso.
«Simpatico», commentò Joanne.
«Glaciale», ritrattai con un sospiro stanco. Non ero molto colpito dal suo atteggiamento, tuttavia ne ero irritato. Un giorno sembrava l'uomo più felice del mondo tra le mie braccia e quello dopo era come se non esistessi; come se fossi un incidente di percorso che non aveva programmato.
Raggiunsi il divano e mi lasciai cadere al fianco di Parker senza dire una parola.
Joanne si sistemò accanto a me.
«Ordiniamo?» chiesi annoiato.
«Sarebbe carino aspettare il mio amico», rispose Parker.
«Faremo un altro giro, dopo», intervenne Joanne, alzando la mano per richiamare l'attenzione di un cameriere.
Parker scosse la testa. «Fate come volete, io aspetto.»
Io e Joanne ordinammo un giro di shot di tequila per due, ma il locale era davvero pieno, quindi non ci rimaneva che attendere.
«Sei davvero sexy, stasera», mi complimentai, infilando le dita dentro i buchi delle calze a rete di Joanne.
Lei mi indirizzò un occhiolino e scoccò la lingua sul palato. «Anche tu.»
«Ma io lo sono sempre, tesoro!»
Parker emise un grugnito da uomo delle caverne e mi lanciò una gomitata sullo stomaco.
«Sei diventato pazzo?» esplosi guardandolo di traverso.
Il mio ragazzo assottigliò lo sguardo, ci mancava poco che gli occhi gli fuoriuscissero dalle orbite. «Sei qui come mio ragazzo o suo?» Indicò la mia mano che stringeva la coscia di Joanne con un ringhio sommesso.
Sbuffai a ridere. «Non me ne ero nemmeno accorto», risposi sincero.
«Certo!» esclamò sarcastico. «Non ti accorgi se le palpeggi il sedere; non ti accorgi se le strizzi una coscia; cosa farai dopo? Le infilerai la lingua in bocca senza rendertene conto?»
Joanne si mise in piedi, incrociando le braccia sotto ai seni. «Piantala!»
Anche Parker la imitò, fronteggiandola. «Perché ti intrometti?»
«Perché tratti Karter come fosse il tuo zerbino e non è giusto. Lui non ti ha mai chiesto niente e...»
Mi sollevai e misi una mano sul fianco di lei. «Joanne, no.» Non volevo che prendesse le mie parti. Mi sapevo difendere da solo e, in ogni caso, quella era una questione tra me e lui. Parker aveva il suo caratterino ma ero io che continuavo a permettergli di fare lo stronzo con me. Ero io che non riuscivo a staccarmi da quel giochino sadico che stava mettendo in atto.
«Ogni tanto sai rimetterla al suo posto», ghignò Parker. «Mi stupisci, Karter.»
Mi voltai verso di lui e lo presi dal colletto della giacca con veemenza. «Stai attento, Baine, o metterò anche te al tuo posto», soffiai sul suo collo. «E potrebbe piacerti da matti o no; dipende dalla circostanza.»
Parker mi spinse, aumentando la distanza tra di noi e tornò a sedersi, ammutolito.
Il cameriere si avvicinò con il nostro ordine. Io e Joanne afferrammo i bicchierini senza neanche attendere che il vassoio toccasse il legno del tavolo e ce li scolammo in un colpo solo.
«Ancora!» disse Joanne, con gli occhi ancora strizzati a causa dell'alcol.
«Altri due, per favore», confermai.
Il ragazzo annuì e si allontanò.
«Lui che ci fa qua?» Joanne ringhiò in direzione di Parker, all'improvviso.
«Qualche problema, rossa?» rispose lui, sprezzante. «Karter ti trascina dietro a ogni nostra uscita. Non posso portare un amico anche io?»
«Non lui», sbottai allargando le braccia.
«Gli animi sono già caldi», constatò Keaton, posizionandosi davanti a lei.
«Perché sei qui?» chiesi lanciandogli uno sguardo torvo.
«Tu per quale ragione sei così frustrato?»
1. Parker è tornato a essere il re del ghiaccio.
2. Parker e sesso sembrano due argomenti lontani anni luce.
3. Parker, punto.
«La tua faccia mi fa venire l'orticaria», risposi senza cerimonie.
«Almeno io non ti costringo a guardare le mie mutande!»
«Sei un coglione, Keaton!» sbottò Joanne.
Keaton sorrise. «Iniziamo con i complimenti, dolcezza.»
«Io me ne vado», annunciò sollevandosi. Nel farlo quasi non cadde addosso a lui.
Non potevo permetterlo, perciò la afferrai per i fianchi e la feci ricadere su di me.
Joanne sorrise. «Grazie, di nuovo», sussurrò al mio orecchio.
«Figurati», risposi.
«Si chiama uscita a quattro per un motivo», si intromise Parker, spingendo Joanne via dal mio corpo. «Potete evitare di fare finta che non esistiamo?»
«Sei tu quello che ti estranei», gli ricordai, portandomi le mani alle tempie.
«Siete voi due insieme che fate questo effetto», replicò Keaton, indicando me eJoanne.
«Nessuno ti ha interpellato», rispondemmo all'unisono.
Sorrisi e le battei il cinque, tornando poi a concentrarmi su Parker. «Puoi smetterla di avere quel muso lungo?»
Lui annuì e mi prese una mano, allungandosi con il corpo verso di me: «Toglimelo tu.»
Era un fottuto lunatico.
Sospirai, chiusi le palpebre e le riaprii, prendendogli il mento con una mano. «Mi manderai al manicomio», sibilai sulle sue labbra. Poi lo baciai e il mondo intorno a me scomparve. Non sentii più il brusio delle voci delle persone o il tintinnio di bicchieri e bottiglie che venivano battuti sui tavoli. C'eravamo solo io e lui e le nostre bocche affamate che si divoravano senza esitazioni. Era quello il Parker che volevo. Quello che non pensava, che dava senza chiedere.

L'alcol faceva miracoli. Erano bastati sei giri di vodka per sciogliere i muscoli tesi di Parker, che aveva iniziato a ballarmi intorno senza mai lasciare la presa sui miei fianchi. «Karter Hill, sei fottutamente illegale», disse, prima di leccarmi il lobo dell'orecchio.
Io risi e posai una mano sulla sua schiena. Era sudato, aveva le guance rosse e un sorriso genuino a contornargli quelle stramaledette labbra. «Dovresti dirmelo più spesso.»
«Ti monteresti la testa.»
«Vero.»
Joanne saltellò accanto a noi, urlando: «Karaoke!»
Non mi sfuggì lo sguardo seccato di Keaton. La seguiva da tutta la sera e lei, in tutta risposta, aveva ballato con chiunque non avesse la sua faccia.
«Non andare», si lamentò Parker, attaccandosi alla mia giacca.
«Una canzone soltanto», assicurai afferrando la mano di Joanne. «Tu potresti sempre ballare insieme a noi», ammiccai, stringendogli un fianco.
«No, non voglio fare un bel niente insieme a lei.»
Lo accompagnai al tavolo e lo feci sedere su quel comodo divanetto che avevamo preso a inizio serata. «Tre minuti passano in fretta.» Gli lasciai un bacio sul naso e seguii Joanne sulla pedana del pub. Scorsi in fretta la lista dei brani messa a disposizione e quando ne trovai uno adatto ai miei gusti lo proposi a Joanne che annuì alzando i pollici.
La base di Wild Flower di RM iniziò a risuonare dalle casse poste sopra la pedana e io attaccai subito a cantare con il mio coreano impeccabile.
Mio padre era stato irremovibile sulla questione: dovevo fare mie la lingua e le origini di mia madre. Non avevo protestato, lui ci teneva così tanto. Ma tutto quello studio non mi aveva portato a niente, se tralasciamo la comprensione dei testi K-pop di cui ero fan sfegatato.
«Light a flower, flowerwork. Flower, flowerwork», intonò Joanne. Il pubblico si espanse in un'ovazione di apprezzamento e lei spalancò gli occhi, stupita. Non aveva ancora coscienza di quanto fosse brava.
Mi abbassai per essere alla sua altezza e cantai con lei, naso contro naso, stringendole una mano sul fianco.
Tre minuti si trasformarono in novanta. Joanne era felice come non mai, il suo sorriso splendeva così come il sudore che ci colava sulla schiena e l'adrenalina che ci esplodeva nel petto. Il pubblico ci acclamava facendoci richieste di brani che non riuscimmo a rifiutare e il tempo era passato senza che me ne rendessi conto. Quando balzai dalla pedana, mi accorsi che il divanetto in cui avevo lasciato Parker era vuoto. Non c'era nemmeno più la sua giacca.
«Dobbiamo rifarlo!» Joanne mi saltò sulla schiena e si attaccò al mio collo con le braccia. «Dov'è il tuo fidanzatino?» chiese, accorgendosi della direzione del mio sguardo.
«Pouf, sparito senza dire niente.»
Keaton si avvicinò a noi. «Complimenti, il vostro concertino è stato apprezzato dal mondo social.»
Spostai lo sguardo dal divano al telefono di Keaton. Una pioggia di like era cascata sul video di una diretta conclusa pochi attimi prima.
«Perché non abbiamo mai pensato di formare un duo?» esultò Joanne, stringendosi ancora di più alla mia schiena.
Era un traguardo che avrei dovuto apprezzare, ma non riuscivo a pensare ad altro se non a lui.

Firts Girly LoveDonde viven las historias. Descúbrelo ahora