4. Lui, Semplicemente Lui - Joanne

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𝄞 Issues - Daniel Jang, Arden Cho

«Eccomi!» Karter arrivò trafelato in sala prove. Posò la custodia dello Stradivari su un tavolino basso e la aprì.
«Allora sei ancora vivo», sputai recuperando il microfono sulla cassa.
Lasciò il violino e mi si avvicinò, circondandomi il corpo da dietro con le sue braccia. I suoi pollici si infilarono nei passanti della mia cintura e vi rimasero, mentre faceva dondolare il mio corpo con il suo e piazzava il mento sulla mia spalla. «Non sapevo che sarei finito col perdere tutto il giorno», disse in tono di scuse.
«Avevi detto che saresti venuto a prendermi nel pomeriggio. Ho passato sei ore con tuo padre a giocare a Fortnite e, indovina un po'? Il tuo vecchio ci sa fare!» brontolai lasciando cadere la testa sulla sua spalla.
«Ha imparato dal migliore», gongolò fiero. Poi smise di sorridere e mise su una facciata da orso Yoghi: «Mi dispiace, davvero. La prossima volta farò in modo di avvisarti.»
«Quindi ci sarà una prossima volta?» domandai stringendo una delle mie mani alle sue, ancora sulla mia vita.
Karter annuì. «Parker è diverso, strano a volte. Spesso sembra che voglia mangiarmi con gli occhi e altrettanto spesso sembra che voglia fuggire, ma ho tutta l'intenzione di scoprire per quale ragione», raccontò spensierato. «E poi mi eccita da morire tutta questa attesa.»
Mi girai di scatto, con stupore. «Non l'avete ancora fatto?»
«No.»
«Quindi mi spieghi come avete fatto a fare le ore piccole senza sesso?»
«Abbiamo parlato.»
Inarcai un sopracciglio, divertita. «Tu che parli con un ragazzo? Questa mi suona nuova.»
«Sai che amo la mia voce», ghignò continuando ad abbracciarmi.
«Lo so», confermai. «Ma di solito la vittima del tuo narcisismo sono io.»
Karter sollevò il mento e sorrise. «Parker è stato un bravo ascoltatore ed è curioso.»
«Curioso è il fatto che non ti abbia scaricato in una bettola dell'Upper East Side per farsi uno shot di tequila e un ballerino cubano.» Scherzai pizzicandogli il mento.
Mi prese in braccio a mo' di sposa e mi fece oscillare pericolosamente. «Credi di essere tanto più sopportabile di me?»
«Sì», urlai tra una risata e l'altra.
«Rimarrai zitella a furia di cercare il pelo nell'uovo!»
Continuai a ridere come una pazza, ancorando le braccia al suo collo. «Vivrò con te e tuo marito. Potrei anche farvi da madre surrogata per i vostri marmocchi.»
«Per quale ragione vuoi infliggermi questo supplizio?»
Non feci in tempo a rispondere. Uno dei docenti entrò in sala prove e si schiarì la gola, segnalando la sua presenza. «Signorina Young, signor Hill», ci salutò con un cipiglio severo.
Karter mi rimise coi piedi a terra e afferrò il violino con impeto. «Buongiorno Mr. Smith.»
«Sì, buongiorno», biascicai riprendendo il microfono che mi era volato di mano.
Mr. Smith si sedette e prese il suo registro. «Avevate un compito, se non erro.»
«Dovremmo fare un'ultima prova, a esser sinceri», mormorai in panico. L'appuntamento con Karter era stato fissato un'ora prima del previsto proprio per l'ultima esercitazione.
«Avreste dovuto farla quando ne avevate l'occasione, anziché giocare; non siete due liceali e la Juilliard non ha tempo da perdere dietro elementi poco proficui.»
«Sono arrivato tardi, è stata colpa mia», intervenne Karter.
«Anche mia», mi accodai, posando una mano sulla spalla di lui. «Avrei dovuto svegliarlo.»
Il docente sollevò gli occhi e ci guardò. «Sono felice di sapere che andiate d'accordo e vi dividiate le colpe», iniziò sistemandosi gli occhialetti rotondi sul naso. «Ma, ai fini accademici, non è di alcuna importanza. Avete due minuti per prendere in mano gli strumenti e iniziare con la prova.»
Karter annuì.
Io mi tirai indietro i capelli con entrambe le mani.
«Ci abbiamo già lavorato», disse piano lui, prendendomi il viso tra le mani.
«Una volta», gli ricordai incredula. Tra il mio lavoro e la sua uscita con Parker non avevamo trovato il tempo per esercitarci.
Karter sorrise sghembo. «Basta e avanza.»
«Tu hai un dono naturale, io no», mi lamentai.
«Cinquantotto secondi, signorina Young», mi avvertì Mr. Smith. Aveva messo il timer, davvero.
«La tua voce è un dono», mi rassicurò Karter. «E tu sai come direzionarla.»
Annuii e chiusi gli occhi. Ingoiai un respiro insieme all'ansia che mi stava attanagliando lo stomaco.
Karter prese posto su uno sgabello e si sistemò il violino tra mento e spalla, iniziando a suonare. L'asta toccò le corde, dandomi un attacco delicato per iniziare a cantare.
Chiusi gli occhi e provai a mettere le parole una dopo l'altra, prendendo il ritmo con il corpo. Quando sollevai le palpebre il mio sguardo fu subito su Karter. Era preso dalla sua musica. Le sue dita si muovevano veloci ed esperte sulle corde del suo strumento. I nostri occhi si incrociarono per un istante. Karter sorrise, incitandomi a continuare in quel modo. Soltanto dopo il suo assenso riuscii a cantare per il puro piacere di farlo, dimenticandomi del giudizio che avrei ricevuto e del fatto che poteva costarmi l'intero anno accademico. C'ero solo io, la mia voce e Karter. Karter. «'Cause I got issues, but you got 'em too,so give 'em all to me and I'll give mine to you. Bask in the glory of all our problems'Cause we got the kind of love it takes to solve 'em. Yeah, I got issues. And one of them is how bad I need you.» L'intensità che misi in quelle parole era tutta dedicata a lui. Lui che mi aveva spronato a entrare alla Juilliard. Lui che aveva rinunciato a stare nella sua bella villa per venire a stare alla residenza con me. Lui che mi pettinava e asciugava i ricci con pazienza se io non ne avevo voglia.
Lui, semplicemente lui.
Non pensavo mai sul serio a un fidanzato, perché io avevo già l'altra metà di me e non era necessario che fossimo una coppia di fatto per stabilirlo.
Un applauso giunse alle mie orecchie. Senza rendermene conto l'esibizione era finita.
«Hill, sembra che tu sia nato con il violino in mano», si complimentò Mr. Smith raggiungendo il mio amico.
Karter si alzò e depositò lo strumento nella sua custodia con un sorriso imbarazzato. «Questo vuol dire che è andata bene?» domandò, grattandosi la nuca.
«Se dovessi votare l'impegno ti darei due», ammise divertito. «Ma visto che devo limitarmi a giudicare la performance ti è andata bene.»
«Ottimo!» Karter mi guardò con un sorriso allegro.
Lo sguardo del professore seguì la sua traiettoria. «Signorina Young, ringrazi che il suo compagno fa media sul suo esame; altrimenti, sarebbe già fuori dai giochi», mi rimproverò austero. «Tentenna troppo e quando finalmente trova il ritmo la canzone è giunta al termine.»
Abbassai lo sguardo, torturandomi le dita. «Mi dispiace.»
«Ci credo che le dispiace! Questa università non è come le altre. Qui si crea divertimento, attrazione, arte. Come pensa di intrattenere il pubblico se non sa nemmeno intrattenere un vecchio insegnante?»
Colpita e affondata. «Mi dispiace», mormorai di nuovo, prendendo la borsa. Scivolai via dalla pedana e lasciai la sala con le lacrime che minacciavano di venire fuori.
«Joanne!» mi urlò dietro Karter.
Non risposi. Mi chiusi nel bagno delle ragazze, il respiro pesante si infranse nei polmoni con forza, avevo un uragano dentro al torace.
Karter entrò pochi istanti dopo di me. Stavo annaspando con una mano stretta al petto e una dentro la borsa. I suoi occhi allungati si tinsero di preoccupazione. Frugò nel suo zaino alla ricerca di uno dei miei tanti inalatori. Ne aveva sempre uno a portata di mano per me. «Joanne», frusciò spruzzandomi il medicinale dritto in bocca.
«Perché mi sei corso dietro?» chiesi, quando il respiro iniziò a regolarizzarsi.
Karter mi guardò accondiscendente, passandomi un dito sul naso. «Avresti fatto lo stesso per me.»
«Vero», risposi guardando il nostro riflesso allo specchio, Karter era più alto di me di almeno venti centimetri. «Ma non avrei rischiato un bel voto.»
«Soltanto perché io, al contrario tuo, non sarei scappato dall'aula.»
«Vero anche questo», bofonchiai.
«Sei brava, Jo. Dico davvero. Se non fosse così non avresti passato gli esami di ammissione, sbaragliando la concorrenza.»
«In realtà tu hai sbaragliato la concorrenza,» precisai scuotendo il capo, «io mi sono limitata a prendere il mio posto a fatica.»
Karter rise e si voltò verso lo specchio, sistemandosi i capelli. «Io sono la perfezione, tesoro.»
Scoppiai a ridere senza contegno, spingendolo da una spalla. Lui mi afferrò con un braccio intorno alla vita e portò la bocca sul mio orecchio. «Sei brava, Jo», lo disse talmente piano da sembrare un alito di vento contro il mio orecchio. Il sorriso sparì dalle mie labbra quando un brivido si fece strada nel mio corpo, attraverso quel contatto.

Firts Girly LoveDonde viven las historias. Descúbrelo ahora