4. Rendersi Utile

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Iliana fece appena in tempo a fare un paio di passi, che la porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo, facendola sobbalzare. Si girò di scatto: Alastor era contro di essa, le ombre dietro di lui sembravano crescere d'intensità e dimensione. Continuava a mostrare il suo sorriso, ma l'espressione dei suoi occhi non era affatto divertita.

«Allora, Piccolo Angelo. Vuoi darmi una spiegazione?»

Iliana fece un passo indietro quando lui si staccò dalla porta. «Cosa?»

«Una spiegazione» ripeté lui, inclinando appena il capo. «Sul perché tu sia venuta nel mio hotel.»

«Credevo fosse l'hotel della principessa Charlie, non il...»

Il collare, simbolo del suo asservimento, comparve dal nulla e quasi la strozzò, la lunga catena fluorescente stretta tra le mani di Alastor, che la strattonò appena. «Non mi piace ripetermi. E non mi piace il sarcasmo.» Arrotolò la catena attorno al suo bastone, fin quando non ebbe accorciato la distanza tra di loro. Era così alto che Iliana fu costretta a reclinare il capo, per guardarlo. Le sue mani erano corse attorno al collare, per evitare che finisse col soffocarla.

Le ombre attorno a loro tremarono ancora, inghiottendo la luce scarlatta che aveva illuminato la stanza. Le iridi rosse di Alastor avevano cambiato forma e somigliavano ora a manopole di una vecchia radio. Iliana ne ebbe una paura folle.

«Mi... mi dispiace... non intendevo... io volevo solo...» Il cervello le era andato in pappa. «Non sapevo dove altro andare...» sussurrò alla fine.

Alastor la fissò ancora per qualche istante, poi le ombre si ritirarono e il collare scomparve. Si allontanò in modo così repentino che Iliana si ritrovò a terra senza capire come ci fosse finita. Tossì, il corpo scosso da un tremito.

«Sei perdonata» disse, il tono di nuovo gioviale. Iliana sollevò lo sguardo: lui le stava di nuovo dando la schiena. «Ma, visto che resterai qui, dobbiamo aggiungere qualche regola, al nostro... accordo.»

«Cosa?» squittì lei, le dita ancora attorno al collo. «Tu... tu non puoi cambiare il nostro...»

Alastor si voltò e la raggiunse. Indossava sempre il suo smagliante sorriso. Si chinò e le poggiò il microfono sulla testa. «Oh, Piccolo Angelo. Io posso tutto. Sono o non sono il padrone della tua anima, mh?»

Iliana lo guardò, un misto di disprezzo e paura. Non replicò.

«Vedo che ci intendiamo.» Si sollevò di nuovo in tutta la sua spaventosa altezza. «Ovviamente, non dirai a nessuno degli abitanti dell'Hotel del nostro patto. Inoltre, se il tuo caro Adamo dovesse risvegliarsi e avesse la brillante idea di provare a far del male a qualcuno di loro, non solo distruggerò la tua anima, ma farò a pezzi anche la sua... e stavolta non fallirò.» Roteò il bastone in aria, poi lo riacciuffò al volo e ci si poggiò. «Inoltre, non pretenderai mica di restare qui... gratis?»

Iliana si morse il labbro inferiore. «No, io...» Frugò sotto la mantella e ne estrasse il sacchetto che le aveva dato Zestial. Glielo porse e Alastor lo prese con un ghigno forse stupito.

«Sei sorprendentemente piena di risorse» commentò, aprendolo: all'interno non erano rimasti che un terzo dei Souls che le aveva dato Zestial. «E questi, come te li sei procurati?»

«Io...»

La punta del bastone tornò a sollevarle il mento. «Non mentirmi.»

«Non avevo intenzione di farlo» si difese lei, cominciando a sentirsi arrabbiata.

Questo dovette divertirlo, perché sbruffò e riportò il bastone al proprio fianco, facendole cenno di proseguire.

«Ho venduto la mia lancia angelica.»

𝐒𝐄𝐑𝐄𝐍𝐃𝐈𝐏𝐈𝐓𝐘 | 𝐇𝐀𝐙𝐁𝐈𝐍 𝐇𝐎𝐓𝐄𝐋Where stories live. Discover now