Capitolo 7. Fantasmi

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CAPITOLO 7

FANTASMI


Sicilia, Isola di Santo Stefano

Luglio 2015


Vittoria sollevò le palpebre e subito le richiuse di scatto quando la luce violenta del sole le ferì gli occhi. Rimase ferma, distesa nel letto in un groviglio di lenzuola, la pelle sudata e bruciante per il caldo, immersa in quello stato di torpore e confusione che segue il risveglio. A mano a mano che usciva dal sonno e acquisiva consapevolezza della realtà, si rendeva conto che c'era qualcosa di strano: il materasso sotto di lei era più duro del solito, come se fosse stato usato meno, e il lenzuolo attorcigliato intorno al suo corpo aveva un profumo nuovo, diverso da quello che la accoglieva ogni mattina appena sveglia. Riaprì gli occhi con cautela, cercando di abituarsi piano alla luce, e quasi nello stesso momento ricordò. Non era nella sua stanza, a Milano, ma nella camera per gli ospiti della dépendance di Rosa e Alberto, la coppia di amici dei suoi genitori che si era offerta di ospitarli a Santo Stefano.

Sospirò, si stropicciò gli occhi e si mise a sedere nel letto, guardandosi intorno. Le persiane della portafinestra che affacciava sul giardino erano abbassate solo a metà e lasciavano entrare la luce del mattino a fiotti densi e caldi. La sera prima doveva aver dimenticato di chiuderle. Era esausta, come se non avesse chiuso occhio. Il viaggio in auto da Milano a Civitavecchia, poi in traghetto fino a Palermo e da Palermo a Santo Stefano, era stato lungo e faticoso. La sera prima la stanchezza le era piombata addosso all'improvviso. Aveva cenato a malapena, poi aveva fatto una doccia e si era buttata sul letto senza neanche aprire le valigie. Il suo trolley viola se ne stava ben chiuso davanti all'armadio e sembrava rimproverarla silenziosamente.

Si stiracchiò, allungando i muscoli contratti e ancora addormentati mentre scendeva dal letto. Alla stanchezza del viaggio si era sommata la tensione che era cresciuta sempre di più a mano a mano che si avvicinavano alla meta. Anche se con lei i suoi genitori si mostravano sempre sereni, erano diventati sempre più seri e cupi. L'arrivo sull'isola, però, era stato bello. Vittoria l'aveva guardata avvicinarsi a poco a poco dal ponte del traghetto, una sagoma di un azzurro polveroso e dal profilo frastagliato che si stagliava contro l'azzurro chiaro e intenso del cielo estivo e diventava sempre più netta e definita. Quando il traghetto si era avvicinato abbastanza aveva visto le coste alte e rocciose tagliate da piccole spiagge e calette sassose che si incuneavano come profonde ferite nella roccia. Portosalvo, l'unico porto e il principale centro abitato dell'isola, si era rivelato all'improvviso, quando il traghetto aveva fatto una virata un po' brusca verso est che aveva strappato a Vittoria un sussulto allo stomaco: un gruppo di case antiche dipinte a colori sbiaditi dal tempo (rosa, azzurro, giallo, verdino) strette tra loro come una nidiata di pulcini appena nati, addossate alle rocce e attraversate da stradine e viuzze in pendenza che sembravano precipitare verso il mare e ogni tanto, a sorpresa, si aprivano su uno slargo dove gli anziani sedevano in cerchio a chiacchierare.

Dal porto si raggiungeva la polverosa piazza centrale percorrendo una strada che dopo pochi passi si trasformava in un vicolo e poi, dopo la piazza, si allargava di nuovo. Sulla piazza affacciavano una chiesa barocca dedicata al patrono dell'isola, una stazione di polizia che sembrava abbandonata e un bar dall'aria antica con tavolini e sedie colorate all'aperto. Dal 1950, recitava l'insegna appesa sulla porta a vetri. Nelle stradine strette e tortuose ogni tanto comparivano tra le case uno squarcio di mare e sole e le macchie bianche delle barche sulle onde.

Claudia e Stefano erano scesi dal traghetto con due identiche espressioni di ghiaccio che si erano sciolte solo un pochino dopo aver visto Rosa e Alberto che li aspettavano al porto. Avevano sorriso appena davanti al calore e all'entusiasmo della loro accoglienza e Claudia era rimasta piuttosto rigida anche quando Rosa l'aveva stretta in un abbraccio energico. Si conoscevano dalla prima media, erano andate a scuola insieme ed erano state inseparabili fino a quando Claudia aveva abitato sull'isola. Dopo che lei si era trasferita, il loro rapporto era rimasto immutato. Anche se Claudia non tornava a Santo Stefano da tanti anni, avevano continuato a sentirsi quasi ogni giorno e a vedersi ogni volta potevano. Rosa andava a trovarli spesso con Alberto, il suo compagno, e un paio di volte avevano anche fatto le vacanze insieme.

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