Il confine tra bene e male

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La luce blu del pc inonda il mio monolocale. Il messaggio di 22 brilla sulla schermo; mi fissa, come se i suoi occhi fossero dentro il display.

Vorrei chiudere il pc, far finta di nulla, ma tanto è inutile: chiunque sia 22 sa già tutto: che lo sto cercando, che voglio conoscerlo, che sono uscito con Sofia solo per avere informazioni su di lui. Lo aspettavo da troppo, ma ora che è davanti a me non so più come comportarmi. Forse dovrei lasciar perdere, non rispondere, buttarmi a letto e cancellare questa giornata...

Poi di punto in bianco il messaggio sparisce.

Mi avvicino al display, pensando di averlo perso; ricarico la pagina, ma niente. Poi ripenso alla serata, a quanto ho bevuto, e valuto la possibilità di essermi immaginato tutto.

«Ti do una mano a rilassarti, se preferisci, *****».

I messaggi di 22 riappaiono sul monitor, come per magia. E per poco non mi ribalto dalla sedia.  Come diavolo fa a conoscere il mio nome? Nessuno, nella Dioscuri, può avere accesso ai dati personali degli altri operatori. Siamo sconosciuti che lavorano insieme; nulla di più.

«Io sì, però» lo scrive come se mi avesse appena letto nella mente. «So che hai 28 anni... so che in quartiere vivi, conosco la strada e il piano del tuo appartamento. Sono due... il tuo è quello a destra».

M'impongo di non avere paura: chiunque sia, è soltanto un uomo. E se fosse un'IA... beh, non dovrei stupirmi: queste sono tutte informazioni reperibili. «Cosa vuoi che ti dica?» digito sulla tastiera. «Che sei molto abile?»

«Più di te, a quanto pare...» risponde 22. «Sono mesi che provi a scoprire chi sono... hai persino tentato di raggirare un mio utente, una mossa stupida che ti è costata un sacco di tempo...oltre che una bella sbronza».

Tutti quei punti di sospensione riescono a infastidirmi. «Solo perché hai trovato i miei dati personali, non significa che tu mi conosca. Il mio indirizzo di casa, il mio nome, sono informazioni che anche un hacker alle prime armi può trovare».

«E che mi dici... del tuo piccolo hobby?».

«Non so di che parli».

«Sai bene a cosa mi riferisco».

Rabbrividisco. 22 non può saperlo, no che non può.

«Quello che hai fatto al tuo utente... e allo zio di quel ragazzo» riprende a scrivere. «Sono solo la punta dell'iceberg di tutte le tue punizioni. Da quello che vedo... hai già fatto fuori 9 dei tuoi utenti».

«Come fai a saperlo?».

«È importante?».

«No» rispondo. «Quindi che pensi di fare? Vuoi farmi arrestare?».

«Dici che dovrei?».

«Dimmelo tu».

«Ti senti libero di giudicare e uccidere... e poi mi chiedi un parere? Forse non sei come t'immaginavo».

«E come m'immaginavi?».

«Risoluto... determinato... senza scrupoli».

Continuo a fissare i messaggi che appaiono e scompaiono sul display; non so che rispondere.

«Se non sei convinto di ciò che fai... allora sì, penso che ti farò arrestare».

Di nuovo quei maledetti punti di sospensione; e poi il silenzio. Sembra che lo faccia apposta. «E se invece lo fossi?».

«Ti chiederei di conoscerci».

«Perché?».

«Ci deve essere un perché?».

«C'è sempre un perché».

Non risponde subito. «E qual è il tuo?» mi domanda. «Perché hai ucciso quelle persone?».

«Perché erano feccia» digito senza pensare. «Perché il nostro sistema giudiziario fa schifo. Perché qualcuno deve avere il coraggio di prendere decisioni drastiche».

Non risponde più. Continuo a guardare la pagina bianca, e per un attimo mi chiedo se non mi sia davvero immaginato tutto. Sono ancora sbronzo e forse sto delirando.

Ma poi mi arriva un file.

«Che cos'è?» scrivo.

«Sono i dati di un mio utente... un uomo di 60 anni che vive con la madre».

«E che cosa dovrei farci?».

«I due vivono di stenti... utilizzando la pensione di lei. C'è un problema però...».

Comincio a non sopportare il suo modo di non chiudere le frasi: come se provasse piacere a concedermi l'ultima parola. «Che problema?» domando.

«Lei è morta da due mesi... ma lui non lo ha comunicato a nessuno. In questo momento, sta nascondendo il cadavere in casa. Non ha soldi per sopravvivere... figuriamoci per pagare un funerale. Se qualcuno lo scoprisse... perderebbe la pensione della madre».

«Come fai a saperlo?».

«Te l'ho detto... è un mio utente».

«Parla chiaro, allora. Cosa vuoi che faccia?».

«Da oggi sarà un tuo utente... lui continuerà a chiamarti 22. Non saprà che sei tu... perché utilizzerai la mia stessa voce».

«Perché?».

«Perché voglio vedere come ti comporti, quando il confine tra bene e male... non è più così evidente».

«Cos'è per te? Una specie di gioco?» digito le parole con talmente tanta forza da farmi male ai polpastrelli.

«Solo un modo per decidere...».

«Per decidere cosa?».

«Se incontrarti... o meno».

La chat con 22 si dissolve nello schermo. Sul desktop rimane solo l'allegato. Lo apro e appare la foto dell'uomo con suo madre: lei sorride, lui no; come se sapesse che prima o poi la avrebbe lasciata morire, continuando a vivere accanto al suo cadavere come se nulla fosse.

«E ora?» dico ad alta voce: non so cosa fare, sono ancora sbronzo, ma so con certezza che tutto quello che è successo è reale.

Ne sono più che sicuro.

22Where stories live. Discover now