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Di colpo mi lascio andare, e il mio corpo inizia a muoversi da solo. Indosso l'oculus e rientro su Castore, stavolta nel server del signor Bruno. Come immaginavo, è in una room privata: quella che ricrea la sua vecchia villa. Vedo che sta seguendo i miei consigli, che si sta godendo il passato.

Entro col profilo aziendale, ma chiedo a Castore di farmi entrare con le sembianze del figlio.

A quel punto, la mia vista si riempie d'acqua. Improvvisamente mi ritrovo immerso in un mondo azzurro insieme a tante piccole bolle. Riemergo in superficie e il sole mi acceca. Sono nella villa. Il signor Bruno, seduto sul bordo, mi saluta. Sorride, mentre mi chiama per nome. Pensa che io sia suo figlio. Lo raggiungo a nuoto, chiamandolo papà.

Per un po', parliamo del più e del meno. Per me è facile. So tutto del signor Bruno. Conosco la sua storia e interpreto il figlio alla perfezione.

«Mi manchi anche tu papà» dico a un certo punto.

«Co-cosa?» balbetta lui, come se lo avessi preso alla sprovvista.

«Non te l'ho detto prima» dico. «Perché non volevo spaventarti. Ma sono io papà... e mi manchi anche tu».

Lui si getta in acqua, completamente vestito. Mi abbraccia. «Lo sapevo» dice. «L'ho sempre saputo, te lo giuro». Non ci stiamo abbracciando davvero, non siamo nemmeno in una vera piscina. Ma è un bel momento. Così bello da sembrare reale.

Il signor Bruno è un fiume in piena. Mai è stato così entusiasta nelle nostre sedute. Mi racconta altro della sua nuova vita, di com'è triste senza di lui e senza la moglie.

Io continuo a fingere, dicendo che mi sarebbe piaciuto esserci.

«Perché?» mi domanda. Si vergogna a formulare la domanda per intero, ma so che allude al suicidio. «Perché lo hai fatto?».

Sento che dovrei fermarmi. Che posso ancora tornare indietro. Che posso togliermi l'oculus e smetterla lì. Ora, subito, immediatamente.

«C'era un uomo...» comincio. «Fuori la mia vecchia scuola».

La bugia si espande. Diventa una storia. Racconto di come mi ha adocchiato. Di come mi ha portato in un bar. Di come mi ha lasciato parlare. Di come mi ha invitato a casa. Di come mi ha detto che gli ricordavo la moglie. Una moglie passata, di una vita precedente. E di quello che mi ha costretto a fare, per troppi, troppi anni.

Gli occhi del signor Bruno cambiano. Non li ho mai visti così. Trasudano rabbia. Trasudano morte.

Con un filo di voce, mi domanda: «Ricordi il nome?».

Fingo di non volerlo pronunciare. Che al solo pensiero sento ancora crollarmi il mondo addosso.

Il signor Bruno si avvicina, ma il suo corpo comincia a sfarfallare. È in acqua con me, ma i suoi vestiti sono asciutti, così come i capelli e il viso. È tutta un'illusione, penso. Ma i suoi occhi no. «Dimmi il nome». Suona come un ordine, che senza replicare eseguo...

Facendo il nome del bastardo.

Il giorno dopo, riattivo l'oculus solo in tarda mattinata. Noto che ho saltato diversi appuntamenti, ma non importa. Li recupererò più tardi. Per il momento mi godo la spunta offline del bastardo. 


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