22.1

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So tutto di Sofia.

Ho raccolto informazioni da ogni piattaforma: Facebook, Instagram, LinkedIn e TikTok. E infine dalla Dioscuri. Mi sono informato sui suoi libri preferiti, sui suoi film preferiti e sulla musica che ama: con questi dati posso evitare disagi e silenzi imbarazzanti; posso metterla a suo agio; lasciare che si rilassi e che si apra con me... 

Solo così posso avere qualche informazione su 22.

Continuo a ripetermi il piano mentre salgo sulla metro, mentre faccio il cambio a Termini e attraverso labirinti marci e trombe infinte di scale mobili. Quando scendo a San Giovanni e m'incammino su via Magnagrecia, mi studio alcune bugie funzionanti: faccio lo psicologo freelance e voglio scrivere un libro. Sì, dovrebbe funzionare. Se mi chiederà della Dioscuri, dirò che la conosco - come tutti, del resto - ma che non mi c'iscriverei mai.

Figuriamoci, le dirò. Perché dovrei?

A quel punto sarà Sofia a elencarmi i benefici della Dioscuri. Come ogni utente, mi dirà che la sua vita è cambiata grazie a Castore e Polluce.

Io le dirò che non le credo, che voglio la mia privacy e altre stronzate del genere. Infine aggiungerò che nessun operatore potrebbe mai capirmi; che non esiste un operatore così bravo.

Sì, penso. Userò queste esatte parole. Così sarà lei a parlarmi di 22.

Facile, mi dico. Basta fingermi interessato. Ascoltarla, annuire e virare il discorso sul suo rapporto con l'operatore. A quel punto, potrei riuscire a intuire la tecnologia che si nasconde dietro 22: una tecnologia che potrei sfruttare a mio vantaggio, per migliorare la mia missione. Pensaci... se anche io potessi controllare 10k di utenti, potrei scovare facilmente i criminali che si nascondono nella Dioscuri.

Arrivo puntuale. Lei no.

Entro nel locale e chiedo un tavolo all'esterno, sotto ai funghi. Siamo a gennaio, ma Roma è strana d'inverno: a pranzo fa caldo, a cena si muore di freddo. Al tavolo mi accompagna una ragazza giovane. Indossa un total black, come tutti i ragazzi del locale, ma su di lei il nero contrasta con i capelli color platino.

Mentre aspetto Sofia, mi faccio una sigaretta e do un'occhiata al menu. Non te l'ho mai detto, ma amo guardare i menu: più sono ordinati e precisi, più li adoro. Non chiedermi il perché. Questo menu è scritto per verticale e ogni riga è occupata da un piatto o da un cocktail. Me li studio tutti, leggo e rileggo gli ingredienti uno a uno, forse per staccare il cervello.

Non faccio in tempo a finire la lista dei cocktail che sento una voce alle mie spalle.

«Scusami, scusami» dice Sofia raggiungendo il tavolo. «Sei qui da molto?».

Spengo la sigaretta e mi alzo per darle un bacio sulla guancia. Sì, in realtà. «No, figurati». Poi indico il fungo. «Mi sono messo fuori, se per te non è un problema».

«No, no. Hai fatto bene» mi tranquillizza lei, levandosi il cappotto.

Ci sediamo e commentiamo insieme la carta dei cocktail. Anche lei la trova stravagante, un po' costosa, dice, ma evidentemente saranno buoni.

Evidentemente sì...

Ne ordiniamo due diversi, così da provarli entrambi.

«Come l'hai trovato questo posto?» mi chiede guardandosi intorno.

Il proprietario è un mio utente, sarebbe la risposta sincera, ma ne ho un'altra di riserva. «Volevo cambiare zona e provare un posto nuovo. Così mi son detto: perché non stasera?».

«Hai avuto una buona idea» dice. «Io non ci avrei mai pensato. Forse perché non vengo mai a Sangio. O forse perché è vicino a dove lavoro».

Ecco il primo dato: Sofia lavora qui vicino, cosa che già sapevo. Ed ecco il secondo: Sofia non ama il suo lavoro, tanto da non voler uscire nei pressi del suo ufficio.

22Where stories live. Discover now