CAPITOLO I

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CAPITOLO I

Londra, 1890 , le campane della torre rimbombarono, il freddo era tale da scorgere piccole lastre di ghiaccio velare il terreno con una delicatezza da sembrare fatate, poche carrozze percorrevano le strade e le ombre delle persone si coricavano nelle proprie dimore dando spazio al nulla; un silenzio quasi tombale se il giovane Ray Barck non fosse, come da consueta abitudine, in preda ai propri incubi: urla, pianti, lamenti, nomi senza alcun significato e parole dal linguaggio sconosciuto uscivano da quella stanza nel bel mezzo del crepuscolo, provocando un eco tale da sentirsi per miglia e miglia.
Povero ragazzo! Chi sa quali malattie lo percuotono!  Che famiglia! Pazzo! Pensava impaurita la gente tenendosi lontana dalla casa alquanto malconcia della famiglia Barck, ma per Ray quella appena trascorsa fu una serata speciale, infatti, il diciottesimo compleanno arrivò e gran parte del fanciullo che vi era in lui lasciava spazio a quell'immagine adulta che col tempo sarebbe diventato. Esatto, col tempo... perché nonostante il passare degli anni questi incubi rimasero incollati a lui presentandosi sempre sotto la stessa forma, con gli stessi esseri e luoghi maestosi ma allo stesso tempo così terrificanti da far rabbrividire persino uno spettro.
Iniziò tutto al decimo compleanno del ragazzo, quella sembrò una normalissima serata di festeggiamenti: cena con parenti e regali davanti al camino con un bel fuoco acceso ... ma così non fu!
Appena il piccolo Ray chiuse gli occhi entrò in un mondo ben diverso da quello onirico, ove ognuno sogna e si spaventa, ma lo attese un qualcosa di fin troppo strano da poter essere immaginato da un semplice bambino; quel luogo era immenso: dodici pianeti per la precisione tutti diversi l'uno dall'altro, ognuno abitato da strane creature, i più bizzarri? I Dorfox, piccoli esseri con le orecchie cosi lunghe da toccar quasi il terreno, mai visti prima d'ora, neanche nelle miglior botteghe di giocattoli di Londra, avevano questo aspetto tenero, ma i denti, una volta aperta la bocca avrebbero fatto cambiare idea a chiunque riguardo la loro tenerezza: erano talmente affilati da poterli paragonare a quelli di un piccolo squalo. Da quella notte per il piccolo Barck tutto cambiò, i sogni con il trascorrere degli anni si fecero sempre più dettagliati fino ad arrivare alla conoscenza quasi completa delle creature abitanti di quel fantastico mondo, buone o cattive, tenere o irascibili, ma soprattutto amiche o nemiche.
I diciotto anni arrivarono così rapidamente per lui e il momento di scoprire la realtà era molto più vicino di quanto si potesse immaginare. Con l'ultimo rintocco l'inverno arrivò e le tenebre giunsero a casa Barck.

L'alba alle porte e l'unico a darle il saluto era come sempre il fornaio di quartiere, lavoratore di notte e di giorno. Possibile che non fosse mai stanco, era forse un immortale? Un superuomo? Uno stregone? Nessuno può saperlo.
Ad un tratto il fornaio vide in lontananza una figura femminile, probabilmente una giovane ragazza: indossava una mantella col cappuccio che le copriva per metà il volto, i capelli fuoriuscivano dal bordo, erano di un colore rossastro, quasi innaturale, una folata di vento le alzò di quel poco il ciuffo da potervi finalmente intravedere gli occhi, qualcosa di mai visto prima d'ora, erano viola, un colore non umano; ma che intenzioni aveva tale creatura, buone o cattive? Voleva uccidere o soltanto vivere in pace? Mille pensieri passarono per la testa del povero fornaio ma nulla di sensato lo condusse alle risposte, solo caos.
La giovane si diresse verso casa di Ray... ah giusto Ray ... un ragazzo alto, magro, con occhi castani e una folta chioma di capelli color cenere, molto strani per la sua età. Stava sempre sulle sue e gli amici non erano il suo forte, tanto che li si poteva contare su una mano, quello con cui passava più tempo? Decisamente Tord Preston: ragazzo timido e generoso che al contrario dell'amico risultava alquanto fifone a tal punto da spaventarsi anche della propria ombra.
Una coppia perfetta insomma!­ ­­­­­
Improvvisamente la ragazza alzò le mani stringendo qualcosa all'interno di esse, chiuse gli occhi e come per magia sparì lasciando l'uomo senza parole e con molte più domande di prima.
Comparve pochi secondi dopo nell'atrio di casa Barck, i mobili rustici erano distribuiti in maniera caotica, le pareti erano tappezzate con carta da parati scadente, il tutto ornato dalla sera precedente con cartelli di buon compleanno e un paio di candele da quattro soldi che illuminavano a malapena l'area circostante, al centro della stanza si faceva spazio tra le ombre un piccolo tavolo, così piccolo che si faticava a vederlo; a quel punto, dopo aver dato una rapida occhiata intorno, attraversò il corridoio senza farsi sentire dalla famiglia Barck che dormiva profondamente nella stanza accanto, arrivata dinanzi la camera di Ray guardò la porta e, come un fantasma, la oltrepassò.
Ecco Ray, in preda come sempre ai propri incubi, lo osservò e con un sorriso sul volto gli posò la mano destra sulla fronte. Essa iniziò ad emettere un fascio luminoso che in pochi secondi risucchiò tutta la stanza in un unico bagliore, il ragazzo smise di lamentarsi e aprì gli occhi.

« Chi sei? Cosa ci fai nella mia stanza? Lasciami stare! Capito? » domandò alquanto scosso alla visione dell'intrusa.         

« Mi chiamo Aria, non posso dirti da dove vengo ma so cosa ti sta succedendo », rispose lei.

« Aria? Che nome sarebbe questo? Per non parlare dei tuoi occhi, bizzarri, sembrano quasi finti », disse Ray con un sorriso quasi beffeggiatorio nei confronti della giovane, per poi alzarsi dal letto e con un gesto del braccio accompagnarla verso l'uscio della porta.  
« Non mi sta succedendo nulla! Racconta le tue fesserie da un'altra parte! Se non te ne vai subito chiamo aiuto!» concluse prima di cacciarla dall'abitazione senza dare minimamente peso a ciò che avesse detto. Chiuse la porta e come se niente fosse tornò a dormire.          
Questa volta l'incubo non tornò, il ragazzo non dormiva cosi bene da molti anni e anche se si trattò solo di qualche ora fu il sonno più ripagante dell'ultimo decennio, così che al suo risveglio, non essendo abituato a tale sollievo, scambiò l'incontro con Aria per uno dei suoi soliti sogni dando ad esso ancor meno peso di quanto non avesse già fatto. Quindi come ogni mattina si alzò e con gli occhi ancora socchiusi si diresse verso il bagno per avviare le preparazioni di routine, ma qualcosa in lui era cambiato, infatti, una volta davanti lo specchio, sollevando appena la manica sinistra della vecchia veste da notte che indossava, si rese subito conto di una piccola striscia di color nero sulla pelle, i suoi occhi si spalancarono improvvisamente e pian piano, impaurito e ignaro di ciò che lo aspettava, si tolse il resto dell'indumento.

« C-cosa d-diavolo è? » disse il ragazzo balbettando dalla paura; un'enorme serie di righe con scritte senza alcun apparente significato ricoprivano l'intero braccio sinistro di Ray che rimase impietrito per alcuni minuti, poi qualcuno bussò alla porta: era la madre che lo incitava a raggiungerla per la colazione, il ragazzo si mise la maglia con una velocità tale da battere ogni record e dopo un grosso respiro si unì alla famiglia.        
« Buongiorno ragazzo! Passato una bella nottata? » domandò il vecchio Barck al giovane, che intento a coprirsi il braccio dalla vista dei genitori ci mise un po' per rispondere.  
« Decisamente padre, senza dubbio la migliore in assoluto », rispose Ray ancora preoccupato e pensieroso per ciò che gli stava accadendo. L'aria cominciava a farsi sospettosa e il ragazzo senza dilungarsi troppo prese velocemente la borsa a tracolla, ci infilò qualche libro e salutando tutti, uscì.

PHOENIX: La nascita della FeniceWhere stories live. Discover now