CAPITOLO 15

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Pov di Ivan

Sono un idiota. Mi odio per quello che avevo fatto e di quello che avevo detto ad Ariane.
La stronzata più grande che ho fatto in vita mia è stata quella di aver reagito in maniera eccessiva alla vista di lei e quel Josh insieme, poi litigare ed essermi presentato davanti la sua porta come uno stupido. Perché mi aveva scaricato e di me non le importava più nulla, e non so se mi avrebbe mai perdonato. Sarei stato disposto a tutto, avrei fatto di tutto, e volevo che lei lo sapesse.

Ma mi rendevo conto che non era possibile.
Avevo distrutto e perduto tutto ormai.

Quando ieri l'avevo vista avevo voglia di entrare, chiudere la porta alle nostre spalle, prenderla per i fianchi, quei perfetti fianchi, e baciarla, su quelle perfette labbra, tutta la notte senza mai smettere, e fare tutto quello che avevo sempre immaginato.

Invece questo lo aveva fatto sicuramente con Josh. Dio, quest'immagine mi stava torturando.

Avevo bisogno di una boccata d'aria fresca per non pensarci, o almeno provarci.

Presi il portafoglio, le chiavi, il telefono e li misi nelle tasche dei jeans.
Miei delle semplici scarpe da ginnastica, una giacca di pelle nera e uscii.

Non avevo una meta precisa stavo camminando dovunque pur di tenere la mente occupata. Faceva un po' freddo, non avevo guardato fuori dalla finestra prima di uscire, e come non detto iniziò pure a piovere. Decisi di andare in posto al coperto ma nella zona in cui ero non c'era neanche un bar o un negozio. Vuoto. Come la mia vita in questo momento. Forse era il destino che aveva deciso così.

Vidi una fermata dell'autobus così mi misi lì sotto ad aspettare che ne passasse uno che portava vicino casa mia.

Aspettai una decina di minuti ma finalmente passo un autobus che portava a Times Square, non vicino casa, ma almeno lì c'erano tanti posti al coperto e alcuni dei miei amici abitavano lì vicino al massimo.

Si fermò e quando le porte si aprirono salii.
Non c'era neanche un posto libero quindi rimasi in piedi vicino al posto dei disabili.

Nella fermata dopo vidi salire la persona che stavo evitando, eppure per volere del fato era qui. Ariane.

La guardai di sfuggita per non farmi beccare, come se non l'avessi notata o non mi importasse nulla di lei.

Ma dato che i posti che si erano liberati sono stati immediatamente occupati nuovamente, si ritrovò di fianco a me.

Ignorala, ignorala, ignorala Ivan.

Il tragitto purtroppo era ancora lungo.

Per tutto il tempo non ci rivolgemmo una singola parola. Anche se i nostri sguardi parlavano molto di più di quanto potessero mai fare le parole.
Io la guardavo freddo per non sembrare fragile, ma secondo me aveva capito che la stavo guardando anche con occhi imploranti e che chiedevano il perdono.

Lei invece mi stava pregando di non dire o fare niente. Anche se si vedeva che le mancavo così come lei mancava a me.

Anche oggi era molto bella, sempre vestita in modo semplice, ma pur sempre fantastica.
Indossava dei pantaloni a palazzo neri, e le maglietta era nascosta dal giubbotto blu scuro tendente al nero.
Aveva degli stivaletti bianchi abbinati alla borsetta dello stesso colore.
I capelli invece erano legati in una alta coda di cavallo.

Poi l'autobus si fermò di colpo e Ariane perse l'equilibrio e cadde addosso a me che la strinsi forte al mio petto per reggerla.
Lei si salvò ma la sua borsa cadde per terra.

Alzò un po' la testa e ci guardammo ancora, come stavamo facendo il momento precedente.

Poi le presi le mani con le mie accarezzandole il dorso con i pollici, continuando a guardarla negli occhi.

Ma lei si gelò al mio tocco e si staccò da me infastidita e si sistemò subito.

«Ehm..Da quando prendi l'autobus tu?» mi chiese con un certo imbarazzo, tanto che le guance le erano diventate rosse.

«Questa è un'eccezione» risposi.

Si limitò ad annuire.

«Oh, questa è la mia fermata» disse per sciogliere la tensione.

«Anche la mia».

Si aprirono le porte, ma io prima di scendere vidi la sua borsetta ancora per terra e la presi per restituirgliela.

Però rimasi fermo ancora un po' per vedere dove andasse.

E si diresse verso una macchina da cui uscì, sfortunatamente, Josh.

Con un mazzo di tulipani gialli tra l'altro.
Il ragazzo sta cercando di conquistare terreno. Almeno che non l'abbia già fatto, perché Ariane si gettò tra le sue braccia in un abbraccio che durò due secondi, ma sembrava fosse durato due ore.
E quello che mi sorprese di più, o forse no, è stato quando le loro labbra si erano incontrate in un bacio pieno di passione.

Feci la linguaccia come a dire "bleah!" e me andai prima di poter vedere altro.

La borsa gliela avrei data un altro giorno, almeno sarebbe stata costretta a venire da me.

Anche se non sapeva che la possedevo io.

Non sapevo se avessi dovuto scriverle.

Presi il telefono dalla tasca dei jeans, ma rimasi lì fermo a osservarlo. Alla fine lo rimisi in tasca rinunciandoci.

Forse un'altra volta.

La aprii per vedere cosa vi era dentro, non per fare il ficcanaso, ma per verificare se ci fosse qualcosa di importante che potesse servirle quotidianamente.

Dentro trovai delle chiavi, il portafoglio, un burrocacao, una penna e un pezzo di carta bianco, un bracciale, un paio di orecchini, un piccolo campioncino di profumo, una mini spazzola portatile, delle gomme da masticare e delle caramelle per la gola.

Era piccola ma molto capiente a quanto pare.

Almeno il telefono lo aveva con sé.
Però le chiavi no. Come sarebbe tornata a casa?

Al limite c'era quella di Josh.

Però dovevo restituirla o se avrebbe saputo che l'avevo io sarebbe andata su tutte le furie.

Ma ormai era salita nella macchina del suo nuovo fidanzatino e avrei dovuto aspettare.

Alla fine decisi di tornare a casa a piedi anche se la strada era un po' lunga.

Dovevo ascoltare un po' di musica quindi misi la mano in tasca per vedere se per caso erano rimaste lì le cuffie bluetooth.

Per mia fortuna le trovai. Forse era una cosa positiva non togliere mai niente dalle tasche.

Le collegai al telefono e andai su Spotify facendo partire la mia playlist preferita dove  erano presenti un po' di Taylor Swift, Ed Sheeran, The Weeknd, Adele e altri artisti vari.

Anche ad Ariane piacevano, avevamo gli stessi gusti musicali.

***

Ci misi un po' ma finalmente ero arrivato.

Entrai e vidi mia madre seduta sulla poltrona e non appena sentii dei passi si voltò verso di me.

«Ivan! Tesoro, dove sei stato?» mi domandò sbalordita.

«I-Io sono uscito un po'».

«Che cos'hai in mano?» mi chiese poi guardando la borsetta di Ariane che stavo ancora tenendo in mano. Se le avessi spiegato tutto mi avrebbe fatto un monologo. Dovevo nasconderla!

«Lunga storia, lascia stare» risposi semplicemente per evitare di parlarne, con lei specialmente.

«Non sarà per caso della ragazza a cui sto pensando io?».

Perché non stava mai zitta e si faceva i fatti suoi?!

Restai un secondo in silenzio e l'attimo dopo scappai di sopra, sentendo un sospiro di mia madre naturalmente, e mi rinchiusi in camera.

Okay basta, avevo deciso. Domattina sarei andato a casa sua e con la scusa di restituirle quella stupida borsa le avrei parlato, sperando non finisse come la scorsa volta.
Ma non mi sarei arreso fino a che non avesse fatto la persona matura anche lei e avesse deciso di rivolgermi la parola.

Fine pov di Ivan

Fidanzati ProvvisoriWhere stories live. Discover now