CAPITOLO 6

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Pov di Ariane

Ci dirigemmo verso la macchina.
Lungo il tragitto nessuno aprì bocca.

Non mi aspettavo mi baciasse. Io lo odio, lui mi odia, o almeno credo dopo questo evento.
Certo, il bacio non è stato male, anzi, ma non potrebbe mai funzionare tra di noi. Siamo troppo diversi.
Anche se fino a un paio di anni fa pensavo il contrario, ho capito che non è possibile questa storia.
E poi lui è arrogante, egoista e troppo fiero di sé.
Io invece mi definisco una persona altruista e gentile.
Quindi non siamo compatibili, le persone così mi infastidiscono.
Appena lo avevo conosciuto era diverso, poi è cambiato.

Ivan accostò la macchina dato che eravamo arrivati.

Io uscii senza fiatare ma una mano mi fermó, quindi girai la testa.

«Mi dispiace ancora».

Annuii e me ne andai.
Mi diressi verso la porta di casa, ma lui non se ne era ancora andato.
Probabilmente mi stava osservando e ciò mi mise un po' a disagio.

Entrai, chiusi la porta e mi diressi subito verso la finestra che dava verso il cancello e il giardino.

Se ne stava finalmente andando.
Il mio cuore riprese a battere dopo che si era fermato in quei ultimi minuti.

Andai in bagno per struccarmi e togliermi il vestito completamente fradicio.

La giacca.

Avevo dimenticato di restituirla ad Ivan.

Cazzo.

Ora dovevo dargliela in qualche modo, e ciò significava doverlo vedere. Faccia a faccia.

E se avessi mandato un collega al posto mio? Stava male?.

Sì, avrei fatto così probabilmente.

Dopo tutto questo non era il caso di rivederlo.

E anche lui pensava lo stesso sicuramente.

Andai a dormire non pensando a quello stupido e ai suoi parenti, pure loro stupidi.
C'era qualcuno di decente in quella famiglia? Forse solo la madre si salvava.

***

Nuovo giorno, e nuovo giorno in cui si andava a lavoro e si incrociavano le dita per non vedere certe persone.

Entrai in ufficio e vidi Giosy, sembrava stare meglio rispetto all'ultima volta che l'ho vista.

«Ciaoo!» la salutai per cogliere la sua attenzione.

«Oh, ciao!» rispose lei sorridendo.

«Ti vedo meglio vero?» azzardai a chiedere sperando non avessi sparato una cazzata.

«Sì, con il mio ragazzo ci stiamo riprendendo. Per lui non è facile come lo è per me ovviamente, ma pian piano ce la farà».

«Capisco».

«Ti avevo promesso un invito a cena comunque, che ne dici di stasera? Sei impegnata? Mi devi aggiornare su tutti i nuovi gossip» disse con entusiasmo. Era la solita.

«Sì, volentieri. È da un po' che non ci vediamo fuori da lavoro per passare del tempo insieme. Ma sei sicura che il tuo ragazzo voglia ospiti?» chiesi per accertarmi, non si sa mai.

«Certo, ne ho già parlato con lui ieri prima di chiedertelo» rispose tranquillizzandomi.

«A che ora?».

«19:30 circa».

«Perfetto allora. A stasera!».

«A stasera» disse per poi stringermi in un forte abbraccio soffocandomi e andandosene.

«Fai la brava» aggiunse facendo l'occhiolino.

Tirai gli occhi al cielo e girai i tacchi per andarmene verso il corridoio.

Vidi Michael, un mio collega ma anche un buono amico.

Era il solito tipo sempliciotto. Occhiali neri troppo grandi, capelli ricci e labbra un po' spesse.
Aveva una camicia rossa e bianca a scacchi, jeans larghi blu e semplici Nike, anch'esse bianche.

«Hey Michael!».

«Ciao Ari, tutto ok?».

«Sì, e tu?».

«Diciamo non male, potrebbe andare meglio».

«Emh..Potresti farmi un favore?».

«Volentieri». Michael era sempre gentile e disponibile per gli altri.

«Devi ridare questa a Ivan Jenkins» gli dissi mentre gli porsi la giacca che avevo messo nella borsa.

«Un momento, cosa ci facevi con lui se hai la sua giacca? Non vi odiavate?» chiese confuso.

«Ed è così! Ma è una lunga storia del perché io abbia un suo indumento, che ora non starò a raccontarti, devo sbrigarmi e non posso restituirgliela io» mi sbrigai a dire.

«Come non detto!» prese la giacca e si diresse verso l'ufficio di Ivan.
Io andai nel mio.

***

Dovevo essere a casa di Giosy tra venti minuti e ancora non ero pronta!.

Aprii l'armadio, tirai fuori la metà degli indumenti che avevo, ma alla fine trovai dei cargo bianchi abbinato con un top celeste e le Converse nere.

Andai in bagno e mi truccai.
Un po' di correttore, giusto per non spaventare nessuno con le mie occhiaie, il mascara e un rossetto liquido nude.

Presi una pochette a tinta unita abbinata al top, misi dentro portafoglio, telefono e chiavi di casa e finalmente uscii.

Avrei fatto dieci minuti di ritardo probabilmente ma mi avrebbero perdonata.

Entrai in macchina e volai verso casa sua.

Arrivata lì suonai il campanello e in un secondo aprirono la porta, come se fossero lì davanti e la cosa mi inquietava un po' dir la verità.

«Eccoti! Pensavamo ci avessi dato buca» disse con un broncio da bambina, incrociando le braccia.

«Ma scherzi! Sono solamente la solita ritardataria» risposi ridendo.

«Siediti, è tutto pronto» mi invitò lei.

Mi sedetti e presi una bruschetta con i pomodori sopra che addentai in un batter d'occhio. Le adoravo e lei lo sapeva benissimo.

«Allora che mi dici di bello?» domandò Giosy curiosa.

«Direi molta roba, cara mia!. Per prima cosa, tipo un po' di giorni fa Ivan entra nel mio ufficio e mi chiede di fingere di essere la sua fidanzata perché doveva fare bella figura con tutta la sua famiglia dato che ci sarebbe stata una cena. Non avevo la più pallida idea del perché proprio me, ma con una somma di denaro abbastanza alta ho accettato» inizia a dire.

«Non ci credo! Veramente?!» disse lei con la bocca aperta.

«Da quel giorno ha iniziato a rompere parecchio però. Quella sera è successo di tutto. I suoi genitori e gli altri suoi parenti sono anche più insopportabili di lui!. Però non è questo il punto.
Quando ero un po' stanca, Ivan mi ha portato nel giardino sul retro, che era molto bello a dir la verità.
Poi mi ha buttata in piscina e così ho fatto pure io e da un momento all'altro mi ha baciata!».

«Oh mio Dio! E poi?» si stava emozionando parecchio e ciò mi fece ridere.

«Eravamo entrambi imbarazzati. Mi ha chiesto scusa e mi ha accompagnata a casa, tutto qui. Ci siamo promessi di far finta di niente».

«Ma è evidente che ha dei sentimenti per te!» urlò.

«Anche se fosse io non ricambierei» dissi irrigidendomi.

«Per ora discorso chiuso perché è tardi e domani dobbiamo lavorare, ma ne riparleremo sicuramente» disse.

«Va bene» risposi sbuffando.

Ci alzammo e mi accompagnò verso la porta.

«Ci vediamo. Ciao!».

«Ciao!» ricambiai.

Mi incamminai verso la macchina e tornai a casa.

Fine pov di Ariane

Fidanzati ProvvisoriWo Geschichten leben. Entdecke jetzt