"Io e Valentin usciamo fra poco, passiamo dai suoi nonni. Vi lasciamo qui, va bene?"

"Si, nessun problema" annuì Emma.

"Vi porterei, ma la loro non sanno che abbiamo ospiti e non parlano una parola di italiano" rise la zia "e poi credo che vi faccia bene riposare un po'."

Emma notò nella voce della donna una strana insinuazione, ma non replicò e si alzò dal tavolo per andare in bagno. Rispose ai messaggi dei suoi amici e augurò a tutti un buon Natale, poi raggiunse Mattia e lo avvisò che sarebbero rimasti soli. Lui scostò dalla bocca il microfono del cellulare e chiese: "che vuoi fare?"

"Passeggiamo?" 

Mattia annuì giocherellando con i denti sul metallo dei piercing, poi i due si scambiarono un sorriso e lei uscì dalla camera mentre il biondo tornava a chiacchierare con quel qualcuno che aveva lasciato un momento in attesa. 

Emma lasciò un'occhiata alla finestra della cucina scostando la tendina bianca con la punta delle dita e osservò pensierosa il paesaggio innevato fuori: l'aria era gelida e le strade scivolose, ma lei decise che sarebbero dovuti uscire di casa nonostante sarebbe stato comodo e migliore guardare un film davanti al camino. Mentre Emma si ritrovava a fare gli stessi movimenti nella cucina della zia e imitava il suo modo di pulire, si sentì improvvisamente a disagio. Non riuscì a comprendere per bene cosa le stava succedendo, forse era colpa del vino che le aveva dato alla testa, forse era a causa del miscuglio di emozioni che le turbinavano in testa. Emma non lo sapeva ma si sentì investire da un'ondata di vergogna e disagio che la ricoprì dalla testa ai piedi, come uno spesso e pesante mantello rosso.

Chiese a sua zia se ci fosse qualcosa che potessero bere e la zia le diede il lasciapassare su tutto quello che aveva. 

"Mi raccomando" disse prima di chiudersi la porta alle spalle che il bimbo che le teneva la mano e con l'altra salutava la cugina. Emma restò sola in salone e si mise sul divano in attesa che Mattia la raggiungesse. 

Emma sentì il bisogno di uscire di casa e prendere aria, poco importava se le avesse congelato i muscoli. Mattia arrivò che lei si era già coperta con cappotto, cappello e sciarpa. 

"Sembri un pinguino" la schernì lui con dolcezza, Emma non ebbe la prontezza di rispondere e lui indossò le sue cose, poi lei prese un mazzo di chiavi e lo infilò in tasca invitando Mattia ad uscire e chiudendosi la porta alle spalle. 

Il ragazzo, che passeggiava accanto a lei imitando il suo passo che lo guidava in quel paesino desolato e incantato, continuava a parlare: "Mi serviva una passeggiata per digerire. Tua zia sembra una persona adorabile e Valentin è un bimbo vivace, forse troppo, ma questo lo rende simpatico. Si sta bene in loro compagnia e poi il pranzo era buonissimo! Prima mi ha chiamato Ale per farmi gli auguri e gli ho raccontato che questo posto sembra fantastico. A proposito, ti manda i suoi saluti e quelli di Simone. Non li hai sentiti?"

"Probabilmente mi hanno scritto un messaggio, ma non ho guardato il telefono. Stasera rispondo a tutti."

"Giusto, si. Comunque queste stradine mi ricordano quella serie tv che abbiamo visto anni fa, quella dei maghi. Ti ricordi? Non mi viene in mente il titolo..."

Emma scosse la testa, faticava a reggere quella conversazione perchè continuava a rimuginare su quella strana sensazione che l'aveva inghiottita tutta in un boccone. Non riusciva a decifrarla e tutte le sue energie erano riversate nella testa mentre cercava di comprendersi, riflettersi, capirsi, ma non ne era in grado e ciò la frustrava aggravando quel disagio. 

"Tutto bene, Deo?"

"Sono solo stanca e piena di cibo" alzò le spalle lei. Era abituata ad essere sincera con lui, ma quello non era il momento di rendersi vulnerabile e, inoltre, non avrebbe nemmeno potuto spiegarli cosa realmente stesse succedendo siccome non lo sapeva nemmeno lei.

Good Positions IIWhere stories live. Discover now