Capitolo 1

2.7K 9 7
                                    

Il cigolio della porta della sua stanza la svegliò, ma lei tenne ugualmente gli occhi chiusi sperando di riaddormentarsi. Ignorò i passettini che si avvicinavano a lei. 

"Sveglia?" sussurrò il bimbo accostato al suo letto. La ragazza tentò di restare immobile pensando che il bambino sarebbe uscito dalla camera, ma il piccolo la scosse delicatamente "colazione, cousine..."

"D'accord, merci" mugolò lei stropicciando gli occhi. Il bimbo le fece un sorrisetto allegro, poi aspettò che lei si alzasse dal letto. Si stiracchiò, si tolse le coperte e vide il piccolo davanti al suo letto. Raramente la chiamava per nome, forse doveva ancora abituarsi. Lei non gliene faceva una colpa. Lo vide stringere il suo peluche, una ranocchia, al petto e le sorrise ancora radioso, stavolta lei ricambiò e gli accarezzò i capelli.

"Andiamo" gli disse e lui comprese il comando, quindi si diresse correndo in direzione delle scale.

Lei lo raggiunse strisciando i piedi contro il parquet della villetta, appena la donna la vide le sorrise: "Bonjour, Emma!"

"Buongiorno, zia" rispose lei assonnata. La donna, sorella della madre, aveva lunghi capelli castani e ricci e un paio di occhi verde smeraldo da fare invidia. Indossava una maglietta blu e un paio di jeans chiari, le pantofole ai piedi. Stava facendo una spremuta di arance, ma quello che attirò gli occhi di Emma e le fece brontolare lo stomaco era l'immensità della colazione che aveva preparato. Croissant appena sfornati che la zia aveva tagliato a metà e farcito di marmellata fatta in casa, biscotti e frittelle. Le aveva servito un cappuccino d'orzo, ma le versò anche la spremuta in un bicchiere. 

"Fame?" le chiese la donna, poi scostò la tendina della finestra e guardò fuori "pare che oggi sarà tutto il giorno nuvoloso. Mi spiace che tu debba andartene così."

"Figurati, grazie a voi per avermi ospitata. Non vedevo te e Valentin da un paio d'anni" disse Emma guardando il bambino che era davvero cresciuto. L'ultima volta che lo aveva visto a stento si reggeva in piedi, ora correva in giro per la casa e per il giardino ad inseguire le galline con il suo fidato peluche rana sempre stretto al petto. Lo chiamava Vert, verde, anche se il pupazzetto era giallo. 

"Più di un paio d'anni" sospirò sua zia con un sorriso amaro "ma non fa niente."

"Mi dispiace che sia riuscita a passare solo adesso che..." cominciò Emma, ma si interruppe schiarendosi la gola con qualche colpo di tosse imbarazzato.

La donna si asciugò le mani su uno straccio da cucina posato sopra il forno e le accarezzò una spalla: "Non preoccuparti, mon bèbè. Spero solo che crescendo Valentin non stia troppo male, sembra che sia tutto abbastanza normale."

Emma spostò lo sguardo sul suo cuginetto: il piccolo aveva quattro anni, forse cinque, e non sembrava patire in alcun modo la morte prematura di suo padre. Giocava con tutti gli animali che la zia possedeva nel cortile, con i gatti dei vicini; con gli altri bambini, invece, stava poco. 

"Ogni tanto viene a chiedermi quando torna suo padre. E io ogni volta devo spiegargli come stanno le cose. Lui sembra comprendere, ma poi si comporta normalmente fino a quando non torna a chiedermelo. La sua psicologa dice che è normale, ma io sono preoccupata..."

Emma iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli rosa attorcigliandola al dito. Non sapeva cosa dire, né come comportarsi. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che aveva visto i suoi zii. Agnese, sua zia, si era trasferita in Francia per studiare e lì  aveva conosciuto l'amore. Non era mai più tornata in Italia, se non per qualche visita sporadica. Non aveva un bel rapporto con i suoi genitori, i nonni materni di Emma. L'ultima fu quando era nato Valentin. Emma aveva pochissimi rapporti con quel lato della famiglia, ma i suoi genitori l'avevano quasi supplicata di andare a trovare la vedova e suo figlio perchè sapevano che la zia soffriva la solitudine. Qualche mese prima un tumore aveva strappato alla zia la sua anima gemella, il suo amore di una vita e il padre del suo unico figlio.

Good Positions IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora