13.0 Scatoloni

6 2 0
                                    

Rachel

Quando ebbe terminato si allontanò da me; provai un'ultima fitta, che mi portò ad un ultimo urlo di protesta. Palesemente soddisfatto, disse qualcosa che non sentii e tornò a rinchiudersi nella sua stanza.

Il mio viso era coperto di lacrime, sentivo male ovunque. Il sangue era sparso su di me, sui vestiti e sul pavimento. In quel momento, tutto quello che mi fece rimanere cosciente fu il pensiero di Kristen ad aspettarmi nell'altra stanza.

Mi alzai a fatica, il respiro corto, mozzato e affaticato. Rivestirmi fu un'impresa, per non parlare di ripulire tutto. Mi trascinai in bagno e mi gettai sotto l'acqua bollente della doccia. Strofinai e strofinai nella speranza di togliermi di dosso il suo tocco, pur cosciente che lo avrei sentito impresso sulla mia pelle per tutta la vita. Dedicai attenzione anche ai tagli, dei quali sapevo di per certo che sarebbero rimaste le cicatrici per sempre. Li medicai e misi dei cerotti e delle bende; ogni movimento era una tortura.

Infilai un accappatoio e rientrai nella mia stanza, dove ebbi modo di appurare il fatto che Kristen avesse seguito le mie istruzioni. Appena varcai la soglia, la mora fece un balzo e mi raggiunse, togliendosi le cuffie dalle quali si sentiva perfettamente uscire la musica ad alto volume. Le lanciò sul letto mentre io chiudevo la porta a chiave e mi fu addosso in un istante. Non riuscivo nemmeno a capire che cosa stesse dicendo, le parole erano confuse, sentivo tutto troppo ovattato e mi girava la testa.

Mi cambiai senza problemi, sapendo che lei non avrebbe nemmeno dato una sbirciatina. O forse in quel momento non mi importava.

Cominciai a sistemare la stanza in modo automatico, i movimenti sembravano estremamente controllati. Non sapevo se lei stesse parlando o meno, appena riuscivo a distinguere quando mi stavo muovendo da quando stavo ferma, e solo per via del dolore lancinante.

All'improvviso mi afferrò per le spalle e mi voltò, causandomi una fitta che partì dalle braccia e scese fino ai polpacci.

«Ferma!» sibilò tra i denti. Mi guardò dritta negli occhi, sembrava estremamente preoccupata. «Stai bene?» domandò con tono molto più dolce. Non seppi fare altro che tenere gli occhi fermi nei suoi, ben cosciente della vuotezza che lei avrebbe scorto. Le lessi in faccia che non sopportava l'idea di vedermi così.

«Sono solo molto stanca, scusami» risposi, e non era altro che la pura verità. Passò qualche secondo di silenzio prima che lei si staccasse dalle mie spalle.

«Sai che con me puoi parlare» mi ricordò. Feci cenno di sì con la testa e le rivolsi un sorriso che, per quanto debole, era sincero.

Mi sistemai sul letto e lei mi seguì con lo sguardo, lasciando libero un sospiro prima di coricarsi al mio fianco, a debita distanza. Fui io ad avvicinarmi fino a che le nostre braccia non aderirono perfettamente.

«Comunque, anche io con te ci sto bene» dissi dopo poco, spezzando quel silenzio tanto pesante. «Tu mi fai stare bene» aggiunsi e in quel momento, ne fui piuttosto certa, lei smise per un secondo di respirare.



Kristen

«Shh» sibilò la bionda tra le risate; il nostro misero tentativo di restare serie fallì miseramente. In un barlume di lucidità, la presi delicatamente per un braccio e le chiesi se fossimo sole. A quella domanda lei si rabbuiò, appena prima di animarsi di nuovo.

«Mi fai un favore?» domandò, aveva una luce strana negli occhi che mi fece preoccupare.

«Certo, dimmi pure» risposi cauta. Ad essere del tutto sincera, avevo il timore che lei volesse chiedermi di andarmene. Avevo l'occasione di passare del tempo con lei e non volevo che mi fosse tolta. Oltre al fatto che l'idea di rientrare a casa della mia migliore amica solo per fare da spettatrice mentre quei due ci davano dentro non era un panorama molto accattivante. Avevo già assistito fin troppe volte ai gemiti spezzati di Hailie.

Together RebornWhere stories live. Discover now