4.1 Appuntamento

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Kristen

Non so esattamente quando mi addormentai, ma certamente il mio risveglio non fu dei migliori.

«Cazzo KJ, datti una mossa!» sbraitò Hailie mentre sfrecciava da una parte all'altra della casa, indaffarata nel prepararsi per l'università.

Con tutta la calma del mondo mi stiracchiai emettendo qualche grugnito.

«Nah, io non vengo» dissi girandomi nuovamente sulla pancia, pronta a tornare nel mondo dei sogni. La sentii raggiungere impetuosamente la camera.

«Di nuovo Johnes?! Sono quattro maledetti giorni che non fai assolutamente nulla. E ne sono passati sei, dico sei, da quella sera» mi rimproverò, un po' affannata per via di tutte quelle corse da una parte all'altra della casa. Provai a liquidarla con un gesto della mano.

«Taci» aggiunsi, seppur con la voce attutita a causa del cuscino. La sentii sospirare pesantemente, rassegnata.

«Va be'. Ci vediamo dopo KJ» disse con tono appena addolcito. Mi lasciò un bacio sulla testa e pochi secondi dopo sentii la porta d'ingresso chiudersi. Sapevo bene che avrei dovuto essere anche io sulla via verso l'università, ma dopo quel venerdì sera, ero abbastanza certa che rivedere la ragazza dagli occhi verdi mi avrebbe mandata del tutto in panico.

Presi il cellulare e riaprii per l'ennesima volta la chat di Instagram, rileggendo per la forse milionesima volta quel messaggio.

creepy_girl
Ehi, dove sei finita?

Era della sera stessa in cui l'avevo abbandonata nel locale, l'orario risaliva a pochi minuti dopo quella mia ridicola piazzata. Probabilmente era uscita a cercarmi e non mi aveva trovata. Chissà che cosa poteva aver pensato di me. Quasi certamente che fossi una stronza maleducata affetta da chissà quale malattia mentale. Avevo deciso si non risponderle, anche perché onestamente non avrei saputo come giustificarmi. Dicendo la verità, le sarei sembrata o pazza o ridicola, o forse entrambe le cose e ad inventare scuse non ero mai stata brava.

Lasciai cadere il dispositivo, che rimbalzò sul materasso con un tonfo sordo, e mi coprii il viso con le mani, sbuffando dalle narici. Mi venne in mente il discorso di Hailie di qualche giorno prima. Sostanzialmente, mi aveva stressata su cosa fosse giusto o meno, cosa fosse corretto e cosa no e quanto stupido il mio comportamento fosse. Ma quello che mi tormentava erano le domande che mi aveva posto: quale fosse il mio piano, se fossi intenzionata ad aspettare che la bionda dimenticasse tutto o che altro. Avevo lasciato cadere i suoi interrogativi nel silenzio e ancora non avevo trovato delle risposte.O meglio, ogni volta che mi ponevo quelle stesse questioni, riuscivo solo a pensare al fatto che io volessi fuggire il più lontano possibile da quella situazione ed archiviarla, e l'unico modo di farlo era evitare del tutto la ragazza. Parlando di piani veri e propri, però, non ne avevo nemmeno uno. Non avevo idea di come affrontare la situazione, e sapevo bene di non poter protrarre il metodo "mi nascondo sotto il piumone" ancora per molto.

Ravviai i capelli e lasciai lì le mani, gli occhi puntati al soffitto bianco. Lo perlustrai con lo sguardo, come se potesse improvvisamente comparirvi la soluzione. La cruda verità era che sapevo benissimo che non c'erano molte cose che io potessi fare. Anzi, per essere precisi, la possibilità era una sola: affrontare la ragazza.

Rachel

Claire stava parlando accanto a me, ma una parte del mio cervello era distante.

«Almeno potresti fingere che ti importi?» chiese stizzita, lanciandomi un'occhiataccia più che meritata. Mi limitai a guardarla per qualche secondo prima di capire che forse era il caso di rispondere.

«Sì. Sì, scusa, stavo ascoltando» affermai e benché il tono fosse un po' incerto, avrei potuto benissimo ripeterle quello che aveva appena detto senza problemi. Semplicemente ero meno partecipe alla conversazione del solito.

«Ma si può sapere che cazzo ti prende in questi giorni?! Hai sempre la testa chissà dove, quando parlo rispondi ad un terzo delle cose che dico, si può sapere che minchia c'hai?!» quasi urlò in mezzo al centro commerciale. Qualche persona si voltò nella nostra direzione, alcune addirittura si misero a fissarmi con la curiosità tipica di chi vuole sapere come risponderai ad una domanda. Era quel motivo che odiavo dei centri commerciali. Tutti ti fissavano, osservavano quello che facevi, quale jeans sceglievi; seguivano le tue conversazioni con molta attenzione, talvolta palesando anche le loro opinioni tramite esplicite espressioni facciali. A Claire però quel posto piaceva, lo adorava, quindi avevo deciso di assecondarla e andarci. In quel momento, però, me ne stavo pentendo un pochino.

Rimasi in silenzio, non sapendo che cosa dire. Lei attese qualche secondo, poi si stufò.

«Senti, ripigliati, poi ne riparleremo» disse stizzita prima di darmi le spalle ed allontanarsi con grandi e rapide falcate. Dovetti ammettere con me stessa che quella volta aveva tutte le ragioni del mondo. Negli ultimi giorni tendevo a perdermi nei miei pensieri qualche volta e ciò non era mai successo prima. Ma tra la storia di Zack e la ragazza che era fuggita a gambe levate dal locale senza nemmeno dire una parola non sapevo dire che cosa fosse stato peggio.

A darmi un suggerimento furono quattro notifiche del moro, o forse sarebbe meglio dire altre quattro, dato che non aveva mai smesso di mandarmi messaggi ogni due o tre ore.

Zack
Scusami
Non era mia intenzione, te lo giuro.
Cazzo Crosswood, rispondimi.
Mi piaci

Inevitabilmente il ricordo del suo tentativo di baciarmi riaffiorò, nauseandomi leggermente. Il solo leggere quelle frasi mi fece alterare. Non avevo idea di come potesse anche solo dire che "non era stata sua intenzione". Insomma, era un po' come se un serial killer avesse detto che in realtà non era nelle sue intenzioni uccidere nessuna delle sue vittime. Era un totale controsenso. Inoltre il continuo cambio di umore dei suoi messaggi mi faceva capire sempre meglio che persona instabile lui fosse. Certo, parlando di instabilità, anche la ragazza su era fatta la sua bella scenata, andando via in quel modo. Non avevo mai apprezzato le persone così, che prima sono gentili, poi scortesi, poi ti invitano fuori, poi sene vanno di colpo. Immaginai che avesse cambiato idea nel corso della serata, ma a quel punto avrebbe anche potuto dirlo, invece che mettere su una scena degna di un provino per partecipare a Maze Runner. Ad essere onesta, era più che altro una questione di principio che personale. Di sicuro l'accaduto era stato un po' un colpo basso, ma fondamentalmente quella ragazza non era nessuno per me, quindi non mi cambiava nulla. Quello che mi infastidì, però furono la maleducazione e la mancanza di rispetto che aveva avuto nei miei confronti, non solo strettamente in quell'occasione, ma anche dopo, quando aveva deciso di starmi distante. Però sapevo, ed ero certa che anche lei ne fosse cosciente, che non avrebbe potuto evitarmi per sempre: prima o poi ci saremmo riviste. Ed ero proprio curiosa di vedere, a quel punto, come si sarebbe comportata.

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